Censura di Stato, il controllo delle elite sui popoli
Dopo la vittoria la Brexit, la vittoria di Trump e del “no” al referendum costituzionale, il vecchio establishment dell’Occidente è alla ricerca di nuove vie per imporre la propria volontà ai popoli. Il controllo di Stato su quanto circola su Internet rientra in questa prospettiva.
Con questo intervento di Robi Ronza prosegue il dibattitto della Nuova BQ su fake news, controllo dell'informazione e libertà di espressione sollevato dalle recenti prese di posizione del presidente dell'Antitrust e dal leader dei Cinque Stelle Beppe Grillo. Dopo l'articolo di Ruben Razzante e i partecipati commenti dei lettori sui nostri social ecco un contributo visto da un'altra angolatura su un tema che resta spinoso, ma decisivo per chi ha a cuore i beni di libertà e verità.
Alla proposta, avanzata dal presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, di creare “una rete di agenzie pubbliche nei Paesi dell’Unione Europea” per il controllo della veridicità delle notizie che circolano sulla Rete il leader del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, ha replicato via Internet che sono i giornali e i telegiornali "i primi fabbricatori di notizie false nel Paese con lo scopo di far mantenere il potere a chi lo detiene. Sono le loro notizie che devono essere controllate". E in armonia con l’assemblearismo autoritario, che caratterizza il Movimento, ha proposto a sua volta l’istituzione di “tribunali del popolo” dinnanzi a cui portare direttori e redattori di giornali e di telegiornali cui si possa imputare la responsabilità della diffusione di notizie false.
Come troppo spesso accade nel nostro tempo, una questione importante è giunta così alla ribalta della cronaca solo per cadere in un “tritacarne” mediatico, pieno di interessi di parte, di equivoci e di volgarità, da cui non potrà uscire chiarita ma anzi ulteriormente confusa. Ciononostante dalla confusione emergono degli elementi di cui occorre tenere ben conto. Al di là del fatto che non si capisce a quale titolo il presidente dell’Autorità Antitrust italiana sia intervenuto nella materia, trovando per di più ospitalità per questo su un influente quotidiano internazionale come il Financial Times, suscita preoccupazione il fatto che da un personaggio di questa importanza venga l’idea che occorra affidare agli Stati il compito di smascherare la notizie false. Secondo il progetto di Pitruzzella gli utenti continuerebbero «a usare un Internet libero», ma beneficerebbero di un’entità «terza», indipendente dal governo, «pronta a intervenire rapidamente se l’interesse pubblico viene minacciato».
A far capire quanto le entità “terze” cui pensa Pitruzzella siano in effetti vicinissime a una certa area politica ci viene subito in aiuto egli stesso quando precisa che “La post-verità è uno dei motori del populismo ed è una minaccia per le nostre democrazie”. L’alto funzionario interviene così nientemeno che nel dibattito sulle “notizie false” (fake news) innescato dai grandi media che negli Usa non riescono a digerire la vittoria di Trump; dibattito ora rilanciato anche in Italia da alte cariche istituzionali. Dalla Presidente della Camera, Laura Boldrini, al Presidente della Repubblica, da Giorgio Napolitano sino allo stesso premier, tutti loro hanno espresso le loro preoccupazioni circa “il clima violento e incontrollato che si sviluppa sui social, che spesso arriva a produrre odio e violenza”. Questo circuito programmato di prese di posizione che rimbalzano dagli Usa all’Europa aiuta forse a capire perché mai il più ascoltato quotidiano del grande capitale finanziario internazionale abbia dato tanto spazio a un funzionario italiano certamente di alto rango, ma altrettanto certamente ignoto al di fuori del piccolo mondo dei corridoi dei Palazzi romani.
Con tutte le riserve che abbiamo nutrito da subito verso Beppe Grillo e il suo Movimento, mettendone in evidenza il carattere proto-fascista, non corriamo di certo il rischio di passare per “grillini”. Forti di questo possiamo però dire liberamente che Grillo ha ragione a dire che “Vogliono fare un bel tribunale dell’inquisizione, controllato dai partiti di governo, che decida cosa è vero e cosa è falso". Poi ne tira conseguenze da par suo fino a quei “tribunali del popolo” che non possiamo di certo condividere. Frattanto nei medesimi giorni, riformando il regolamento interno del Movimento 5 Stelle sugli indagati, non esita a gettarsi alle spalle norme draconiane che peraltro erano state applicate un po’ sì e un po’ no.
Resta il fatto che dopo la vittoria del “no” al referendum sull’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, dopo la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane e dopo la vittoria del “no” al referendum costituzionale italiano, il vecchio establishment dell’Occidente è alla ricerca di nuove vie per imporre la propria volontà ai popoli anche quando questi hanno dimostrato di pensarla diversamente. L’idea di un controllo di Stato su quanto circola su Internet rientra a pieno diritto in questa prospettiva. Poi resta intatto il problema della circolazione sulla Rete di notizie false o tendenziose, nonché di tutto il peggio che si può immaginare, e vi si deve provvedere. A questo però lo Stato non serve. La strada da percorrere è a nostro avviso quella di forme di auto-garanzia e di verifica interna del tipo di quelle in uso in Wikipedia.