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SENTENZA A PISTOIA

C'è un giudice: «Vaccino non è best interest del minore»

Finisce davanti al giudice la lite di due genitori separati e divisi sulla vaccinazione anti-Covid dei tre figli minori. Una sentenza del tribunale di Pistoia può segnare una svolta: il vaccino non è nel best interest di un minore, il rapporto rischi/benefici va considerato alla luce delle reazioni avverse e delle ridottissime probabilità di aggravamento. 

Attualità 10_03_2022

Il tribunale dà ragione al genitore che non vuole vaccinare il figlio e riconosce che non c’è un rapporto rischi/benefici adeguato. C’è un giudice a Pistoia è il caso di dire e la sentenza pronunciata dal giudice Lucia Leoncini il 4 marzo scorso è qualche cosa di nuovo nel rapporto tra giurisprudenza e somministrazione obbligatoria dei vaccini anti covid.

Il caso è questo: genitori separati con tre figli, uno ultra-dodicenne, gli altri due più piccoli. Lei vuole vaccinarli, lui no. Si va in giudizio e i due genitori mostrano le carte.

La tesi della madre è che la vaccinazione anti covid è «per la loro salute» (dei figli) e per riacquistare una vita sociale e sportiva degna di tal nome. L’ex marito invece si presenta con un faldone di documenti con i quali vuole giustificare il suo rifiuto a dare il consenso alla vaccinazione: non sufficiente sperimentazione, rischio di effetti avversi e non necessità per i minori. Entrambi i genitori hanno dichiarato di agire in conformità al dettato dell’art. 32 della Costituzione.

Dopo aver ascoltato anche il figlio maggiore, che si è limitato a dire di volersi vaccinare per la salute propria e delle persone a lui vicine e per poter riprendere con normalità la propria vita sociale, il giudice ha deciso a favore del padre, quindi i ragazzi non saranno vaccinati.

Nel testo del dispositivo, il giudice nota che «i vaccini anti Sars-Cov-2 attualmente in uso in Italia sono univoci nell’indicare nel proprio foglio illustrativo che il vaccino “non è raccomandato nei bambini di età inferiore a 12 anni”».  

E a sostegno delle due motivazioni utilizza il criterio del best interest che non può non essere valutato all’interno della dinamica rischi/benefici. E qui, con sorpresa rispetto al mainstream propagandato dalla vulgata il giudice ha fatto notare che «il beneficio del vaccino, nella fascia d’età considerata «è quindi la possibile riduzione di eventi che si sono verificati di media in meno di due casi su 100.000 contagiati, e in meno di 5 casi su 1.000.000 di bambini, per quanto attiene al decesso; e in poco più di un caso su 10.000 contagiati, e in circa 3 casi su 100.000 bambini, per quanto attiene al ricovero in terapia intensiva». Insomma, troppo poco per giustificare un intervento di questo tipo tenuto conto che per quanto attiene invece ai possibili rischi «deve osservarsi come ancora il foglio illustrativo dei due sieri oggi disponibili per i soggetti minorenni dichiari “non nota” la “frequenza” degli eventi avversi più gravi, come reazioni allergiche gravi e reazioni impreviste del sistema immunitario».

Ma c’è di più: «Per entrambi i vaccini, inoltre, è specificato che essi comportano “un aumento del rischio di miocardite (infiammazione del cuore) e pericardite (infiammazione del rivestimento esterno del cuore)” e che queste condizioni “sono state osservate più spesso”, tra l’altro, “nei maschi più giovani”.

Infine, il togato ricorda che «i vaccini attualmente in uso in Italia sono stati autorizzati “sotto condizione” da parte dall’autorità europea, poiché non risulta completata la necessaria IV fase di sperimentazione».

Così, sulla base di un principio di precauzione soprattutto quando ci sono di mezzo dei minori, «il Tribunale non può ragionevolmente ritenere corrispondere al miglior interesse, anche medico, del minore la somministrazione dei preparati vaccinali attualmente in uso per la malattia da Sars-Cov-2».

Per questo motivo il ricorso viene respinto.

Interessante, poi, il ragionamento fatto dal giudice sul corretto bilanciamento tra interesse della collettività e diritti individuali, che sta alla base delle querelle sull’interpretazione dell’articolo 32 e che svela l’errore sul rapporto rischi/benefici. Ebbene: L’interesse pubblico non può comportare una sistematica prevalenza sul diritto individuale. In questa prospettiva, viene stigmatizzato il modo errato di considerare il rapporto rischi/benefici laddove i rischi sono per gli effetti collaterali del singolo a fronte di un ipotetico beneficio per la collettività.

In conclusione, il Tribunale di Pistoia ha affermato che: i vaccini Pzifer e Moderna non sono raccomandabili nei bambini di età inferiore a 12 anni; non valgono ad evitare il contagio; dai foglietti illustrativi "non è nota la frequenza degli eventi avversi gravi oltre ad essere indicato un aumento del rischio di miocardite" e infine i dati forniti dall'ISS e dall'ISTAT rilevano che nella fascia di età di 0-18 il rischio di eventi gravi conseguenti alla malattia è molto basso in termini percentuali. 

Praticamente quello che medici corraggiosi e giornalisti senza interessi hanno cercato di gridare inascolatati dal mainstream e dalla politica. Ora è messo nero su bianco da un giudice in una sentenza pronunciata nel nome del popolo italiano. Solo che i giornali adesso sono troppo distratti dalla guerra per occuparsene.