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PAPA NELLE FILIPPINE

«C'è un amore che è più forte anche del tifone»

Di fronte alle tragedie si svelano i segreti dei cuori, emergono il bene e il male che ci sono nell'uomo. E forse questo è parte del suo misterioso significato. Nella sua visita nelle Filippine, papa Francesco ha fatto tappa in due delle località più colpite dal tifone del 2013 (più di 6mila morti): Tacloban e Palo.

Ecclesia 18_01_2015
Il Papa a Tacloban, dove ha celebrato la Messa,

Nei primi giorni del mese di novembre 2013 sulle Filippine si è abbattuto il più violento tifone dell'intera storia umana, chiamato dai filippini Yolanda e dalle agenzie internazionali Haiyan. I morti «ufficiali» sono stati 6.300 - per un paragone, più delle vittime dell'11 settembre 2001 - ma a distanza di oltre un anno si continuano a trovare corpi. Il 17 gennaio Papa Francesco ha visitato due delle località più colpite dal tifone: Tacloban, dove ha celebrato la Messa, e Palo, dove ha incontrato il clero e i religiosi.

Dopo le parole forti che hanno fatto il giro del mondo sugli attentati di Parigi e sulla famiglia, la giornata dedicata al tifone ha portato una meditazione di carattere più propriamente spirituale sul significato delle catastrofi e delle tragedie. Si tratta di un tema su cui si era già interrogato Benedetto XVI. Il 22 aprile 2011 Papà Ratzinger aveva risposto in televisione alla domanda di una bambina giapponese, Elena, sul significato del terremoto dove erano morte diverse sue compagne. E aveva detto: «Cara Elena, anche a me vengono le stesse domande: perché è così? Perché voi dovete soffrire tanto, mentre altri vivono in comodità? E non abbiamo le risposte, ma sappiamo che Gesù ha sofferto come voi, innocente, che il Dio vero che si mostra in Gesù, sta dalla vostra parte. Ed essere consapevoli che, un giorno, io capirò che questa sofferenza non era vuota, ma che dietro di essa c’è un progetto buono, un progetto di amore». Mantenendo la linea di Benedetto XVI, Papà Francesco non ha offerto risposte sul perché della tragedia che ha colpito le Filippine, ma si è soffermato su un suo effetto. Di fronte alla tragedia si svelano i segreti dei cuori, emergono il bene e il male che ci sono nel cuore dell'uomo. E forse questo è parte del suo misterioso significato.

I filippini comuni, i cattolici, la Chiesa hanno risposto al tifone con tanta solidarietà e talora con eroismo. «Qui» ha detto il Papa nell'omelia a Tacloban, «la tempesta più forte mai registrata sul pianeta è stata vinta dalla forza più potente dell’universo: l’amore di Dio. Siamo qui questa mattina per dare testimonianza di quell’amore, del suo potere di trasformare morte e distruzione in vita e comunione». L'aveva detto Benedetto XVI: non capiamo molte cose, ma capiamo l'essenziale guardando al Signore. «La risurrezione di Cristo», ripete Francesco «è la nostra speranza, è una realtà di cui facciamo esperienza anche ora. E sappiamo che la risurrezione avviene soltanto dopo la croce».

Il Pontefice ha richiamato l'importanza nella Chiesa della preghiera di suffragio per i defunti, che contiene tante verità della nostra fede e che nello stesso tempo consola. «Il nostro dolore è un seme che un giorno sboccerà nella gioia che il Signore ha promesso a quanti hanno creduto alle sue parole: “Beati voi afflitti, perché sarete consolati”». Chi prega anche dopo una tragedia non si ribella a Dio, ma - con una logica che il mondo non comprende - lo ringrazia. «Si sono perdute tante vite, c’è stata tanta sofferenza e distruzione. E tuttavia siamo ancora in grado di radunarci e di ringraziarlo. Sappiamo che Egli si prende cura di noi; sappiamo che in Gesù Figlio suo, abbiamo un sommo sacerdote in grado di compatire il nostro dolore». La fede ce lo rivela: «la com-passione di Dio, il suo soffrire insieme con noi, offre un significato e un valore eterni ai nostri sforzi. Il vostro desiderio di ringraziarlo per ogni grazia e benedizione, anche quando avete perso così tanto, non è soltanto un trionfo della capacità di ripresa e della forza del popolo filippino; è anche un segno della bontà di Dio, della sua vicinanza, della sua tenerezza, del suo potere salvifico».

Questo potere salvifico suscita, nella tragedia, gli eroi che si sacrificano - e talora danno anche la vita - per aiutare gli altri. «Siete un onore per la Chiesa, siete l’orgoglio della vostra nazione», ha detto il Papa. «Io ringrazio personalmente ognuno di voi, poiché qualunque cosa voi avete fatto per l’ultimo dei fratelli e delle sorelle di Cristo, lo avete fatto a Lui (cfr Mt 25,41)». Per aiutare i filippini, sono venuti volontari da tutto il mondo. Devono continuare a venire. «Anche se le prime pagine dei giornali sono cambiate, le necessità rimangono». Sì, il tifone svela i segreti dei cuori. Voi che credete nell'amore di Dio, ha insistito Francesco, «avete visto la potenza di quell’amore rivelata nella generosità di moltissime persone, nei tanti piccoli miracoli della bontà». Ma «avete constatato anche, nello “sciacallaggio”, nelle ruberie e nelle mancate risposte a questo grande dramma umano, altrettanti tragici segni del male dal quale Cristo è venuto a salvarci». Sempre nelle tragedie emergono anche «il peccato e l'egoismo» che, «derubando i poveri, avvelenano le radici stesse della società».

I sacerdoti, i religiosi e il popolo di Palo hanno voluto ricostruire anzitutto la cattedrale. Non è mancato chi ha criticato questa priorità affermando che quanto si è speso per la cattedrale poteva essere speso diversamente o distribuito ai poveri vittima del tifone. Francesco a Palo ha detto che chi ha ricostruito la cattedrale ha avuto ragione: è un segno, «un memoriale per tutti noi del fatto che, anche nei disastri e nelle sofferenze, il nostro Dio opera continuamente, facendo nuove tutte le cose». E la cattedrale ricorda pure i sacerdoti, i religiosi, le religiose che hanno dato la vita nei giorni del tifone per stare vicino al loro popolo. «Le molte storie di bontà e di sacrificio personale emerse da quei giorni oscuri devono essere ricordate e trasmesse alle future generazioni». Ai giovani, la cattedrale ricorda che «la vera felicità viene dall’aiutare gli altri, offrendo loro noi stessi con sacrificio di sé, misericordia e compassione». Dedicata alla Trasfigurazione del Signore, la cattedrale di Palo proclama che la vita, anche nelle circostanze più difficili, può essere «sostenuta e trasfigurata dalla potenza della sua risurrezione». Una cattedrale è tutto questo, e non è mai inutile o superflua.

Mentre costruisce cattedrali, la Chiesa non dimentica i poveri. Prima di visitare la cattedrale di Palo, il Papa ha benedetto il Centro per i Poveri, anch'esso ricostruito dopo il tifone, «che si erge», ha detto, «quale ulteriore segno della cura e dell’attenzione della Chiesa per i nostri fratelli e sorelle bisognosi. Sono molti! E quanto Dio li ama!». Dalla città che è stata l'occhio del tifone, Francesco ha rinnovato l'appello perché «si faccia di più per i poveri. Soprattutto, chiedo che i poveri dell’intero Paese vengano trattati in maniera equa, che la loro dignità sia rispettata, che le scelte politiche ed economiche siano giuste ed inclusive, che le opportunità di lavoro e di educazione vengano accresciute e che siano rimossi gli ostacoli all’attuazione dei servizi sociali. Il criterio con cui trattiamo i poveri sarà quello con il quale verremo giudicati». 

La Chiesa ricorda a tutti che occorre impegnarsi «non solo nell’opera di ricostruzione degli edifici», dalle cattedrali ai centri per i poveri senza dimenticare né le une né gli altri, «ma, soprattutto, nell’edificare il Regno di Dio, Regno di santità, di giustizia e di pace». Se il tifone ha rivelato i segreti dei cuori, è nei cuori che la cattedrale più grande deve essere ricostruita.