C'è aria di "responsabili". E di poltronismo
Il Paese può permettersi uno stallo così prolungato? Il Quirinale, anziché preoccuparsi di preservare gli attuali precari equilibri politici, forse farebbe meglio a stimolare la presa d’atto dell’impossibilità di allungare la sterile agonia di una legislatura nata senza né capo né coda e salvaguardare in primo luogo il principio di rappresentatività.
Ieri sera Matteo Renzi, a Porta a Porta, è stato battagliero come suo solito: «Hanno tentato di cacciarci dalla maggioranza ma non ci sono riusciti». Un’espressione caustica per rilanciare la sfida al Pd e alla traballante alleanza che sostiene il Conte bis. Il senatore di Rignano non si è fermato alle critiche ma ha annunciato senza troppi giri di parole che, entro Pasqua, Italia Viva presenterà una mozione di sfiducia individuale contro il Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, qualora non venisse ritirato il suo provvedimento in materia di prescrizione. Il segretario dem, Nicola Zingaretti ha replicato a stretto giro: «Basta con questi chiacchiericci». In realtà sono molto più che chiacchiericci. Sono divisioni profonde, fondate su rancori risalenti e su ambizioni concorrenti, che potrebbero preludere a una crisi di governo. Quello che succederebbe dopo rimane incerto, anche se l’ipotesi più probabile è che nasca un altro esecutivo, con o senza Conte, fondato su nuovi equilibri, grazie alla formazione di una pattuglia di cosiddetti “responsabili”, cioè di transfughi provenienti dalle file dell’opposizione.
I cittadini italiani si chiedono se l’economia si riprenderà, se la produzione tornerà a crescere, se le tasse scenderanno. Nei palazzi del potere, invece, le domande sono evidentemente ben altre: su quanti parlamentari può contare il governo? Quanti posti nei consigli d’amministrazione delle società partecipate andranno al Pd e quanti ai Cinque Stelle? La distanza tra Paese reale e classe dirigente è plasticamente simboleggiata da questi elementi di realtà.
Nel Parlamento girano più pallottolieri che disegni di legge. Si contano coloro che sono di qua (dalla parte del governo) e coloro che sono di là (all’opposizione). Ogni giorno corrono voci di cambi di casacca di deputati e senatori che fiutano la disfatta delle forze di governo e cercano di procacciarsi un altro giro di giostra con altre forze politiche o, viceversa, che tentano di andare in soccorso di un governo moribondo per far valere e far pesare il proprio appoggio.
Il leitmotiv è dunque il trasformismo, anzi il poltronismo. Ma così il Paese è fermo. Ci sono oltre 200 crisi aziendali irrisolte e pronte ad esplodere. Il sistema imprenditoriale è seduto su una polveriera. Ma chi governa il Paese appare più interessato a durare che a governare. Non si spiega altrimenti la permanente conflittualità tra il premier Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Evidentemente il tallone d’Achille di “Giuseppi” è proprio rappresentato dai due Matteo.
Salvini gli ha dato filo da torcere quando era al governo con lui e ora spara tutti giorni a zero contro di lui. Ma le insidie maggiori arrivano oggi al Presidente del Consiglio proprio dal baldanzoso Renzi, che continua a tenere con il fiato sospeso l’esecutivo, minacciando la crisi a ogni piè sospinto. La campagna acquisti in Transatlantico non conosce soste. Anche in questa legislatura, nonostante le smentite dei diretti interessati, potrebbe costituirsi una pattuglia di “responsabili”, pronti a prestare la stampella al Conte bis.
La parola “responsabili” di per sé avrebbe un’accezione positiva, ma in politica va a braccetto con un vocabolo ben più disdicevole, che è opportunisti. Questi senatori e deputati pronti a fare il classico salto della quaglia puntano ad allungare la vita della legislatura, a prescindere da chi governi, perché in caso di elezioni anticipate nessuno di loro verrebbe ricandidato. In questo caso, peraltro, non c’è solo il camaleontismo pro-governo, ma anche un tatticismo dentro i partiti che sostengono l’esecutivo. I transfughi grillini, ad esempio, abbandonano la barca pentastellata che sta affondando, non per passare all’opposizione, bensì rimanendo nella maggioranza ma con un profilo autonomo. In questo modo, aderendo al gruppo misto o dando vita a un nuovo raggruppamento, non devono più versare parte del loro stipendio al Movimento e alla piattaforma Rousseau e in più possono aggirare il vincolo del secondo mandato che, in base allo statuto grillino, impedirebbe loro di tornare in Parlamento nella prossima legislatura.
Anche dentro Forza Italia c’è un clima da fuggi fuggi, o verso le altre forze politiche di centro-destra o verso quell’area ibrida di appoggio esterno al governo.
Una domanda inevitabile è quanto possa durare questo stillicidio che vede gli attori politici trascorrere tanto tempo a litigare e a promuovere vertici infruttuosi, salvo poi non trovare la quadra e scegliere la scorciatoia del rinvio su tutto.
Il Paese può permettersi uno stallo così prolungato? Il Quirinale, anziché preoccuparsi di preservare gli attuali precari equilibri politici, forse farebbe meglio a stimolare la presa d’atto dell’impossibilità di allungare la sterile agonia di una legislatura nata senza né capo né coda e salvaguardare in primo luogo il principio di rappresentatività.