Cattolici evasori? Il Fisco si scusa, ma solo un po'
“Cattolici evasori? Il Fisco adesso chieda scusa”, titolavamo ieri il nostro articolo dedicato alle esternazioni di Rossella Orlandi, direttrice dell’Agenzia delle Entrate. La signora incolpava la cultura cattolica di giustificare l'evasione. Le scuse sono arrivate, ma solo a metà.
“Cattolici evasori? Il Fisco adesso chieda scusa”, titolavamo ieri il nostro articolo di apertura dedicato alle bizzarre e offensive esternazioni di Rossella Orlandi, nuova direttrice dell’Agenzia delle Entrate. La signora Orlandi, infatti, nella sua prima uscita pubblica aveva testualmente dichiarato: in Italia sanatorie, scudi, condoni, sono pane quotidiano, «perché siamo un Paese a forte matrice cattolica, abituato a fare peccato e ad avere l'assoluzione». Beh, mica robetta da passarci sopra senza alzare neppure un sopracciglio. In due battute, pure un tantino stupidelle, la debuttante lady Fisco trattava un buon numero dei suoi contribuenti (qualche milione) come evasori e truffatori a prescindere. Basta professarsi cattolici, questo era il ragionamento-avvertimentoi, per aspettarsi di ricevere a casa la gli ispettori a servizio di madame Orlandi. Da qui la nostra richiesta: la signora si scusi.
Bene, ieri lei l’ha fatto con due righe inviate ad Avvenire, quotidiano della Conferenza episcopale italiana, dunque il giornale che i cattolici dovrebbero leggere dopo le orazioni del mattino. Vabbè, anche su questo qualcosina ci sarebbe da dire alla signora, e la diremo. Ma dopo. Adesso importa dar conto di come la direttrice dell’Agenzia si scusa con una lettera che il direttore di Avvenire ha deciso di “nascondere” in seconda pagina, quella dedicata alle “Idee” e alla posta dei lettori. «Vorrei subito sgombrare il campo da qualsiasi dubbio», scrive Orlandi, «la mia “battuta” ironica era indirizzata a tutti coloro che non rispettano le leggi, ma confidano sempre in una sanatoria o in un condono per espiare i propri comportamenti scorretti. Nessun riferimento, quindi, ai princìpi solidaristici della cultura cattolica che hanno sempre ispirato i miei comportamenti e la mia vita. Mi scuso se le mie parole possano aver creato fraintendimenti o aver urtato la sensibilità di qualcuno». Seguono i saluti di rito e i complimenti al direttore. Che dite, la chiudiamo qui?
Si che la chiudiamo e, come lei, «sgombriamo subito il campo»: siamo pure noi soddisfatti e contenti perché non è certo da tutti (e) riconoscere gli errori, fossero anche soltanto poche parole buttate lì senza pensarci. La direttrice l’ha fatto e dunque, onore al merito. Però c’è un però, perché la rispostina non pare affatto adeguata all’offesa inferta. Ci vuole infatti un bel senso dell’umorismo per definire una “battuta ironica” l’equazione cattolici-evasori: più che ironica l’affermazione è maccheronica, nel senso di una morale fiscale un tanto al chilo. Matita rossa per la maestrina, che diventa pure blu qualche riga dopo. La Orlandi ci ricasca e torna sul pulpito col suo predicozzo bis sugli italiani che «non rispettano le leggi ma confidano sempre in una sanatoria o in un condono per espiare i propri comportamenti scorretti».
Ci risiamo, alla Signora del Fisco pare proprio piacere questo combinato disposto di condono e perdono, di multa da pagare con pena da espiare, di colpa mortale e reato penale. Confusione dovuta forse al fatto che per lei gli evasori dovrebbero finire non solo al gabbio, ma pure all’Inferno. Resta solo da dimostrare se tutti quei disgraziati, siano evasori con i milioni alle Cayman, oppure imprenditori massacrati da una falange di tasse e balzelli, assediati da quei cacciatori di taglie che sono a volte gli 007 del Fisco. Per carità, “i principi solidaristici” della dottrina cattolica non si toccano, e ci mancherebbe. Ma più che i principi, la cara direttora dovrebbe fare in conto delle persone in carne e ossa, cattolici o no. E non si può lanciare nella mischia un macigno pesante come una montagna e poi fare spallucce e dire che lo si è fatto tanto per scherzare un po’. Così “il tapon”, come dicono i veneti, “se peso del buso” (la pezza è peggio del buco).
Ultima nota. La dottoressa Orlandi manda la sua lettera al quotidiano Avvenire. Giusto ma perché non è arrivata anche a tutti gli altri giornali o siti internet che ne hanno parlato? Lei, o il suo ufficio stampa, deve aver pensato che “avvisato Avvenire, avvisati tutti”, inutile quindi sprecare altro inchiostro e carta. Beh, magari una nota ufficiale dell’Agenzia sarebbe stata più opportuna, avrebbe avuto più vasta rilevanza e non confinata solo al pubblico, sia pur vasto, del prestigioso quotidiano cattolico. Insomma, dopo le mezze scuse pure l’indirizzo non è del tutto esatto.