Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
SOLDI PUBBLICI

Cattolici e Radio Radicale: lo scandalo continua

Ancora una volta, di fronte all'intenzione del governo di cancellare il truffaldino finanziamento pubblico a Radio Radicale, c'è una mobilitazione generale. E in prima fila come sempre ci sono fette importanti del mondo cattolico. Un gioco di favori e ricatti reciproci, a danno della fede dei semplici.

Editoriali 17_04_2019

Si può convenire sul fatto che una qualsiasi causa, se sponsorizzata dal sottosegretario all’Editoria Vito Crimi, perda di qualsiasi fascino, ma questa volta a Crimi si deve dare ragione: la fine della convenzione che regala ogni anno dieci milioni di euro a Radio Radicale (pagati con le nostre tasse) è più che legittima, è doverosa. Il sottosegretario 5Stelle ancora l’altro giorno ha ribadito la decisione del governo di porre fine a un accordo che non ha ragione d’essere, visto che per il servizio pubblico che Radio Radicale svolge – la trasmissione delle sedute del Parlamento – è già previsto l’apposito canale del Gr Rai.

È dal 1990 che Radio Radicale ciuccia dallo Stato un fiume di denaro che, con il pretesto della trasmissione delle sedute parlamentari, serve ad alimentare la cultura della morte. In questi 29 anni sono oltre 200 i milioni di euro (ci sono anche i 4 milioni annui alla radio in quanto organo ufficiale della Lista Pannella), a spese dei contribuenti, finiti nelle casse di Radio Radicale, e questo malgrado già nel 1990 la legge Mammì prevedesse l’obbligo del canale Gr Parlamento per la Rai. Canale avviato in effetti qualche anno più tardi, ma depotenziato proprio per permettere a Radio Radicale di giustificare la sua importanza e quindi il suo contributo.

Diversi governi, allo scadere della convenzione, triennale o biennale, hanno provato a mettere fine a questa truffa, ma invano. Ogni volta si assiste al formarsi di una alleanza trasversale tra partiti, intellettuali e giuristi che lancia campagne a difesa di Radio Radicale e costringe il governo a tornare su suoi passi; per non parlare delle sceneggiate che, morto Pannella, vengono proseguite dai suoi eredi (negli anni passati più volte abbiamo raccontato i dettagli di questa storia, ad esempio qui). Nessuno dice che Radio Radicale deve chiudere, semplicemente non ha diritto a ricevere questa pioggia di finanziamenti pubblici.

Non è comunque per amore della libertà di stampa e di opinione che tutto questo circo si mette in moto, è piuttosto la dimostrazione della forza che il Partito Radicale ha e ha saputo costruire, ha ramificazioni ovunque nei poteri dello Stato e complicità insospettabili. E anche una grande forza di ricatto. È il paradosso di un piccolo partito che ha però avuto una influenza enorme nel processo di secolarizzazione della società italiana, un movimento che da una parte combatte la “partitocrazia” e dall’altra la sfrutta al massimo creando un super-partito; da una parte lancia il referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti e dall’altra si crea un canale di finanziamento occulto al partito come è questa storia di Radio Radicale.

E il paradosso è ancora più incredibile se guardiamo all’atteggiamento del mondo cattolico. Nessuno più di Pannella, Bonino e soci ha fatto per distruggere la Chiesa, per toglierle credibilità morale e sostegno economico, nessuno più dei radicali ha simboleggiato le battaglia per quella rivoluzione antropologica così opposta alla visione dell’uomo e della dignità della persona propria del Cristianesimo. E Radio Radicale è la sua artiglieria pesante. Eppure quando c’è da difendere Pannella e la Bonino i cattolici sono sempre in prima fila, anche quando non richiesti (vogliamo ricordare l’exploit di monsignor Vincenzo Paglia su Pannella e la Bonino definita «una grande italiana» da papa Francesco?).

E quando c’è da garantire i soldi pubblici a Radio Radicale, certi cattolici sono i primi a mobilitarsi. Ogni volta che la convenzione è stata messa in discussione, i parlamentari cattolici hanno firmato in massa per garantire i soldi a questa emittente; e altrettanto fanno i media ufficiali e autorevoli intellettuali. Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, che negli anni ’90 era ancora chiaramente contro il finanziamento pubblico alla radio di Pannella, ha poi decisamente cambiato idea, vuoi per simpatia autentica, vuoi per paura e ricatti (clicca qui). I radicali sanno usare molto bene l’arma del ricatto. Ad esempio sono i più tenaci nemici dell’Otto per mille, il sistema che finanzia le attività della Chiesa italiana attraverso la libera scelta degli italiani riguardo una percentuale delle proprie tasse; hanno più volte promosso iniziative politiche e pubbliche per abolire questo sistema in nome della laicità dello Stato. Hanno sfidato l’esenzione dall’Imu per gli edifici ecclesiastici – che peraltro riguarda non solo la Chiesa ma tutto il non profit – portando la battaglia anche in Europa. Ma quando c’è da passare all’incasso del finanziamento per Radio Radicale, le armi tacciono e cominciano le parole suadenti: e i vescovi, sempre sensibili alle ragioni del portafoglio, evitano di dire cose che potrebbero urtare la loro sensibilità, anzi esaltano la purezza ideale dei radicali; non sia mai che ricomincino a bombardare sulla Chiesa e mettano a rischio i soldi.

Ancora più evidente il giochetto con Avvenire: se salta il finanziamento a Radio Radicale, potrebbe entrare in pericolo anche il lauto contributo pubblico per il giornale della Cei che, con quasi sei milioni annui, è il quotidiano che maggiormente beneficia del finanziamento all’editoria. I 5 Stelle peraltro vorrebbero cancellare anche questi finanziamenti, ed è per questo che Avvenire è così schierato a difesa di Radio Radicale, anche se i contributi pubblici riguardano due capitoli diversi e, anzi, in passato sono stati diminuiti i contributi all’editoria per mantenere invariato quello di Radio Radicale (clicca qui). Negli ultimi giorni al coro cattolico a favore dell’emittente della Lista Pannella, buon ultimo, si è unito anche Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia (PdF), e la cosa si commenta da sola.

Insomma, nella Chiesa, per salvare i soldi e qualche interesse personale o di gruppo, tutti uniti appassionatamente per sostenere i radicali nella loro guerra contro il cattolicesimo. Ho già detto che è un paradosso, ma mi correggo: è uno scandalo.