Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
L'EDITORIALE

L'Avvenire di Radio Radicale

Il direttore del quotidiano dei vescovi difende il sostegno dei parlamentari cattolici alla campagna per finanziare Radio Radicale. In nome della libertà di informazione. Ma è uno stravolgimento della realtà.

Altro 08_09_2011
radio radicale
Pare ci sia qualcuno che lanci appelli per spegnere la radio di Marco Pannella. O almeno così devono aver pensato i lettori di Avvenire leggendo ieri le parole del direttore Marco Tarquinio in risposta a un lettore che lo interroga sul “caso Radio Radicale”.

Come i nostri amici sanno c’è in corso invece una raccolta di firme tra i parlamentari per ripristinare il contributo statale di 10 milioni di euro a Radio Radicale per il suo presunto servizio pubblico, in quanto trasmette in diretta tutte le sedute del Parlamento. Tra i firmatari, che nel frattempo sono arrivati a 389, ci sono anche esponenti di primo piano del mondo politico cattolico, cosa che troviamo quanto meno sconcertante, viste le ben note battaglie dei radicali contro la vita, la famiglia e la Chiesa.

Come noi la pensa evidentemente anche qualche lettore di Avvenire, che infatti ne ha chiesto ragione al direttore del quotidiano dei vescovi, che sulla vicenda ha finora taciuto.

Nella risposta Marco Tarquinio rivendica di non aver mai risparmiato critiche ai radicali per le loro idee e le loro campagne, spesso “truffaldine e falsamente non violente”, ma su Radio Radicale ecco cosa dice: “Non mi sdegno se alcuni politici cattolici – che con i radicali si danno battaglia a fondo sulle idee e su alcune grandi e decisive scelte – “difendono” un servizio che Radio Radicale svolge da decenni con il suo stile. Stile e contenuti che spesso non mi piacciono e che a volte, quando mi pare necessario, contesto apertamente. Ma (…) personalmente non mi spenderò mai e mai firmerò un appello per spegnere o rendere più debole un’altra voce”.

Personalmente ho grande stima per Marco Tarquinio ed è sacrosanto riconoscergli di avere sempre parlato in modo inequivocabile contro le presunte “battaglie civili” dei radicali (non sempre si può dire la stessa cosa per il passato del quotidiano che dirige), ma proprio per questo trovo incomprensibile che nella vicenda di Radio Radicale cerchi di rigirare la frittata.

In realtà non c’è nessuno che sta raccogliendo firme per “spegnere o rendere più debole” Radio Radicale. Ci sono invece tanti che stanno firmando un appello per dare finanziamenti pubblici a quella radio espressione di un partito che, proprio nello stesso momento, lancia una crociata per colpire economicamente la Chiesa diffondendo menzogne sui suoi presunti privilegi fiscali. Se poi proprio vogliamo dirla tutta, se c’è qualcuno che vuole spegnere una voce questi sono proprio i radicali che, con il pretesto dell’elettrosmog, hanno cavalcato in questi anni la battaglia per fermare i ripetitori di Radio Vaticana.

In altre parole: Radio Radicale è libera di fare tutte le battaglie che vuole contro la Chiesa, ma non con fondi pubblici ad hoc, peraltro aggiuntivi a quelli che già prende dal Fondo per l’editoria in quanto organo della Lista Pannella (circa 4,5 milioni di euro). Un conto è che una legge preveda il finanziamento di tutti gli organi di informazione, in percentuale rispetto al seguito popolare che hanno, un altro è che un singolo organo di informazione diventi, in forza di legami politici tutti da chiarire, un collettore di fondi spropositati. Qui sì che è in gioco la libertà d’informazione, ma nel senso opposto a quello rivendicato da Tarquinio: nessuno vuole spegnere Radio Radicale, ma è profondamente ingiusto che per legge debba godere di privilegi e di posizioni di preminenza.

E perché non dovrei ribellarmi a questo uso scorretto dei soldi delle mie tasse? Rispetto della libertà d’informazione? Ma in questo caso è come se dicessimo che, per rendere equa una guerra, io debba anche pagare le pallottole di chi mi vuole sparare contro. E’ una chiara assurdità.

Del resto Marco Tarquinio sa bene, e noi lo abbiamo documentato, che la storia del “servizio pubblico” fu soltanto un espediente usato per fare arrivare i soldi alla radio di Pannella. Non solo: per rendere possibile questa operazione è stato anche penalizzato il GR Parlamento, ovvero il prodotto Rai deputato a svolgere quel servizio pubblico.

A questo punto ci si potrebbe chiedere come è possibile che un piccolo partito,  e una radio, possano avere così tanto potere da smuovere il Parlamento, il capo dello Stato e far tornare i governi sulle loro decisioni, come è già successo più volte in passato quando quel finanziamento in un primo momento era stato tolto. La risposta è nei documentati articoli di Danilo Quinto che stiamo pubblicando – vedi quello di oggi nel Focus -, che dimostrano come siamo di fronte a una vera e propria holding, una rete tentacolare che - in modo inversamente proporzionale al consenso elettorale - ha goduto e gode di “amicizie” e complicità in tutti i posti che contano.
Ed evidentemente esercita uno strano fascino anche in certi ambiti cattolici.