Cattolici cinesi costretti a celebrare i persecutori
Il 2021 non è solo il centenario della nascita del Pci, ma anche del Partito Comunista Cinese. Per l’occasione, i cattolici hanno ricevuto delle precise direttive dal regime. Un programma che mira a trasformare la Chiesa in un megafono della propaganda del Partito. Di fatto i cattolici cinesi saranno costretti a celebrare i loro più grandi persecutori.
Il 2021 non è solo il centenario della nascita del Partito Comunista Italiano, ma anche del ben più potente Partito Comunista Cinese, tuttora al potere (assoluto) della nazione più popolosa della terra. Per l’occasione, che si celebrerà il prossimo 23 luglio (data della fondazione del Partito, a Shanghai), i cattolici cinesi hanno ricevuto delle precise direttive dal regime. Un programma “pastorale” che in realtà è politico e mira a trasformare la Chiesa in un megafono della propaganda del Partito.
Come rilevato già su queste colonne, con l’approvazione delle nuove Misure amministrative per il personale religioso, i sacerdoti vengono schedati, sorvegliati e, di fatto, trasformati in funzionari di Stato. Può essere estromesso dalle sue funzioni religiose chiunque non si allinei alle direttive principali: “amare la madrepatria, sostenere la leadership del Partito comunista cinese, sostenere il sistema socialista, rispettare la Costituzione, le leggi, i regolamenti e le regole, praticare i valori fondamentali del socialismo, aderire al principio di indipendenza e autogestione della religione e aderire alla politica religiosa della Cina, mantenendo l'unità nazionale, l'unità etnica, l'armonia religiosa e la stabilità sociale”.
E’ in questo contesto che, per il luglio 2021, dai sacerdoti ci si attende una piena adesione alle celebrazioni del Partito. Secondo quanto riporta l’agenzia Asia News, i cattolici di Cina terranno un simposio “in memoria del centenario della fondazione del Partito comunista cinese” e approfondiranno “gli eventi commoventi durante il periodo della Lunga Marcia”, mito fondatore del Partito, cioè la lunga ritirata verso Nord dell’esercito comunista di Mao, braccato dalle forze nazionaliste durante la guerra civile, fra il 1934 e il 1935. Le direttive sono anticipate dalla rivista cattolica ufficiale La Chiesa in Cina, che nello stesso articolo menziona anche molte altre iniziative, come “corsi di formazione in collaborazione con l’Istituto centrale del Socialismo”; corsi di preparazione al raduno nazionale “della Conferenza consultiva politica del popolo cinese”; la “costruzione dell’Associazione patriottica”, cioè la Chiesa ufficiale cinese, fedele al Partito e da esso controllata.
La serie di iniziative mira a sottomettere ulteriormente la Chiesa al Partito, minando ancor di più l’intento dell’accordo fra la Cina e il Vaticano, in cui si riconosceva, almeno teoricamente, il Papa quale capo della Chiesa. Ma la vicenda assume tratti veramente grotteschi anche da un punto di vista strettamente culturale, perché i cattolici, sacerdoti per primi, saranno costretti a celebrare i loro peggiori persecutori. Il comunismo cinese, così come quello sovietico, fu coerentemente e violentemente ateo sin dalle origini. Del primo decennio del comunismo (1921-1931) si conosce relativamente poco, anche perché il Partito non aveva ancora un suo territorio da amministrare. Storie di brutalità inaudita risalgono fino alle primissime occupazioni di territori, nel 1927 e ’28. A farne le spese erano soprattutto i templi taoisti e i loro monaci, perseguitati a meno che non si sottomettessero al Partito. Nei primi veri e propri Stati comunisti in Cina, quello creato fra lo Jiangxi e il Fujian dal 1931 al 1934 e quello più duraturo nello Shaanxi, dopo la Lunga Marcia (1935-1945) emersero con drammatica chiarezza tutti i metodi che avrebbero poi caratterizzato il regime di Mao Zedong: collettivizzazione delle terre tramite persecuzione ed eliminazione dei “contadini ricchi”, soppressione di ogni forma di libertà personale, creazione di un vero e proprio culto marxista, inculcato sin dalle scuole primarie, irreggimentazione della società in organizzazioni di Partito fin dall’infanzia. Col passare del tempo, il marxismo si è fuso con un vero e proprio culto della personalità attivamente promosso da Mao. Esecuzioni sommarie, eseguite in pubblico dopo processi “di popolo”, sessioni di autocritica, uso sistematico della tortura per estorcere confessioni da cui ricavare tante altre condanne, erano metodi molto comuni, soprattutto nelle due grandi purghe del 1930-31 e del 1942-43. In questa fase della storia del comunismo la persecuzione della Chiesa cattolica e dei cristiani protestanti è un capitolo solo marginale, sia perché non erano state occupate aree ad alta densità cristiana, sia perché i nemici prioritari erano altri: contadini “ricchi”, vere o presunte spie nazionaliste e comunisti non allineati a Mao, poi, dall’inizio della guerra con il Giappone, anche veri o presunti collaborazionisti. Tuttavia, il Partito non faceva mistero di essere nemico di tutte le religioni, considerate come un residuo feudale da abbattere.
La prima grande persecuzione dei cristiani, cattolici in particolare, avvenne negli anni 50, dunque all’indomani della presa del potere di Mao. La prima vittima non fu un sacerdote o un missionario, ma un consigliere militare italiano, Antonio Riva, arrestato nel 1950, assieme al giapponese Ryuichi Yamaguchi, con l’accusa di aver cospirato per uccidere Mao. L’esecuzione di Riva avvenne in pubblico, a Pechino, nei pressi del Ponte del Cielo, il 17 agosto 1951. Il “processo” servì soprattutto a montare l’opinione pubblica cinese contro il Vaticano. “Mao era molto interessato al Vaticano – sostengono Jung Chang e Jon Halliday nella loro biografia non autorizzata del dittatore – in particolare alla sua capacità di ispirare devozione al di là dei confini nazionali e i visitatori italiani vennero spesso bersagliati di domande sull’autorità del Papa. La perseveranza e l’efficacia dei cattolici allarmarono il regime che si servì dell’episodio fasullo dell’attentato (quello di cui era stato accusato Riva, ndr) per accelerare la presa di possesso delle istituzioni cattoliche, fra cui scuole, ospedali e orfanatrofi. Una campagna diffamatoria ben sopra le righe accusò le suore e i preti di una serie di atti efferati, dall’omicidio puro e semplice al cannibalismo, fino agli esperimenti medici sui neonati”.
La grande purga dei cattolici, uno degli episodi della più ampia campagna contro i “controrivoluzionari” portò alla quasi completa estinzione della Chiesa in Cina. Dal 1950 al 1955 i missionari stranieri cattolici passarono da 5500 a una decina. Una volta cacciati o imprigionati i missionari, liberatisi di testimoni autorevoli, i comunisti passarono subito alla persecuzione dei cattolici cinesi, che allora erano circa 3 milioni. Secondo le stime del Libro nero del comunismo, nel solo 1955 vennero arrestati 20mila cattolici. Negli anni successivi gli arresti furono nell’ordine delle centinaia di migliaia.
Anche dal 1966 al 1976, negli anni della Rivoluzione Culturale, i cattolici vennero di nuovo presi di mira dal regime comunista. In quella occasione, non si salvarono dalla furia della Guardie Rosse neppure i cattolici ufficiali, quelli dell’Associazione patriottica. Del decennio più turbolento della Cina comunista si conosce ancora poco. Asia News, con un articolo di don Sergio Ticozzi ricorda alcuni degli innumerevoli episodi di violenza e di martirio, chiese devastate e saccheggiate, sacerdoti e suore uccisi in odio alla fede. L’intento della Rivoluzione Culturale era esplicito: sradicare la fede, per imporre il culto maoista, ormai divenuto una vera religione. Almeno la Rivoluzione Culturale è riconosciuta anche dall’attuale Partito Comunista come una parentesi nera della sua storia. Benché alcune sue caratteristiche siano vive e vegete, soprattutto da quando Xi Jinping è diventato presidente. La stessa trasformazione della Chiesa in un megafono della propaganda del Partito, la rieducazione sistematica di chi non si allinea, la distruzione di chiese e la rimozione di croci, la mutilazione di edifici religiosi o la loro trasformazione in centri sociali del Partito, sono tutte caratteristiche che oggi vengono giustificate con la “sinizzazione” della religione, con la volontà di creare un “cristianesimo con caratteristiche cinesi”. Ma quando i fedeli, anche in casa loro, sono costretti a rimuovere simboli religiosi e immagini di Gesù per sostituirli con i ritratti di Mao o Xi Jinping, è ancora la prosecuzione della Rivoluzione Culturale, pur con altri metodi. E' una storia che si ripete, proprio perché non può essere studiata. E i cattolici cinesi, testimoni diretti delle persecuzioni comuniste, non solo non possono ricordare i martiri, ma ora saranno anche costretti a celebrare le gesta dei carnefici.