Caso Toti e nuove elezioni, una partita tutta da giocare
L'arresto del presidente della Regione Liguria pone la questione sulla continuità o meno del governo regionale in caso di impedimento. Anche se la vicenda è politica, vediamo però cosa dice la legge.
Com’ è noto dalle cronache giudiziarie di questi giorni, il Presidente della Giunta regionale della Liguria pro tempore, Giovanni Toti, è stato sottoposto al provvedimento che dispone gli arresti domiciliari ai sensi del comma 1 dell’art. 284 del vigente Codice di Procedura penale. Si tratta di una misura di natura cautelare disposta per evitare, così si legge nella corposa ordinanza, la reiterazione dei reati (ad esempio, la presunta corruzione etc.) per i quali il Presidente è indagato (sussiste sempre, fino ad eventuale sentenza di condanna passata in giudicato, la presunzione di innocenza ex art. 27 della Costituzione repubblicana).
Inevitabilmente, la vicenda ha assunto una connotazione politica sia per il ruolo istituzionale dell’indagato, sia per l’imminenza delle elezioni europee fissate per le giornate del 09 e 10 giugno 2024. Tuttavia, sul piano strettamente giuridico ci si deve chiedere quali sono le ricadute sugli organi della Regione Liguria stante l’impedimento presidenziale. In via preliminare, deve escludersi qualunque obbligo di dimissioni che, in quanto tali, costituiscono il frutto ed il risultato di una scelta libera e volontaria di Toti al momento non manifestata.
Secondo lo Statuto regionale (legge statutaria regionale ligure 03 maggio 2005, n. 1 e successive modificazioni), in particolare secondo quanto disposto dall’art. 41, comma 2, in caso di impedimento temporaneo è il Vice-Presidente della Giunta che sostituisce il Presidente senza che questo comporti la decadenza della Giunta stessa, lo scioglimento del Consiglio e l’indizione di nuove elezioni. Ora, le ordinanze con cui vengono disposti gli arresti domiciliari durano fintanto che il giudice ritenga sussistenti in capo all’indagato le esigenze cautelari tutelabili secondo tale misura.
Esistono, comunque, dei termini di durata massima, ovvero relativi all’intero procedimento penale, e di durata a seconda della fase in cui ci si trova: nel primo caso la misura non potrà protrarsi per un tempo superiore a due anni se si tratta di delitto punibile con pena nel massimo non superiore a sei anni; quattro anni nel caso in cui si proceda per delitto con pena massima non superiore a venti anni; sei anni qualora si verta nel caso di delitto punito con la pena superiore nel massimo ad anni venti o con l’ergastolo; nel secondo caso, invece, soprattutto con riferimento alla fase delle indagini preliminari, del giudizio abbreviato e del giudizio di I grado, i termini si differenziano in relazione al massimo di pena irrogabile per il reato oggetto del giudizio.
Tutto questo sta a significare che se non vengono meno i presupposti sui cui si fonda l’ordinanza cautelare o la stessa, in sede di riesame, non viene revocata (non pare, al momento, che i legali di Toti abbiano presentato il relativo ricorso), è evidente che non si può più parlare di impedimento temporaneo, ma permanente. In questo caso, allora, non troverà più applicazione la disposizione statutaria dell’art. 41, comma 2. La Corte costituzionale, prima con la sentenza n. 304/2002 e poi con la sentenza n. 2/2004, ha stabilito come, una volta scelto, e la Liguria ha optato per questo modello, il sistema dell’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta regionale (Le Regioni potrebbero anche stabilire, entro certi limiti, una forma di Governo diversa utilizzando l’autonomia statutaria che la Costituzione riconosce loro nell’art. 123), qualora si verifichi una delle ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 126 del Testo costituzionale, ovvero morte del Presidente, le sue dimissioni, una mozione di sfiducia approvata dal Consiglio regionale nei suoi confronti o l’impedimento permanente dello stesso, si avranno «le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio» (è il c.d. principio dell’aut simul stabunt, aut simul cadent). In questo caso, dunque, si dovrà procedere a nuove elezioni regionali.
Restano, però, aperti due problemi. Il primo concerne la definizione di impedimento permanente in assenza di una indicazione tanto a livello costituzionale, quanto a livello di Statuto regionale ligure. Autorevole dottrina (A. FERRARA), sul punto, propone un’interpretazione non restrittiva del disposto costituzionale (l’art. 126, comma 3), riconducendo alla nozione de qua quelle situazioni di fatto ostative e pregiudizievoli dell’esercizio della funzione presidenziale e non solo la sussistenza di uno stato psico-fisico irreversibile.
Il secondo, invece, riguarda l’organo preposto a valutare l’esistenza dell’impedimento permanente. Gli Statuti fino ad ora approvati, incluso quello della Regione Liguria, nulla dicono in merito. Il rischio, infatti, è quello di una valutazione non imparziale e legata ad interessi di natura politica. Dovrebbe trattarsi di un organo non politico ed una soluzione, forse, si potrebbe rinvenire prendendo a riferimento alcune scelte effettuate dalle Regioni ad Ordinamento differenziato: la Sardegna, ad esempio, ha introdotto, nell’art. 35, comma 1, lett. g), dello Statuto (che ricordiamo assume la forma della legge costituzionale), la «Consulta di garanzia» chiamata a verificare proprio la presenza o meno di un impedimento permanente). Una partita ancora tutta da giocare…
* Professore universitario strutturato in Diritto Costituzionale presso SSML/Istituto di grado universitario «san Domenico» di Roma.
Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico.