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TRANSIZIONE VERDE E DIPENDENZE

Caro bollette, effetto di una strategia energetica suicida

Ieri sera, dalle 20 alle 21, circa 8mila comuni italiani hanno spento le luci sulle loro sedi amministrative e su alcuni dei monumenti principali. Lo hanno fatto per protestare contro il caro bollette. Il governo prova a metterci una pezza, con sgravi e sussidi. Ma è la strategia energetica che lascia a desiderare.

Economia 11_02_2022
Pale eoliche

Ieri sera, dalle 20 alle 21, circa 8mila comuni italiani hanno spento le luci sulle loro sedi amministrative e su alcuni dei monumenti principali. A Milano sono rimasti al buio Palazzo Marino e il Castello Sforzesco, a Torino la Mole Antonelliana, a Firenze il Palazzo Vecchio, a Roma il Campidoglio. Un Paese oscurato, per protesta contro il caro bollette. Secondo le stime dell’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani, il rincaro dell’energia è stimato in 550 milioni di euro, un terzo in più rispetto alla spesa annua media. I comuni sono solo alcuni dei soggetti che si preparano alla mazzata dell’aumento dei costi, che riguarderà tutti noi, privati cittadini o aziende, ricchi o poveri, indifferentemente.

Nonostante tutte le misure del governo per alleviare il rincaro, per il primo trimestre di quest’anno si attende un aumento del 55% nelle bollette elettriche e un 41,8% in quelle del gas. Sono molteplici le cause di questa inflazione. La prima riguarda tutti i beni e servizi ed è l’effetto dell’aumento della liquidità immessa nel mercato dalle banche centrali (come spiega qui, Maurizio Milano). E questo comporta una lievitazione dei prezzi di tutti i beni e servizi, fra cui anche l’energia. Una causa più contingente è data dalla condizione di uscita dal lockdown che ha comportato un improvviso aumento della domanda, a fronte di una produzione che sta ripartendo a rilento. Si è dunque creato un collo di bottiglia dal lato dell’offerta. Venendo all’energia, il singolo prodotto che registra un’impennata del prezzo è il gas naturale, che è passato da 19 a 90 centesimi di euro al metro cubo nel 2021. Sono individuabili almeno due cause per il rincaro del gas, entrambe politiche.

La prima causa, solo apparentemente tecnica, è dovuta al maggior peso che hanno le rinnovabili (per scelta politica) nella produzione di energia. Capita, però, che in certi anni o in certi periodi dell’anno vi sia un clima sfavorevole. E il poco vento del 2021 ha abbattuto la produzione dell’eolico. Nel terzo trimestre del 2021 si è sfruttato il 14% della capacità installata. Quel che non viene prodotto dalle pale eoliche deve essere compensato da altre fonti, fra cui le centrali a gas. E così si è creato un altro collo di bottiglia sul lato dell’offerta e un aumento dei prezzi.

La seconda causa è puramente politica, perché la Russia ha deciso di ridurre l’esportazione del gas con l’inizio dell’inverno. Soprattutto per fare pressione sui Paesi importatori europei, per indurli a dissociarsi dalla Nato sulla crisi in Ucraina. Pressione asimmetrica, a dire il vero, perché la fornitura di gas alla Germania non registra mutamenti sensibili (e Putin, parallelamente, punta proprio a separare la Germania, “anello debole”, dal fronte Nato). Mentre per l’Italia si è registrato un calo del 43% del flusso fra dicembre e gennaio.

Il nostro Paese si ritrova in circostanze particolarmente disgraziate, in questo frangente. Prima di tutto perché la nostra produzione elettrica dipende dal gas per il 42%, più che nelle altre potenze economiche europee (la Germania, ad esempio, solo per il 26%). Inoltre, per l’Italia, la Russia è proprio il singolo maggior fornitore: quasi il 40% del nostro gas arriva da lì. Nonostante la costruzione del Tap, non abbiamo ancora diversificato le nostre fonti.

A parte il gas, c’è poi un’altra causa, sempre politica, per il rincaro dell’energia elettrica: il rincaro dei certificati d’emissione. Cosa sono? Strumenti finanziari che i produttori che emettono più gas serra del consentito, devono acquistare per compensare il surplus di emissioni. (Per capire come funziona: potete calcolare anche voi, ad esempio qui, quanti certificati dovreste acquistare per compensare le emissioni di gas serra causate dal vostro stile di vita). Ebbene quello dei certificati è diventato un mercato molto fiorente e a causa degli ambiziosi obiettivi climatici dell’Ue, il loro prezzo è quasi raddoppiato, da 33,6 a 61 euro per tonnellata di gas serra, nel 2021. Questo rincaro ha avuto un impatto diretto sul prezzo dell’energia elettrica.

La risposta immediata del governo Draghi è quella di alleviare i costi, tramite un aumento della spesa pubblica e una riduzione delle entrate. La manovra varata include provvedimenti per 10,2 miliardi di euro in oneri scontati, riduzione dell’Iva al 5% e bonus gas ed elettrico e sgravi sulla bolletta delle grandi aziende. I beneficiari maggiori sono famiglie e piccole imprese. La manovra, tuttavia, sarà in grado di coprire appena il 10% del rincaro complessivo, secondo le stime della Cgia di Mestre. Le aziende, soprattutto quelle che necessitano di maggior consumo di energia, stanno sospendendo la produzione e mettendo i lavoratori in cassa integrazione. Alcune lavorano di notte, quando i costi sono più ridotti. Secondo la Cgia di Mestre, sono a rischio 500mila posti di lavoro.

Se i provvedimenti di breve periodo potrebbero risultare insufficienti, la strategia di lungo termine lascia ancor più perplessi. Non stiamo facendo come la Francia, dove il presidente Macron ha annunciato la costruzione di altri 6 reattori nucleari. L’Italia sta puntando, esclusivamente, ad una dipendenza ancora maggiore dalle rinnovabili. Le centrali nucleari, benché il ministro Cingolani non le disdegni, sono ancora fuori dal dibattito. In passato ci siamo resi dipendenti dalla Russia e da altri fornitori quantomeno “instabili” (basti pensare alla Libia), ma perché i precedenti governi non hanno voluto installare rigassificatori, gli unici strumenti che ci permetterebbero di diversificare le fonti (il gas liquido può essere acquistato ovunque, senza dipendere dai gasdotti) e, dal 2008, non hanno più estratto gas dalle riserve di gas in Adriatico. In futuro, dipenderemo maggiormente dal vento e dal sole. Sempre che il clima sia favorevole. L’aumento che vediamo potrebbe essere il primo di una lunga serie, il “prezzo necessario” per la transizione ecologica.