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CULTURA

Carmen Consoli, figlio in provetta e nostalgia del padre

La cantautrice siciliana in una intervista al Corriere spiega la sua scelta di un figlio in provetta con un padre scelto dal catalogo. Reificazione delle persone, narcisismo, ma le stesse contraddizioni della Consoli dimostrano come ci sia un ordine naturale impresso nel cuore delle persone.

Editoriali 13_12_2021
Carmen Consoli

Lunga intervista della cantautrice Carmen Consoli al Corriere della Sera rilasciata a Walter Veltroni. Tra gli argomenti toccati anche suo figlio, Carlo Giuseppe, di otto anni che sta crescendo senza padre, non perché la Consoli sia divorziata o vedova, ma perché un giorno la donna volò a Londra per avere un bambino tramite provetta con il proposito di crescere il figlio senza padre. Quest’ultimo ha dato il suo seme, ma non la sua presenza, il suo amore, la sua educazione. E, senza padre, il figlio è un figlio a metà.

Volendo, tale scelta che impone l’orfananza al figlio è speculare a quella della maternità surrogata: in questa il bambino viene privato della madre (posto che abbia fornito gli ovociti), nella scelta dalla cantante catanese il bambino viene privato del padre. Curiosamente il secondo nome del figlio della Consoli, Giuseppe, è il nome del padre per eccellenza (se escludiamo Dio padre ovviamente): Giuseppe padre putativo di Gesù. E dunque è incisa nello stesso nome del figlio della cantante la figura del padre e quando il piccolo festeggerà il suo onomastico si festeggerà la festa del papà, quasi a far presente almeno nel nome quella figura per lui assente.

Su Amazon quando vuoi comprare, ad esempio, una lampada ti escono centinaia di modelli. In modo analogo la Consoli ha potuto scegliere il padre da un catalogo nutrito di candidati: «Ho avuto una lista innanzitutto di donatori compatibili - spiega l’artista - […]. C’erano delle caratteristiche nella sua scheda: gli piace la musica, ha un diploma in pianoforte, ama Bach, Mozart e Beethoven. Lui è medico, studia la filosofia, non è religioso ma ama la filosofia orientale. E anche l’arte contemporanea. Una cosa importantissima è che ama la buona cucina, ha il palato fine. Insomma c’erano tre componenti favorevoli: Bach, la buona cucina, l’intreccio di scienza e musica. D’altra parte è il tipo di persona che forse avrei voluto incontrare, nella vita». Un figlio nato dall’incontro di un ovocita e una X sopra un numero identificativo di donatore.

Qualche riflessione a braccio. La prima: la fecondazione artificiale reifica, ossia cosifica, il nascituro perché appunto viene prodotto in provetta e lo espone ad altissimi rischi di morte. Un pensiero quindi doveroso prima di tutto va ai fratellini di Carlo che, affinché lui vedesse la luce, non ce l’hanno fatta. Ma la fecondazione extracorporea reifica anche i soggetti adulti coinvolti in essa. Mercifica i loro corpi: il concepimento di Carlo infatti non è frutto di un gesto d’amore, ma di un gesto tecnico. Il ventre della donna non accoglie l’atto di donazione totale di un uomo, di tutta la sua persona, ma solo i suoi spermatozoi. Reificato anche quest’ultimo: è un prodotto da scegliere in un catalogo, è ridotto a mero fornitore di sperma. E come scegli una lampada per gusti e necessità, così scegli il padre di tuo figlio secondo alcune caratteristiche che devono corrispondere ai tuoi gusti e necessità.

Si risponderà che così avviene anche quando si sceglie l’uomo della propria vita. Ma in quest’ultimo caso le qualità orientano nella scelta della persona, nel caso della Consoli e di moltissime altre donne che hanno optato per il bimbo in provetta, non si sta scegliendo la persona, bensì un bambino con certe caratteristiche e il donatore è solo mezzo per avere il figlio ideale. La Consoli cercava alcune qualità nel donatore non perché volesse sposarlo, ma perché voleva un figlio colto, che amasse la musica e la buona tavola. Un’ulteriore accentuazione della reificazione del figlio. Eppure la Consoli nell’intervista si lamenta del mondo di oggi perché «è tutto usa e getta. Le persone si trattano come se fossero un telefonino. Adesso c’è il nuovo modello quindi cambio». Ma la fecondazione artificiale non fa proprio questo?

Quasi ingenuo poi pensare che se Tizio ama Bach anche il figlio potrà avere una certa sensibilità verso la musica classica o la musica in generale. L’intreccio tra dato genetico, condizioni ambientali e libertà personale è intricatissimo. Altrimenti scadremmo nel determinismo del “tale padre, tale figlio”.

C’è un altro buco nero in questa vicenda: volere un bambino senza padre, significa mettere al centro se stessi, non il bene del figlio. Eppure l’artista, alla domanda che riguardava la virtù più assente tra la gente oggi, così ha risposto: «Empatia. Una notevole diminuzione di empatia, una grande rimonta del narcisismo. Crea sterilità». Ma eliminare la figura del padre non è un atto che nega in modo assoluto qualsiasi rapporto empatico? Non è un gesto di grande narcisismo? La provetta non è, per paradosso, un inno alla sterilità di affetti, di relazioni? Il figlio non crescerà “sterile” del padre?

Tornando al tema della infelicità dei bambini di madri volutamente single, si potrebbe obiettare: tanti bambini crescono felici anche senza padri perché sono divorziati o hanno deciso di interrompere la convivenza o sono deceduti. Risposta: tanti bambini crescono felici nonostante siano senza padri, non perché non hanno un padre. Il padre non è un accessorio. In questi casi il bambino è stato costretto a trovare elementi di compensazione per farcela nonostante non avesse un padre e comunque porterà in sé per sempre le ferite di questa assenza. Un bambino ha il diritto nativo di crescere con i propri genitori. Ricorrendo ad un esempio volutamente iperbolico: non si può escludere che ci siano bambini felici negli orfanotrofi, ma questo non giustificherebbe la scelta di togliere i figli ai genitori.

La vicenda procreativa della Consoli però, per paradosso, prova che la relazione uomo-donna e padre-figlio è un dato naturale così inciso a lettere di fuoco nel cuore delle persone che è ineludibile, non scavalcabile, non trascurabile.  Dichiara la cantante: «Quando lui [il figlio] avrà quindici anni per legge conoscerà, se vorrà, il suo papà. Al momento non è intenzionato. […] Carlo non è intenzionato, perché ha paura che qualcuno occupi il letto grande. Mi ha detto però una cosa molto importante: “Potresti traumatizzarmi”». Togliete il padre ad un figlio per anni e poi ditegli che potrà rivederlo: ovvio che sarà un trauma scoprire chi sia. Quel trauma è prova che il legame tra Carlo e il padre non è solo biologico, bensì esistenziale, antropologico, è un cordone ombelicale che ci sarà sempre perché una persona ha fatto nascere un’altra persona e non è come prendere un seme da una mela, piantarlo in terra e far crescere così un’altra pianta di mele.

Ma anche la Consoli ha stretto un legame con il padre di suo figlio che non può essere ridotto alla semplice relazione donatore- ricevente. Veltroni chiede: «Non hai mai avuto il desiderio di conoscerlo?». Risposta: «Tantissimo. Ho una curiosità incredibile». Tanto curiosa che ha scritto anche una lettera per verificare se è possibile incontrarlo anzitempo. Quel Mister X «d’altra parte è il tipo di persona che forse avrei voluto incontrare, nella vita». Nelle parole della cantante c’è la prova che alcune dinamiche naturali nelle relazioni tra le persone – conoscenza, innamoramento, matrimonio, procreazione – mandate all’aria dalla fecondazione artificiale sopravvivono nella loro purezza originale nel cuore delle stesse e queste cercano poi di recuperarle in qualche modo.

La provetta rende innaturale una serie di percorsi e fenomeni che poi si cerca di ricostruire a posteriori. L’ordine voluto da madre natura o da Dio Padre, distrutto dalla fecondazione artificiale, è un richiamo potentissimo per le coscienze delle persone che tentano di ritrovarlo nel disordine da loro stesso voluto. Si vuole raddrizzare ciò che si è voluto fosse storto.

Un ultimo appunto che vuole essere un auspicio. Nell’intervista la Consoli ad un certo punto afferma: «Non escludo l’esistenza di Dio. Non ti nascondo che mi piacerebbe che ci fosse. Purtroppo non ho la fede per credere ciecamente a questo. Però mi piacerebbe molto. Se Dio ci fosse, sarebbe una bella notizia». Natale è dietro l’angolo e la bella notizia che la Consoli aspettava è arrivata: Dio non solo esiste ma si è incarnato per noi.