Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico

LETTERA APERTA

«Cardinale Bassetti, non c'è un problema di razzismo»

Anche di fronte agli immigrati, il nostro primo compito è di evangelizzare non di dare risposte politiche. Anche nell'analisi del fenomeno la Chiesa si dimostra subalterna alla cultura dominante e inconsapevole davanti ai problemi posti da un'immigrazione fuori controllo e dalla presenza massiccia di islamici. Ecco il testo integrale della lettera che venti laici hanno scritto al presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Per aderire alla lettera inviare una mail a tiziano@tuseipietro.org.

Attualità 14_10_2018

Eccellenza Reverendissima Cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della CEI

Eccellenze Reverendissime, Vescovi della Chiesa Cattolica in Italia,

con rispetto assoluto e filiale, ci permettiamo di scrivere per esternare a Lei e ai Vescovi italiani della Chiesa Cattolica, le nostre perplessità e per dissipare i nostri dubbi in merito alla cosiddetta “questione dei migranti”.

Siamo rimasti molto colpiti da due testi che abbiamo letto negli scorsi mesi.

LA LETTERA CONTRO IL RAZZISMO

Il primo testo è del luglio del 2018, di un gruppo di presbiteri e laici, che chiedeva a tutti Voi d’intervenire “sul dilagare della cultura intollerante e razzista”, che a parere dei firmatari è presente nel nostro Paese. I firmatari chiedevano un Vostro intervento sul tema dell’«inconciliabilità profonda tra razzismo e Cristianesimo», a partire dal tema dell’accoglienza.

Il primo compito è evangelizzare

Colpisce che a questo proposito si usino le categorie mondane, dimostrando una totale subalternità culturale, ignorando ciò che la Chiesa ha maturato nel suo cammino storico. Diceva ad esempio Pio XI, in un discorso agli alunni di “De Propaganda Fide” il 28 luglio 1938: «Con l’universalità c’è l’essenza della Chiesa cattolica, ma con questa universalità stanno bene assieme – bene intese e al loro posto – l’idea di “razza”, stirpe, nazione e nazionalità (…). Non occorre essere troppo esigenti, come si dice nazione si può dire razza e si deve dire che gli uomini sono innanzitutto un solo e grande genere (…), una sola, universale, cattolica razza. Né si può negare che in questa razza universale non ci sia luogo per le razze speciali (…). Ecco che cos’è per la Chiesa il vero, il proprio, il sano razzismo».

Anche se il linguaggio di allora può essere considerato equivocabile nel nostro tempo, è chiaro però ciò che il papa intendeva: c’è una chiamata universale alla fede cattolica, perciò il nostro compito fondamentale è l’evangelizzazione. È esattamente questo il primo mandato di Cristo ai Suoi discepoli: “Andate e ammaestrate tutte le genti”.
Quante volte la Chiesa, negli ultimi anni, ha parlato di conversione a proposito dei migranti? Le “razze” esistono – come esistono le Nazioni, le Patrie, le Identità - e rappresentano una distinzione, non un motivo di prevaricazione o di odio.

Un fenomeno fuori controllo

Le paure della gente hanno poco a che fare con il colore della pelle o con la chiusura verso il diverso. Ben lo dimostra anche la storia recente del nostro Paese: l’immigrazione è un fenomeno che dura da anni, se è vero che ormai gli immigrati costituiscono poco meno del 10% della popolazione, ma non si sono mai presentati problemi veri di convivenza. Anche le emergenze, ben gestite, non hanno creato problemi. Si pensi ad esempio agli oltre mille boat people vietnamiti che nel 1979 furono raccolti da navi italiane e accolti in pochi comuni veneti. Non solo non si sono avute forme di intolleranza, ma quella esperienza è stata un modello di accoglienza e integrazione.

Ciò che oggi spaventa è una immigrazione irregolare fuori controllo, quella legata agli sbarchi tanto per intenderci, foraggiata con i soldi dei contribuenti italiani e che sta ponendo gravi problemi di sicurezza come può constatare chiunque non abbia gli occhi accecati dall’ideologia. Però si preferisce dare del fascista, del razzista e dello xenofobo a chi pone seriamente il problema di evitare uno scontro sociale che è già in essere. Malgrado la retorica dei “disperati che fuggono dalle guerre”, la realtà è ben diversa, tanto che gli aventi diritto allo status di rifugiato sono meno del 10%.  Il resto sono “carne da macello”, gestita da organizzazioni criminali dei paesi d’origine e dei paesi di destinazione: un business di 6 miliardi di dollari all’anno di cui nessuno parla, inferiore solo a quello delle armi e della droga. A questo business, per sovvenzionare il soggiorno e l’alloggio dei migranti irregolari, l’Italia – nel quale vivono 5.000.000 di persone in povertà assoluta, tra i quali 1.000.000 di bambini – destina miliardi di euro ogni anno.

Cambiare questa situazione, anche chiedendo che l’intera Europa risolva politicamente questo problema, significa essere razzisti, xenofobi, anti-evangelici oppure significa essere realisti, persone di buon senso e rispettose della legalità?

UN’UNICA FAMIGLIA UMANA

Il secondo testo è la Sua Prolusione al Consiglio permanente della Cei del 21 gennaio 2018, laddove lei parla di «Un’unica famiglia umana». Qui si richiama il fatto che «la Chiesa cattolica, sin dalla fondazione, si prende cura dei poveri, degli “scartati” e degli “sconfitti della storia”, con uno spirito di totale obbedienza al Vangelo, perché vede nelle loro piaghe il riflesso di quelle di Cristo sulla Croce. I poveri, tutti i poveri, anche quelli forestieri di cui non sappiamo nulla, appartengono alla Chiesa “per diritto evangelico” come disse Paolo VI nel discorso di apertura della II sessione del Concilio Vaticano II. In virtù di questo “diritto evangelico” – e non certo in nome di una rivendicazione sociale – ogni cristiano è chiamato ad andare verso di loro con un atteggiamento di comprensione e compassione».

Noi abbiamo imparato da sempre che coloro che agli occhi degli uomini sono “poveracci” (o, con un’espressione più elegante, detta da Cristo nel Vangelo di Matteo, i “fratelli più piccoli”), sono gli umili, i “minimi”, i fedeli servi di Dio. Sono coloro che siederanno alla Sua destra, nelle “tende eterne”, dopo il giudizio finale. Il povero non possiede questo «diritto evangelico» in quanto tale. La salvezza dei poveri è stata acquistata “a caro prezzo”, come dice San Paolo, come quella di tutti coloro che si convertono a Cristo, si pentono dei loro peccati e vivono nella grazia di Dio. La virtù teologale della carità non riguarda solo le opere di Misericordia corporale, che ogni cristiano è tenuto a compiere nei confronti dei “poveracci”, con comprensione e compassione, perché esse sono vane se non sono accompagnate da quelle di Misericordia spirituale.

Origene, nel III secolo, commentando Mt 25, affermava che «oltre al pane e al vestito che servono al corpo, si devono alimentare le anime con alimenti spirituali». Questo, per una ragione molto semplice, che sta a fondamento della Chiesa istituita da Nostro Signore Gesù Cristo: la Chiesa esiste perché Cristo ha voluto donarsi, immolandosi ed accettando il Suo Sacrificio, per garantire a tutti gli uomini di ogni tempo il «sacramento universale di salvezza», la grazia della liberazione dal peccato e dal potere del Maligno e la speranza certa della vita eterna. I poveri – come le guerre, le malattie, la morte – c’erano prima di Cristo e ci sono dopo Cristo, perché esiste il peccato originale ed esiste l’Inferno, come esiste il Purgatorio, per chi non vive su questa terra purificandosi e abbracciando la Croce che Cristo offre ai Suoi amici.

Il messaggio del Vangelo non si riduce a preservare la legge morale, ma la fede. Tutto ha un senso, per i cristiani, se s’incontra Cristo, l’Unico Salvatore. La Chiesa, voluta da Cristo e da Lui generata, questo ha proclamato sempre e i frutti sono rappresentati dalla nostra civiltà (in cui rientra anche la legge morale). La Chiesa ha sempre offerto la sua sofferenza per i peccatori, ma non ha mai abdicato al suo mandato divino di ammaestrare le genti al Vangelo. E, soprattutto, non ha mai sepolto la Verità.

È evidente che la Chiesa è chiamata ad esercitare la Carità, come Cristo moltiplicò i pani e i pesci, ma il Signore non è venuto in mezzo a noi per andare incontro e risolvere i bisogni terreni dell’uomo.

Il caso Islam e l’esempio di San Francesco

I numeri ci dicono che su poco meno di 6 milioni di immigrati, 2,5 milioni sono islamici, e questo pone un problema oggettivo visto che si tratta di una comunità che nel suo insieme non è disposta a integrarsi e, non da oggi, è invece animata da un certo “spirito di conquista”. Ricordiamo quanto ebbe a dire già nel 1974, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Houari Boumédiène, leader dell’Algeria dal 1965 al 1978: «Un giorno milioni di uomini abbandoneranno l’emisfero sud per irrompere nell’emisfero nord. E non certo da amici. Perché vi irromperanno per conquistarlo, e lo conquisteranno popolandolo coi loro figli. Sarà il ventre delle nostre donne a darci la vittoria».

Quelle parole oggi non sembrano più fantasie, e sono inoltre agevolate dal vero problema della nostra Italia – così come dell’Europa -, ovvero l’abbandono della fede in Cristo. Del resto il “dialogo”, parola che nelle Sacre Scritture neppure esiste, diventa impossibile con chi appartiene ad un’ideologia fondata sull’uso della violenza.

Del resto la Chiesa, nei confronti dei non cristiani, ha sempre avuto un atteggiamento di annuncio, di chiamata alla conversione. E laddove le condizioni non permettevano la proposta cristiana, l’opzione normale non era l’adattarsi all’interlocutore, ma il martirio, esso stesso considerato il più completo trionfo della fede sull’errore.

Vale dunque la pena meditare sull’esempio che ci ha dato San Francesco d’Assisi che mette nel conto il martirio durante il suo incontro con il Sultano Malik al-Kamil, avvenuto nel 1219, durante la Quinta Crociata (cfr. Fonti francescane 2690-2691):

«Mentre era alla corte, il sultano volle mettere alla prova in questo modo la fede e la devozione che il beato Francesco mostrava d’avere verso il Signore nostro crocifisso. Un giorno fece stendere uno splendido tappeto, decorato quasi per intero con segni di croce, e poi disse ai presenti: “Si chiami ora quell’uomo, che sembra essere un cristiano autentico. Se per venire fino a me calpesterà sul tappeto i segni di croce, gli diremo che fa ingiuria al suo Signore; se invece si rifiuterà di passare, gli dirò perché mi fa questo dispetto di non venire”. Chiamato allora quell’uomo, che era pieno di Dio e da questa pienezza era bene istruito su quanto doveva fare e su quanto doveva dire, passando su quel tappeto si accostò al sultano. Quegli, ritenendo d’aver motivo sufficiente per rimproverare l’uomo di Dio perché aveva fatto ingiuria a Cristo Signore, gli disse: “Voi Cristiani adorate la croce, come segno speciale del vostro Dio; perché dunque non hai avuto timore a calpestare questi segni della croce?”. Rispose il beato Francesco: “Dovete sapere che assieme al Signore nostro furono crocifissi anche dei ladroni. Noi possediamo la vera croce di Dio e del Salvatore nostro Gesù Cristo, e questa noi l’adoriamo e la circondiamo della più profonda devozione. Ora, mentre questa santa e vera croce del Signore fu consegnata a noi, a voi invece sono state lasciate le croci dei ladroni. Ecco perché non ho avuto paura di camminare sui segni della croce dei ladroni. Tra voi e per voi non c’è nulla della Santa Croce del Salvatore”». Prosegue Frate Illuminato: «Lo stesso sultano gli sottopose anche un’altra questione: “Il vostro Dio nei suoi Vangeli insegnò che voi non dovete rendere male per male, e non dovete salvaguardare la vostra tonaca […]. Quanto più dunque i Cristiani non dovreste invadere le nostre terre […]”. Rispose Francesco: “Mi sembra che voi non abbiate letto tutto il Vangelo di Cristo nostro Signore. Altrove, infatti, dice: ‘Se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo lontano da te. E con questo ha voluto insegnarci che nessun uomo è a noi così amico e così parente, fosse pure a noi caro come un occhio della testa, che non dovremmo allontanarlo, strapparlo e del tutto sradicarlo, se tentasse di distoglierci dalla fede e dall’amore del nostro Dio. Proprio per questo, i Cristiani giustamente invadono voi e le terre che avete occupato, perché bestemmiate il nome di Cristo e allontanate dal suo culto quanti più uomini potete. Se invece voi voleste conoscere, confessare e adorare il Creatore e Redentore del mondo, vi amerebbero come se stessi”. Tutti gli astanti furono presi da ammirazione per le risposte di lui».

La lobby internazionale pro-migranti

Non deve neanche essere dimenticato che dietro al movimento di milioni di persone non ci sono soltanto guerre e povertà, ma anche un disegno politico ben preciso. Ad esempio il finanziere George Soros finanzia i flussi migratori a livello internazionale, attraverso le Organizzazioni non Governative. L’ha confermato egli stesso durante una riunione delle Nazioni Unite nel 2016. Emma Bonino – che fa parte del board dell’Open Society Foundation, l’organizzazione fondata da Soros – promuove campagne in Italia a favore dell’accoglienza del maggior numero possibile di migranti. Alla campagna politica di Emma Bonino – “Ero straniero, l’umanità che fa bene” – ha dato la sua adesione Papa Francesco e a lei vengono aperte le porte delle Chiese per la sua propaganda.

Emma Bonino dice : «In politica, come spesso accade anche nella vostra vita personale o professionale, gli interessi si scontrano coi valori e lo sforzo è quello di trovare degli equilibri più o meno precari, più o meno presentabili, sapendo che interessi e valori non sempre vanno nella stessa direzione; ebbene se c’è un tema dove i nostri interessi coincidono con i nostri valori è esattamente il tema dell’immigrazione e dell’Europa». La tecnica usata – quella di presunti valori che determinano interessi - è uguale a quella di tutte le battaglie radicali: il divorzio, l’aborto, l’eutanasia. In questi ultimi casi, i valori sono i diritti, che coincidono con i desideri. L’ideologia edonistica elevata a modello di vita e svincolata da qualsiasi ancoraggio ai principi di ordine naturale. Nel caso dei migranti, i valori – l’accoglienza umanitaria – coincidono con il pragmatismo, con il “ci conviene”. Sostiene Emma Bonino: «Dei sei milioni di immigrati irregolari nel nostro Paese ne abbiamo bisogno: producono l’8% del PIL, sono l’8% della popolazione, sono contribuenti netti, pagando nel 2014 le pensioni di 640 mila italiani, hanno inventato 500mila imprese, dando lavoro anche agli italiani e coprendo nicchie che gli italiani non volevano coprire. Con il nostro grande declino demografico che è lo stesso della Spagna, del Portogallo, della Germania, della Bulgaria, oggi noi abbiamo 805mila figli di immigrati che vanno a scuola; senza di loro chiudiamo 35mila classi e 68mila mila insegnanti lasciano il lavoro per mancanza semplicemente di persone a cui insegnare».

È veramente paradossale che chi ha operato ed opera per la promozione dei sistemi contraccettivi, della legge sull’aborto – che insieme al larghissimo uso degli altri sistemi abortivi, ha concorso, in 40 anni, all’uccisione di oltre 6 milioni di italiani – contro l’obiezione di coscienza dei medici che non vogliono praticare gli aborti e a favore delle politiche antinataliste delle organizzazioni internazionali e che in nome di un boom demografico che non esiste ha invocato il rientro dolce della popolazione mondiale, invochi ora il declino demografico per perorare l’afflusso dei migranti nel nostro territorio. Tanto da dichiarare: «Noi avremo bisogno, tanto per essere in equilibrio tra anziani e forza lavoro, di 160mila nuovi ingressi l’anno per i prossimi dieci anni». Ai 160mila nuovi ingressi ogni anno, a parere della Bonino, bisognerebbe aggiungere un esercito di 500mila irregolari accumulati negli anni, perché hanno perso il permesso di soggiorno.


Il ragionamento è questo: uno Stato che non promuove più la scuola professionale e la formazione dei giovani per garantire un lavoro certo, e non assicura i diritti di assistenza degli anziani e dei portatori di disabilità, oltre che la vita di milioni di poveri e il diritto alla vita dignitosa di milioni di famiglie, dovrebbe sopravvivere grazie a milioni di persone estranee alla cultura, alla tradizione e all’identità, italiana ed europea. A guardar bene, uno Stato con queste caratteristiche è uno Stato già morto, che si vuole definitivamente seppellire. Siamo alla seconda tappa. Per la prima, quello dello sterminio dei bambini non fatti nascere ci è voluto qualche decennio. Ora, la sostituzione della popolazione può essere assicurata in un battibaleno e il disegno si può realizzare. L'Italia e l'Europa saranno islamizzate.

Le chiediamo, Eminenza: può la Conferenza Episcopale Italiana permettere che queste posizioni vengano espresse addirittura nei dibattiti che si svolgono nelle chiese del nostro Paese?

Vogliamo terminare questo lungo documento con queste parole: «Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’Oriente un popolo forte, ma lontano da Dio, sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose più sante e sacre, quando gli sarà dato di farlo». Sono le parole che la Santa Vergine Maria dice il 12 aprile 1947 a Bruno Cornacchiola, quando apparve a lui e ai suoi tre figli, a Roma, alle Tre Fontane, luogo dove San Paolo conobbe il suo martirio. Il 21 luglio 1998, Cornacchiola annotò nel suo diario: «Ho sognato che musulmani circondavano le chiese e chiudevano le porte e dai tetti gettavano benzina e davano fuoco, con dentro i fedeli in preghiera e tutto anche a fuoco». Il 17 febbraio 1999, aggiunse un’altra riflessione: «Ma perché gli uomini responsabili non vedono l’invasione dell’islam in Europa? Qual è il fine di queste invasioni? Non si ricordano più Lepanto? Oppure hanno dimenticato l’assedio di Vienna? Non si può vedere un’invasione pacifica quando uccidono nel loro paese islamico coloro che si dichiarano cristiani o si convertono a Cristo. Non solo questo, ma non ti permettono di costruire chiese né far proseliti».

È questo che vogliamo per il nostro paese?

Con filiale ossequio porgiamo cordiali saluti, chiedendo la Sua Paterna benedizione.

Gianni Cassano, Anna Romolotti, Claudio Anzaghi, Tiziano Briguglio, Agostino Fasulo, Andrea Badalamenti, Giorgio Badalamenti, Davide Fortunato, Giovanni Gibelli, Alessandro Quatela, Gilda De Petri, Antonio Calvanese, Giorgio Crotti, Alessandro Roverselli, Patrizia Beretta, Giancarlo Di Gregorio, Elisabetta Frontali.

PER ADERIRE INVIARE UNA MAIL A: tiziano@tuseipietro.org