Caos totale ad Haiti
I missionari attivi nell’isola lanciano appelli disperati descrivendo una situazione insostenibile di orribile violenza
C’è estrema preoccupazione per la sorte dei missionari che operano ad Haiti dove da una settimana la capitale Port-au-Prince e altre parti del paese sono teatro di scontri violentissimi tra bande armate e di attacchi a istituzioni e luoghi strategici. “E’ urgentissimo un intervento da parte della comunità internazionale – ha raccontato il 5 marzo all’agenzia di stampa Fides padre Massimo Miraglio, missionario Camilliano da quasi 20 anni nell’isola – altrimenti si arriverà ad un punto di non ritorno e i morti si conteranno a migliaia. Sono stati attaccati diversi commissariati bruciati e vandalizzati in provincia come pure all’uscita nord di Port-au-Prince. In particolare in quello di Bon Repos, nella zona di la Plain dove si trova il nostro ospedale Camilliano, un avamposto molto importante anche per l’ospedale perché lo proteggeva, sono stati uccisi cinque poliziotti”. Sono state attaccate anche due prigioni e sono stati liberati circa 4mila detenuti, tutti delinquenti che sono andati a ingrossare le fila delle bande armate. “In questa situazione di caos totale – dice il missionario – a Port- au- Prince abbiamo interi quartieri che si stanno svuotando, popolazioni in fuga da vari quartieri senza sapere dove andare, diverse persone ferite durante gli scontri. Altri scontri si segnalano soprattutto al nord, a Cap Haitien la seconda città del paese”. “La situazione è terrificante” ha confermato sempre a Fides suor Marcella Catozza, francescana, anche lei da molti anni impegnata in attività pastorali e caritative ad Haiti. “Le bande – spiega – hanno preso d’assalto tutti gli aeroporti del Paese per arrestare il Premier Ariel Henry che stava tornando da Nairobi dove ha firmato l’accordo per il dispiegamento di una forza di polizia keniana ad Haiti. Le gang hanno assalito diversi edifici pubblici, comprese le prigioni, e privati, compreso l’ospedale cattolico “San Francesco di Sales” di Port-au-Prince. Ariel Henry non è ancora riuscito a rientrare nel Paese perché non vi sono le condizioni di sicurezza. Il fatto che va sottolineato è che queste bande che fino a giovedì scorso si ammazzavano tra loro, venerdì si sono unite per assalire le istituzioni. Si tenga conto che le gang sono equipaggiate con armi e mezzi sofisticati, altroché machete; hanno persino dei droni per individuare i movimenti delle forze dell’ordine che appaiono incapaci di fermarle”.