Canada: festa alla cannabis mentre una mamma muore
I canadesi festeggiano la liberalizzazione della marijuana come la caduta di un regime mentre, nello stesso giorno, una giovane mamma muore per dipendenza da oppioidi.
-GIORNATA DELLA BUSSOLA: "DROGA, LA LIBERTA' IMPRIGIONATA"
A guardare cosa si è scatenato nelle strade canadesi il giorno dell’entrata in vigore della norma che abolisce il divieto di comprare e vendere la cannabis, risulta difficile credere a quello che il governo di Justin Trudeau aveva detto per giustificare la decisione rivoluzionaria.
In poche parole Trudeau aveva chiarito che era necessario legalizzare la marijuana per dare un colpo al mercato e allo spaccio illegali e che alla liberalizzazione sarebbe seguita una campagna di sensibilizzazione sui danni della droga. Peccato che il 17 di ottobre i marciapiedi di ben 11 negozi di cannabis aperti per l’occasione, siano stati riempiti da file di gente entusiasta. C’era chi sventolava la bandiera del Canada con al centro una foglia di droga anziché quella di acero, c'erano anziani vestiti da hippy che danzavano fumando erba, facce fibrillate, di chi fosse appena stato liberato di un peso insopportabile, vicine a cartelli che esultavano così: "Benvenuti alla fine della proibizione”. Non mancavano nemmeno i business man in giacca e cravatta con in mano barattoli di marijuana.
I volti in visibilio riportati dal Daily Mail stridono però, non solo con i dati macabri sulle morti e i danni provocati dalla legalizzazione in altri Stati e con quelli delle ricerche mediche in merito, ma con quello di una donna la cui storia è stata pubblicata proprio nello stesso giorno dal Washington Post, mostrando quanto sia grande l’illusione luccicante di una felicità concepita come evasione. Il quotidiano americano racconta infatti di una mamma di 30 anni morta per abuso di oppioidi (composti naturali, provenienti dalla pianta d'oppio o sintentici, che riducono i dolori rendendo performanti ed euforici similmente alla cannabis).
Madelyn Linsenmeir, di Burlington, Virginia, è deceduta il 7 ottobre mentre era a casa con la sua famiglia: «Madelyn soffriva di dipendenza dalla droga e per anni abbiamo temuto che la sua dipendenza avrebbe chiesto in cambio la sua vita», spiega un necrologio che la famiglia ha voluto pubblicare per sensibilizzare sul tema degli oppiacei che si sono portati via quella che viene descritta come una donna che un tempo amava nuotare, sciare, andare in snowboard. Con una voce, si legge, «così bella che le persone si fermavano ad ascoltarla in strada». Proprio il canto aveva spinto Madelyn a girare il mondo, spingendo la sua famiglia a strasferirsi dal Vermont alla Florida per iscriverla ad un’accademia artistica all'età di 16 anni.
Peccato che fu proprio lì che la ragazza cominciò a fare uso di droga, come altri suoi compagni che gliela avevano offerta ad un party. Probabilmente sia la mentalità sia il ritmo e la richiesta di essere performanti avevano abituato Madelyn ad usare l’Ossicodone (un oppiaceo fra i cosiddetti “painkiller”, venduti su prescrizione dai medici americani come antidolorifici, ma che rappresentano una delle principali cause di morte negli Usa), per cui cominciò «una relazione con gli oppiacei che avrebbe dominato il resto della sua vita». Poi nel 2014 la donna aveva avuto una figlia che l'aveva spinta a lottare per uscire dall'incubo, tanto che la famiglia ha spiegato che aveva «stretto amicizia con i poliziotti, gli assistenti sociali…i medici, che l'hanno sostenuta e hanno creduto in lei fino alla fine». Ma non è bastato, tanto che Madelyne perse la custodia della bimba.
Perciò Brandon del Pozo, capo della polizia di Burlington, ha dichiarato che è triste che la stampa dia risalto alla vicenda solo ora che ne parla «un parente in lutto con una capacità letteraria in grado di attirare l’attenzione della gente per un momento», dato che «un quarto di un milione di persone sono già morte…da quando questa epidemia è cresciuta». Perché sì, gli oppioidi sono ormai una piaga.
Il Washington Post ha infatti riportato i dati del Centers for Disease Control and Prevention del governo Usa sul numero di morti da oppiacei crescente, con oltre 42.000 morti registrate in tutto il paese nel 2016. Eppure, nonostante gli allarmi governativi legati all'abuso di droghe che rendono dipendenti causando euforia e rendendo performanti, i paesi si affrettano a liberalizzare la cannabis inducendo a pensare che queste sostanze chimiche o naturali siano un diritto, quindi che siano necessarie a vivere bene (senza dolori, dimenticando i guai e svagandosi allegramente). Così, mentre ricerche e dati continuano a confermare le morti per abuso di piioidi e i danni al cervello, la schizofrenia, gli avvelenamenti anche fra i bambini e le morti per incidenti stradali per abuso di cannabis, la gente festeggia per strada.
Per questo Sean Spicer, ex portavoce della Casa Bianca, l'anno scorso unì il problema oppiacei a quello della liberalizzazione della cannabis. Infatti, sebbene le due sostanze abbiano origini diverse hanno alcuni effetti molto simili: «Credo che quando vediamo qualcosa come l’emergenza per dipendenza da oppiacei esplodere in così tanti Stati, in tutto il nostro Paese, l’ultima cosa che dovremmo fare è incoraggiare la gente (ad abusare di droghe, ndr). C’è ancora una legge federale che abbiamo bisogno di rispettare quando si tratta di marijuana».