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GIORGIO&JORGE

Camera (ardente) con svista

Papa Francesco visita la camera ardente di Napolitano «grande uomo servitore della patria». Perplessità sul giudizio politico ma anche sul gesto, tanto più in confronto alle esequie di Benedetto XVI.

Borgo Pio 25_09_2023

Malgrado la sorpresa del gesto, c’era da aspettarsi che il Papa rendesse pubblico onore al presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, morto venerdì scorso all’età di 98 anni. Un feeling, quello tra Giorgio & Jorge, tra il primo Presidente comunista e il primo Papa latinoamericano, risalente a quel fatidico 2013 quando l’uno fu rieletto (caso inedito) al Quirinale e l’altro uscì dal conclave dopo l’inedita rinuncia del predecessore. La consacrazione definitiva giunse poi nel 2016 quando il pontefice annoverò Giorgio Napolitano ed Emma Bonino «tra i grandi dell'Italia di oggi». E così ieri, poco dopo le 13, il Santo Padre si è recato a visitare la camera ardente dell’ex capo dello Stato, allestita presso il Senato della Repubblica.

«Un ricordo e un gesto di gratitudine a un grande uomo servitore della patria. Francesco», è il messaggio lasciato dal Papa, che il giorno stesso della morte dell'ex capo dello Stato aveva indirizzato un telegramma alla vedova Clio Bittoni Napolitano, esprimendo «grata memoria degli incontri personali avuti con lui, durante i quali ne ho apprezzato l’umanità e la lungimiranza nell’assumere con rettitudine scelte importanti, specialmente in momenti delicati per la vita del Paese, con il costante intento di promuovere l’unità e la concordia in spirito di solidarietà, animato dalla ricerca del bene comune».

Come abbiamo già scritto, sul giudizio politico non ci ritroviamo, ma ci sono due elementi di questa visita che hanno attirato l’attenzione. La prima è il mancato gesto del segno della croce nella camera ardente a Palazzo Madama, «per non urtare una cerimonia laica», come ha scritto Camillo Langone in un interessante articolo per Il Giornale. Non si tratta di rispetto, dice Langone, ma di acquiescenza al mondo, un gesto che «evidenzia lo stato agonico del cattolicesimo romano».

Il secondo elemento è il paragone, che viene naturale, con il comportamento di papa Francesco alla morte di Benedetto XVI, il 31 dicembre scorso, un ricordo ancora fresco e ben vivo nella mente di quanti, partecipando al funerale, sono rimasti sconcertati dal distacco e dalla sciatteria dimostrata in quell’occasione. Anche la visita alla salma fu ben più riservata. Mons. Gänswein racconta di aver avvisato subito papa Francesco, «che nell'arco di una decina di minuti è giunto in Monastero, si è seduto accanto alla salma, ha fatto un segno di benedizione e si è soffermato in preghiera» (Nient'altro che la verità, Piemme, Casale Monferrato 2023, p. 318). Poi, salvo naturalmente le esequie, nessun omaggio pubblico, né alla prima camera ardente allestita nella cappella del Mater Ecclesiae né ad accogliere il furgone con a bordo le spoglie mortali né durante i tre giorni di esposizione in basilica alla presenza di migliaia di pellegrini.

E visto che è considerato “il Papa dei gesti”, le immagini dei due comportamenti dicono più di mille discorsi.