Caffarra: «Il male che ci circonda va giudicato»
Il 6 settembre dell’anno scorso all’improvviso moriva il cardinale Carlo Caffarra. In occasione di questo anniversario proponiamo alcuni brevi brani sulla corruzione provocata dal male morale, sul discernimento e il giudizio, sulla Chiesa nella tempesta.
- QUANDO CAFFARRA PREVIDE UNO SCISMA, di Stefano Fontana
Il 6 settembre dell’anno scorso all’improvviso moriva il cardinale Carlo Caffarra. In occasione di questo anniversario proponiamo alcuni brevi brani sulla corruzione provocata dal male morale, sul discernimento e il giudizio, sulla Chiesa nella tempesta. Sono estratti dal suo ultimo libro Prediche corte tagliatelle lunghe, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2017, pp. 94 e 113.
La corruzione e il discernimento
«Il laico battezzato sa, per fede, che il mondo non è più nella condizione in cui è uscito dalle mani di Dio. È stato corrotto dal peccato; è dominato dal Satana: Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno (1 Gv 5,19). Il laico battezzato non può compiere la sua missione nel mondo se non ha una perspicace capacità diagnostica; una capacità “endoscopica” di vedere il male oggi presente nei fondamentali vissuti umani. Si pensi, per fare solo un esempio, alla corruzione che sta subendo il fondamentale vissuto umano della sessualità mediante la proposta di equiparare all’amicizia coniugale l’amicizia omosessuale. Non si tratta di sapere se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. La categoria di “pessimismo-ottimismo” non appartiene al cristianesimo. È un vero e proprio discernimento».
Il giudizio e il discernimento
«Perché la fede generi cultura, perché il credente cooperi all’edificazione dell’humanum, è necessario che egli sia in grado di elaborare un giudizio sull’humanum stesso: un giudizio interpretativo, un giudizio valutativo.
Un giudizio interpretativo: capire che cosa sta accadendo; un giudizio valutativo: ciò che sta accadendo come deve essere giudicato, positivamente o negativamente?
Ogni giudizio, se è un giudizio ragionevole, è elaborato alla luce di criteri. Che cosa sono i criteri di giudizio? È ciò per cui affermo o nego ciò che affermo o nego. Ciò che è la luce per i nostri occhi, sono i criteri per la nostra facoltà di giudicare. La luce della fede mi dona i criteri di giudizio e purifica la mia ragione, ispirandone e governandone l’attività.
La più grave debolezza di cui oggi soffre il cristiano, una vera malattia mortale, è la sua incapacità o grande difficoltà a elaborare giudizi interpretativi e valutativi di ciò che sta accadendo. Il risultato, o i sintomi di questa grave malattia, sono la riduzione della fede a fatto privato, l’accettazione del dogma fondamentale dell’individualismo: “Io non lo faccio [non convivo, non ricorro all’aborto…], ma perché devo proibire per legge ad un altro di farlo?”. È lo stile del discernimento: questo tema è stato centrale fin dal tempo della catechesi apostolica, come dimostrano gli scritti del Nuovo Testamento. È il tema centrale dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. [...]
È la fede che produce bellezza. [...] La fede sembra una piccola lampada che stia per estinguersi. In una società così corrotta, “nave senza nocchiero e in gran tempesta” [Dante], la presenza di testimoni veri, semplici, forti – credetemi – è ciò che salva la società stessa».
Una barca nella tempesta
Bisogna essere ciechi per non vedere che la Chiesa sta attraversando un momento di confusione e di smarrimento. Non è la prima volta che questo succede. Ne ha vissuti altri di questi momenti. Quando sembrava, come dice Dante, «senza nocchiero e in gran tempesta». L'han vissuto anche gli apostoli, quando si son trovati in mezzo al lago dentro una bufera di vento e di onde. E - incredibile - Gesù dormiva, si era addormentato. A volte siamo tentati di dire: Gesù, ti sei ancora addormentato in questo momento? Ma sappiamo che Lui c'è, questa è la nostra certezza.
Le 5 insidie della Chiesa
L'alternativa ad una Chiesa senza dottrina non è una Chiesa pastorale, ma una Chiesa dell'arbitrio e schiava dello spirito del tempo: praxis sine theoria coecus in via, dicevano i medievali. Questa insidia è grave, e se non vinta causa gravi danni alla Chiesa. Per almeno due ragioni. La prima è che, essendo la Sacra Doctrina niente altro che la divina Rivelazione del progetto divino sull'uomo, se la missione della Chiesa non si radica in essa, che cosa la Chiesa dice all'uomo?
La seconda ragione è che quando la Chiesa non si guarda da questa insidia, rischia di respirare il dogma centrale del relativismo: in ordine al culto che dobbiamo a Dio e alla cura che dobbiamo all'uomo, è indifferente ciò che penso di Dio e dell'uomo. La quaestio de veritate diventa una questione secondaria.
La seconda insidia è dimenticare che la chiave interpretativa della realtà tutta e in particolare della storia umana non è dentro la storia stessa. È la fede. San Massimo il Confessore ritiene che il vero discepolo di Gesù pensa ogni cosa per mezzo di Gesù Cristo e Gesù Cristo per mezzo di ogni cosa. Faccio un esempio molto attuale. La nobilitazione dell'omosessualità, alla quale assistiamo in Occidente, non va interpretata e giudicata prendendo come criterio il mainstream delle nostre società; oppure il valore morale del rispetto che si deve ad ogni persona, il che è metabasis eis allo genos, cioè passaggio a un altro genere, direbbero i logici. Il criterio è la Sacra Doctrina circa la sessualità, il matrimonio, il dimorfismo sessuale. La lettura dei segni dei tempi è un atto teologale e teologico.
La terza insidia è il primato della prassi (insidia di origine marxista). Intendo il primato fondativo. Il fondamento della salvezza dell'uomo è la fede dell'uomo, non il suo agire. Ciò che deve preoccupare la Chiesa non è in primis la cooperazione col mondo in grandi processi operativi, per raggiungere obiettivi comuni. L'insonne preoccupazione della Chiesa è che il mondo creda in Colui che il Padre ha mandato per salvare il mondo. Il primato della prassi conduce a quella che un grande pensatore del secolo scorso chiamava la dislocazione delle Divine Persone: la seconda Persona non è il Verbo ma lo Spirito Santo.
La quarta insidia, molto legata alla precedente, è la riduzione della proposta cristiana ad esortazione morale. È l'insidia pelagiana, che Agostino chiamava l'orrendo veleno del cristianesimo. Questa riduzione ha l'effetto di rendere la proposta cristiana molto noiosa e ripetitiva. È solo Dio che nel suo agire è sempre imprevedibile. E infatti al centro del cristianesimo non sta l'agire dell'uomo, ma l'Azione di Dio.
La quinta insidia è il silenzio circa il giudizio di Dio., mediante una predicazione della misericordia divina fatta in modo tale che rischia di far scomparire dalla coscienza dell'uomo che ascolta la verità che Dio giudica l'uomo.
Sabato 8 settembre le Edizioni Studio Domenicano ricorderanno il cardinale Caffarra nell'annuale incontro organizzato a Bologna nel Convento patriarcale San Domenico, piazza San Domenico 13, dalle 11 alle 17.30. Clicca qui per il programma. Tra i relatori della mattinata c'è anche il direttopre della Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli.