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CASO PUBBLICITA' PROGRESSO

Caccia all'omofobo, anche se non è pro family

La caccia alle streghe, o meglio all’omofobo, non è limitata al campo dei ribelli dichiaratamente pro family ma contro chiunque non sposi a pieno tutte le rivendicazioni portate avanti dalla minoranza arcobaleno. Il caso del presidente di Pubblicità Progresso Alberto Contri, colpevole di aver espresso delle opinioni contrarie alla filiazione gay. Ora rischia il posto. 

Famiglia 17_06_2018

Chi mette in discussione i presunti diritti agitati dalle lobby lgbt rischia grosso. La caccia alle streghe, o meglio all’omofobo, non è limitata al campo dei ribelli dichiaratamente pro family ma contro chiunque non sposi a pieno tutte le rivendicazioni portate avanti dalla minoranza arcobaleno organizzata, che ovviamente non rappresenta il pensiero di tutte le persone di orientamento omosessuale.

Riguardo alla presa di posizione del neo ministro della famiglia Lorenzo Fontana - che si è limitato ribadire ciò che riconosce a legge italiana, ovvero che le unioni civili non sono una famiglia e che un bambino nasce da un uomo e una donna –  è consentito esprimere solo parole di condanna, guai a cogliere uno spunto di riflessione sui cosiddetti diritti civili e sulle controverse ripercussioni sociali e psicologiche dell’omogenitorialità.

Nemmeno politici, giornalisti, psicologi, antropologi, pediatri hanno alcuna facoltà di argomentare in maniera corretta, e nel pieno rispetto, il tema in questione. Insomma o si è a favore di qualsiasi tecnica (anche quelle proibite dall’ordinamento italiano come l’utero in affitto) che consenta la filiazione alle coppie gay, oppure bisogna restare in silenzio.

A farne le spese per primo fu mister Barilla, che diversi anni fa fu costretto a fare una repentina retromarcia dopo aver dichiarato che nei suoi spot preferiva rappresentare la famiglia naturale.

Ora a finire nel tritacarne è stato Alberto Contri, presidente di della Fondazione Pubblicità Progresso e Docente di Comunicazione sociale presso l’Università di Comunicazione e Lingue di Milano (Iulm), già Consigliere della Rai e della European Association of Advertising Agencies; presidente e DG di Lombardia Film Commission.

Il guru della comunicazione italiana è stato accusato di omofobia e giudicato indegno  dei ruoli che ricopre, per il solo motivo di aver commentato un post di Facebook del noto pubblicitario Paolo Iabichino, che il 2 giugno stigmatizzava così l'intervento del Ministro Fontana sulla famiglia: "Buona festa della Repubblica. L'ultima".

Lo stesso Contri ripercorre quanto accaduto tramite un articolo pubblicato dall’Huffingtonpost, in cui scrive:

“Dopo aver sostenuto che secondo molta letteratura scientifica i bambini per crescere bene necessitano di una figura materna e di una paterna, ho rilevato che nei media italiani mi pare di riscontrare la notevole sovraesposizione di una posizione favorevole alla famiglia omosessuale, che travalica la richiesta di diritti che giustamente sono stati recentemente concessi. Terminando con il pensiero: "Vorrei che qualcuno mi dimostrasse però che la razza umana non si riproduce dall'incontro tra un maschio e una femmina". Apriti cielo. Dopo questo commento, sono partiti insulti, ricostruzioni velenosamente artefatte e false della mia storia professionale condivise purtroppo da Iabichino e altri, minacce, richieste di dimissioni, un "web bombing", un linciaggio in piena regola”.

Dunque, sebbene Contri si dica favorevole ai diritti concessi con l’approvazione delle unioni civili viene comunque linciato poiché ritiene che l’omogenitorialità viola il diritto di ogni bambino di crescere con un padre e una madre.

A sua discolpa Contri ha quindi annunciato che la Fondazione Pubblicità Progresso è impegnata nello studio di una campagna che intende affrontare sei differenti tipi di diversità: di genere, intergenerazionale, diversa abilità, culturale, linguistica e religiosa, di orientamento sessuale. “Peggio che mai - scrive ancora  Contri sull’Huffingtonpost -. Si è cominciato a sostenere che con quello che penserei non sono in grado di garantire un guida indipendente della Fondazione su questi temi, per la quale sto lavorando gratuitamente da 17 anni, e che ho trasformato in un autorevole Centro di Formazione alla Comunicazione Sociale”.

Per dimostrare che l’indipendenza della gestione della Fondazione prescinde dai suoi pareri personali, Contri ricorda inoltre che “nei giorni scorsi proprio dal sito e dai social media gestiti da Pubblicità Progresso sono state rilanciate e promosse una serie di attività sostenute dall'associazione Diversity a favore dei temi LGBTI (l'associazione è partner di uno dei nostri soci)”.

Contri però, tirato per i capelli e insultato, ci è cascato ancora e su Linkedin ha risposto ad uno di questi post che lo attaccavano, evidenziando la rumorosità di una lobby che ottiene spazi sui media in maniera esattamente opposta alla struttura sociale del Paese: “Non mi spiegavo come mai, per esempio, pur essendo il 95,5% le famiglie italiane eterosessuali (dati Istat) nella giuria di Ballando con le Stelle (Servizio Pubblico) ci fosse una sovra-rappresentazione di gay (due su cinque) nella giuria”. Contri ha poi fatto riferimento all’atteggiamento definito “da checca” di alcuni personaggi del programma di Rai 1, per rimarcare la sovraesposizione mediatica di una certa caricatura delle posizioni gay. Il post è stato subito rimosso dallo stesso Contri dopo essersi accorto di essere andato sopra le righe, ma non abbastanza in tempo da evitare che fosse ormai ripreso e diffuso da altri utenti.

Sempre tramite social, Contri si è immediatamente scusato ma ormai era già partita la seconda ondata di aggressioni sempre più forti, l’eco dei quali è arrivata anche ai vertici della Fondazione pubblicità progresso, che ora sono preoccupati di non offrire il fianco ad possibili nuove accuse di omofobia.

Fuori dalla Fondazione in molti chiedono la sua testa e tutti guardano alla prossima riunione del cda di Pubblicità Progresso che si terrà mercoledì 20 giugno. “Al centro dell’agenda ci sarebbe dovuta essere solo la preparazione della campagna sul rispetto delle diversità, ma abbiamo deciso di comune accordo di analizzare prima quanto è successo”, ha fatto sapere Contri in un’intervista su In Terris.

Non sta a noi valutare, né tanto meno difendere, il ruolo svolto da Pubblicità Progresso nei diciassette anni di presidenza Contri. Di sicuro è paradossale che a mettere in discussione l’operato di Contri siano state le sue osservazioni sulla differenza tra un’unione civile e le famiglie naturali aperte alla filiazione. Segno inequivocabile di un clima avvelenato è proprio nel dover motivare cose normalmente considerate ovvie. Infine dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore la democrazia il fatto che l’accusa di omofobia sia diventata la tattica più efficace per evitare di discutere del merito delle questioni trattate.