Burke: «La vera coscienza non sdogana il peccato»
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Presentando il libro "Èschaton", di Cristiano Ceresani, il porporato ha sgomberato gli equivoci derivanti da una falsa idea di coscienza. Essa invece è la voce di Dio nell'anima e guida nella verità di Cristo verso la santità. Anche a prezzo del "martirio bianco" della testimonianza.
Pubblichiamo un estratto dell'intervento pronunciato dal cardinale Raymond Leo Burke lo scorso 13 aprile a Roma, nella Sala del Tempio di Vibia Sabina e Adriano, in occasione della presentazione del libro Èschaton. Gesù di Nazareth e il futuro del mondo di Cristiano Ceresani, edito da Cantagalli.
La coscienza, guida infallibile alla santità di vita
Se vogliamo cercare la santità di vita, vivere sulla terra come veri cittadini del cielo, cioè donare la nostra vita a Cristo, senza alcuna riserva, il nostro cuore deve cercare la sua saggezza e la sua forza nel Suo Cuore glorioso trafitto; la nostra coscienza deve essere addestrata ad ascoltare solo la voce di Dio e a rifiutare ciò che indebolirebbe o comprometterebbe, in qualsiasi modo, la nostra testimonianza della verità in cui Lui solo ci istruisce nella Chiesa. Mediante la preghiera e la devozione quotidiana, la conoscenza dei santi con cui siamo in comunione nella Chiesa, e lo studio dell'insegnamento ufficiale della Chiesa, la nostra coscienza si forma secondo la volontà di Dio, secondo la Sua legge che è vita per noi.
La bontà stessa delle nostre azioni rafforza la nostra coscienza nella sua coerenza con ciò che è vero, bello e buono. È la coscienza, la voce di Dio che parla alle anime, che è, nelle parole del Santo Cardinale John Henry Newman, «l’originario vicario di Cristo». Come tale, la coscienza è sempre in sintonia con Cristo stesso che la istruisce e la informa attraverso il Suo Vicario, il Romano Pontefice, e i Vescovi in comunione con il Romano Pontefice. Il Cardinale Newman osservava che la coscienza «è la messaggera di Colui, il quale, sia nel mondo della natura sia in quello della grazia, ci parla dietro un velo e ci ammaestra e ci governa per mezzo dei suoi rappresentanti».
Oggi dobbiamo prestare attenzione a una falsa nozione di coscienza, che in realtà userebbe la coscienza per giustificare atti peccaminosi, il tradimento del nostro stato di cittadini del cielo in pellegrinaggio terrestre. Nel […] discorso di Natale 2010, Papa Benedetto ha riflettuto a lungo sulla nozione di coscienza negli scritti del cardinale Newman, contrapponendola a una falsa nozione di coscienza, che è pervasiva nella nostra cultura. Egli ha descritto la differenza tra la comprensione della coscienza da parte della Chiesa, fedelmente e brillantemente insegnata dal cardinale Newman, e la popolare contemporanea comprensione, con queste parole:
Nel pensiero moderno, la parola “coscienza” significa che in materia di morale e di religione, la dimensione soggettiva, l'individuo, costituisce l'ultima istanza della decisione. Il mondo viene diviso negli ambiti dell'oggettivo e del soggettivo. All'oggettivo appartengono le cose che si possono calcolare e verificare mediante l'esperimento. La religione e la morale sono sottratte a questi metodi e perciò sono considerate come ambito del soggettivo. Qui non esisterebbero, in ultima analisi, dei criteri oggettivi. L'ultima istanza che qui può decidere sarebbe pertanto solo il soggetto, e con la parola “coscienza” si esprime, appunto, questo: in questo ambito può decidere solo il singolo, l'individuo con le sue intuizioni ed esperienze. La concezione che Newman ha della coscienza è diametralmente opposta. Per lui “coscienza” significa la capacità di verità dell'uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza - religione e morale - una verità, la verità. La coscienza, la capacità dell'uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all'uomo che cerca col cuore aperto.
La coscienza, quindi, non isola ciascuno di noi come arbitro di ciò che è giusto e buono, ma ci unisce nella ricerca dell'unica verità, in definitiva Nostro Signore Gesù Cristo che è l'unico arbitro del giusto e del buono, in modo che i nostri pensieri, parole e azioni mettano in pratica questa verità. Nel suo discorso al Parlamento tedesco del settembre 2011, Papa Benedetto XVI, riferendosi a un testo della Lettera di San Paolo ai Romani riguardante la legge morale naturale e il suo testimone primario, la coscienza, ha dichiarato: «Qui compaiono i due concetti fondamentali di natura e di coscienza, in cui "coscienza" non è altro che il ‘cuore docile’ di Salomone, la ragione aperta al linguaggio dell'essere». Illustrando ulteriormente le fonti del diritto nella natura e nella ragione, facendo riferimento all'interesse popolare per l'ecologia come mezzo per rispettare la natura, osservava:
Vorrei però affrontare con forza un punto che – mi pare – venga trascurato oggi come ieri: esiste anche un'ecologia dell'uomo. Anche l'uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere. L'uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L'uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura, e la sua volontà è giusta quando egli rispetta la natura, la ascolta e quando accetta se stesso per quello che è, e che non si è creato da sé. Proprio così e soltanto così si realizza la vera libertà umana.
Riflettendo sulla cultura europea che si è sviluppata «dall'incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall'incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei greci e il pensiero giuridico di Roma», ha concluso: «Nella consapevolezza della responsabilità dell'uomo davanti a Dio e nel riconoscimento della dignità inviolabile dell'uomo, di ogni uomo, questo incontro ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico». Sebbene la riflessione di Papa Benedetto XVI sia ispirata da una preoccupazione per lo stato del diritto nella cultura europea, le sue conclusioni riguardanti i fondamenti del diritto e, quindi, dell'ordine nella società sono chiaramente di applicazione universale.
Conclusione: Santità di vita e martirio per la fede
La testimonianza della santità di vita è, infatti, il martirio, in una forma o nell'altra. Nelle parole delle Sacre Scritture, è morire a se stesso per vivere per Cristo. È ciò che il Servo di Dio padre John A. Hardon, S.I., ha definito «il fatto palpabile di ogni vero seguace di Cristo». Quando sentiamo la parola “martirio”, tendiamo a pensare esclusivamente a coloro che hanno dato la loro vita per amore fedele di Cristo, che sono stati uccisi a causa dell'odio per Cristo e per la fede cristiana. I martiri "rossi" o martiri del sangue danno la più alta forma di testimonianza e sono i nostri modelli nel testimoniare quotidianamente il nostro amore per Cristo, anche se non ci viene chiesto di versare la nostra linfa vitale, come a loro è stato chiesto di fare, e loro hanno fatto. Siamo tutti chiamati al martirio bianco della testimonianza eroica della fede cattolica. I martiri rossi ci guadagnano anche molte grazie per la nostra vita quotidiana di veri testimoni di Cristo nel mondo. Per dirla con le parole del Servo di Dio Padre Hardon, «per le loro sofferenze siamo tutti più ricchi, come per i loro meriti tutta la Chiesa diventa più santa». L'ostilità e l'indifferenza ancora più diffusa nei confronti delle convinzioni a noi più care ci tentano allo scoraggiamento e persino a evitare la testimonianza più pubblica della nostra fede.
Ma il martirio a cui siamo chiamati e per il quale siamo consacrati e fortificati dai sacramenti del Battesimo e della Confermazione, ci impone di offrire instancabilmente la nostra testimonianza, fiduciosi che Dio porterà il buono e duraturo frutto. Riflettendo a lungo sullo stato critico della cultura cristiana e sulla nostra risposta, in accordo con la chiamata alla santità di vita e al martirio per la fede, per la nostra salvezza e per la salvezza del mondo, riconosciamo che è Cristo stesso che ci rende possibile perseguire la santità, essere veri martiri. Allo stesso tempo, Cristo è sempre con noi, come ha promesso, sostenendoci con la sua grazia, con l'effusione dello Spirito Santo dal suo Cuore trafitto e glorioso nei nostri cuori. Egli ci accompagna nella vita ordinaria di ogni giorno e ci sostiene nella testimonianza fedele e totale, riportandoci con sicurezza al Padre. Cristiano Ceresani, in Èschaton. Gesù di Nazareth e il futuro del mondo, testimonia con forza che, anche nella confusione, nell'errore e nella divisione del nostro tempo – sia nella Chiesa che nel mondo – , Cristo continua ad essere, come Lui stesso ci promette, «la via, la verità e la vita». La Beata Vergine Maria è il nostro modello e la nostra grande intercessore nel dare una testimonianza fedele e generosa a Cristo. È una di noi, condivide pienamente la nostra natura umana, ma, per il favore di Dio, è stata preservata da ogni macchia di peccato fin dal momento del suo concepimento. È stata dal primo momento della sua vita e rimane sempre totalmente per Cristo. Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Veritatis Splendor, ci ricorda l'aiuto insostituibile della nostra Beata Madre nel dare la testimonianza del martirio:
Maria condivide la nostra condizione umana, ma in una totale trasparenza alla grazia di Dio. Non avendo conosciuto il peccato, ella è in grado di compatire ogni debolezza. Comprende l'uomo peccatore e lo ama con amore di Madre. Proprio per questo sta dalla parte della verità e condivide il peso della Chiesa nel richiamare a tutti e sempre le esigenze morali. Per lo stesso motivo non accetta che l'uomo peccatore venga ingannato da chi pretenderebbe di amarlo giustificandone il peccato, perché sa che in tal modo sarebbe reso vano il sacrificio di Cristo, suo Figlio. Nessuna assoluzione, offerta da compiacenti dottrine anche filosofiche o teologiche, può rendere l'uomo veramente felice: solo la croce e la gloria di Cristo risorto possono donare pace alla sua coscienza e salvezza alla sua vita.
La Beata Vergine Maria interceda per noi, affinché siamo sempre veri e fedeli testimoni di Cristo vivo in ognuno di noi e in tutta la Chiesa. Rivolgiamoci a lei nella preghiera, affinché ci porti a suo Figlio con il suo consiglio materno, dato per la prima volta ai servitori del vino alle nozze di Cana: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Che Egli trasformi la nostra vita e il nostro mondo. Così ci confermi nella nostra vocazione e missione di essere cittadini del cielo, pur abitando sulla terra, cioè di custodire e promuovere una cultura cristiana nelle nostre case, nelle nostre comunità, nella nostra nazione, e in tutto il mondo.
* Cardinale e già prefetto della Segnatura Apostolica