Buono scuola, piccoli passi verso una libertà di scelta
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Il Buono scuola per le paritarie inserito in Manovra dal Governo è un segnale importante verso l'affermazione della libertà di scelta educativa, ma le cifre sono ancora basse e resta il grande nodo dell'omologazione delle paritarie.
- Liti fra Lega e governo sulla manovra di Ruben Razzante
Notizie positive per la libertà di scelta educativa. E anche per la nostra Costituzione, tante volte bistrattata e manipolata, che invece la prevede e la sostiene (art. 30), in barba ai soliti che si stracciano le vesti ogni qual volta viene messo in discussione il monopolio dello Stato in campo educativo.
Nella manovra economica del governo, grazie ad un emendamento ad hoc presentato da Noi Moderati, a prima firma della senatrice Maria Stella Gelmini, è previsto un bonus – una sorta di “Buono Scuola”- per chi sceglie di fare frequentare ai propri figli una scuola paritaria.
La notizia è rimbalzata su social e giornali, presentata dai proponenti come una vittoria storica e, viceversa, commentata dagli avversari politici come un danno irreparabile per lo Stato e per la giustizia sociale. Tenuto conto che le inevitabili schermaglie politiche alzano polveroni esagerati, creando confusione sul piano della comprensione a riguardo della effettiva portata del provvedimento, occorre fare qualche precisazione per inquadrare meglio di cosa si tratta.
Innanzitutto, occorre chiarire che il bonus non sarà per tutti, poiché ci sarà un limite di reddito. La manovra prevede infatti per il 2026 un voucher fino a 1.500 euro, ma ne potranno beneficiare solo i nuclei con Isee non superiore a euro 30mila. L'importo effettivo, poi, non sarà uguale per tutti, ma inversamente proporzionale al reddito. Altro aspetto da tenere presente è che il voucher andrà a favore esclusivamente degli studenti di scuola secondaria di I grado o del primo biennio di una scuola paritaria di II grado. Vale a dire le medie e il primo biennio delle superiori.
Per questa operazione è stato stanziato complessivamente un fondo pari a 20 milioni di euro per il 2026, che non è certamente una gran cifra. Secondo la banca dati del ministero del Merito, aggiornata al 31 agosto 2024, gli alunni che frequentano un istituto paritario in Italia sono complessivamente 771.909, ma tolti quelli dell’infanzia e della primaria, ne restano solo 193.944. A questi, andranno poi sottratti tutti quelli che frequentano l’ultimo triennio delle scuole superiori, pertanto possiamo presumere che ne rimarranno circa 150mila. Di questi, quanti potranno beneficiare del “buono scuola”? Se a parità di reddito ne avessero tutti diritto (cosa non verosimile), entrerebbero nelle tasche delle famiglie circa 133 euro a testa; mentre –viceversa - solo circa 13.300 famiglie (meno del 9%), potrebbero beneficiare dell’intero bonus da 1500 euro. Quelle stesse famiglie che fanno enormi sacrifici per far frequentare ai propri figli scuole paritarie alla loro portata, cioè con rette medio-basse.
Si tratta di stime molto generali, non avendo la possibilità entrare nel merito degli scaglioni di reddito, tuttavia aiutano a rendere l’idea dello scenario complessivo entro cui ci muoviamo. Inoltre, mostrano più chiaramente che la questione non ha proprio niente a che vedere con la solita stantia narrazione di chi parla di soldi dati alle scuole dei ricchi.
Considerato che la retta media mensile di frequenza di una scuola paritaria di primo o secondo grado si aggira intorno ai 400 euro, si comprende facilmente, infatti, che il “buono scuola” andrà a coprire, nella migliore delle ipotesi, la metà della spesa totale della famiglia: tanto, considerato il nulla attuale; ancora poco, per una effettiva parità economica e per una serena libertà di scelta educativa.
Occorre anche tenere presente che le modalità di attuazione concreta della norma dovranno essere decise da un decreto "a due mani", frutto della collaborazione tra ministero del Merito con quello dell'Economia e che si dovrà anche tenere conto delle somme riconosciute per lo stesso scopo dalle Regioni, sperando che non subentrino complicazioni e opposizioni ideologiche…
A conti fatti, dunque, resta un po’ l’impressione che la montagna abbia partorito un topolino.
Indubbiamente, vale tantissimo l’affermazione di principio per cui in una legge di Bilancio dello Stato viene riconosciuto concretamente il principio della libertà di scelta delle famiglie, a cui la nostra Costituzione riconosce il diritto e il dovere dell’educazione dei figli, e viene tracciata una direzione da seguire con fermezza per il futuro; tuttavia, siamo ancora lontani da quel “coronamento di una battaglia di libertà portata avanti da tutti i partiti di centrodestra da 30 anni a questa parte” di cui parla il Ministro Valditara.
E’ doveroso sottolineare che è a favore della libertà di scelta educativa anche il secondo provvedimento introdotto dall'articolo 134-bis della legge di Bilancio, con cui viene definitivamente chiarito che gli istituti non statali, che non svolgono attività commerciale, non sono tenuti al versamento dell'Imu. Questa tassa, iniquamente addossata a enti no profit, andava infatti a ricadere sulle rette richieste alle famiglie dalle scuole, accentuando una inevitabile selezione fra chi può permettersele e chi no.
La disposizione riconosce che le attività didattiche svolte dalle scuole paritarie sono da considerarsi attività non commerciali, come richiesto dalla Legge 62/2000, quando il corrispettivo medio percepito è inferiore al Costo medio per studente definito annualmente dal ministero dell'Istruzione e del Merito: nel 2025 6.769,93 euro per le scuole medie e 7.532,96 per le superiori. Niente scuole di elite, insomma, solo enti non commerciali che lavorano, in mezzo a un mare di difficoltà, per il bene delle famiglie e del loro diritto primario a educare e istruire i figli.
Siamo di fronte, in definitiva, a dei piccoli ma importanti passi per sostenere lo sforzo fatto, da parte delle famiglie meno abbienti, per esercitare il diritto di scelta educativa; per il “coronamento” occorre ancora lavorarci su, impegnando cifre decisamente più importanti e, magari, allargando lo sguardo anche ad altri aspetti. Fra gli altri, occorre restituire alle scuole paritarie quella autonomia che è stata sacrificata sull’altare dei finanziamenti, costringendole a diventare quasi dei piccoli cloni delle statali, a seguire le mode del mondo e a piegarsi ad una mentalità aziendalistica.
A che servirebbe, infatti, un piena e totale libertà di scelta – alla quale ci auguriamo di giungere prima o poi - se le famiglie si trovassero di fronte un sistema di istruzione totalmente omologato?


