Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico
SLOVENIA, UNGHERIA, POLONIA

Bruxelles vuole le teste dei governi cristiani

Nazioni cristiane nel mirino, a Bruxelles esplode la voglia di ghigliottina. Il premier della Slovenia propone di ripristinare gli originari valori dell'Ue e preservare le autonomie nazionali? Subito partono le accuse di autoritarismo. L'Ungheria di Orban e la Polonia conservatrice sono sotto attacco, la prima, soprattutto, sulla legge anti-pedofilia.

Esteri 08_07_2021 English Español
I leader del "gruppo Visegrad" (Europa centrale) in Polonia

Nazioni cristiane nel mirino, a Bruxelles esplode la voglia di ghigliottina. Il Primo Ministro sloveno, martedì 6 luglio, ha presentato le priorità del Semestre in cui guiderà l’Europa nella mattinata di ieri dicendo «per noi sloveni il ritorno in Europa ha coinciso ritornare ai valori della democrazia e libertà…oggi l'Ue è diversa da quella in cui siamo entrati… dobbiamo tornare ad una visione di lungo periodo, tornando ai valori dei nostri padri fondatori e creando un'Europa in pace con se stessa…i criteri trasparenti e comprensibili per tutti i cittadini dello Stato di Diritto (proteggere diritti umani e libertà di espressione)… la dignità di ciascun individuo da cui scaturiscono i diritti umani fondamentali… dobbiamo capire che se parliamo dello Stato di Diritto sono i sistemi indipendenti nazionali che devono decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato, non le maggioranze politiche, è necessaria l’indipendenza della magistratura e la libertà dei media con la lotta alle ‘fake news’…Tutto ciò verrà discusso il 23 agosto, durante la Conferenza sulla memoria del totalitarismo in Europa».

Socialisti, Liberali, Verdi e Sinistre, i cui partiti fratelli sloveni stanno all’opposizione, non hanno perso l’occasione di accusare il premier Jansa ed il suo governo di voler condizionare la libertà di mass media e magistratura e gli hanno intimato di affrontare e risolvere le questioni e i criteri sullo ‘Stato di Diritto’. Alla Conferenza stampa, seguita al dibattito, il Premier Jansa è tornato sui Valori e lo Stato di Diritto, ricordando che «ci sono valori ben chiari nel Trattato di Lisbona e altrettanto chiari meccanismi di verifica e sanzionamento, da parte di organi indipendenti, per i paesi che violano tali valori». Finalmente chiarezza, e fermezza ma ieri, nei dibattiti al Parlamento sul Consiglio europeo e quello successivo sullo Stato di Diritto in Ungheria e Polonia, hanno mostrato un inquietante livore da parte di Commissione, Presidenza del Consiglio e Parlamento. Nel primo dibattito, invece di presentare decisioni e valutazioni della riunione del Consiglio su immigrazione, Russia, Turchia, mercato unico, sia la Von der Leyen, sia Michel hanno sfruttato la tribuna per attaccare, senza alcun rispetto istituzionale, l’Ungheria di Orban sulla legge antipedofillia. Socialisti, Liberali, Sinistre e Verdi tutti d’accordo, i Popolari hanno parlato dei rapporti con la Russia, solo i Gruppi di Identitari e dei Conservatori hanno denunciato la vergogna di un dibattito sul Consiglio che parlava invece solo della legge anti-pedofilia ungherese.

Nel prosieguo della giornata, il successivo dibattito sullo ‘Stato di Diritto in Ungheria e Polonia, è stata l’ennesima tribuna per la Commissaria Vera Jurova di mostrare l’odio contro i due paesi: ‘stiamo valutando, ma non esiteremo ad intervenire’. E’ falso ciò che la Commissione ha affermato per tutta la giornata di ieri: la violazione dell’articolo 21 della Carta di Nizza non esiste. Nell’intera Carta e in questo articolo la ‘non discriminazione’ è relativa solo a:“…sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali”. Tendenze sessuali son ben diverse dalle dottrine sull‘identità di genere e l’orientamento sessuale’ affermate dalla Commissione EU.

In questi ultimi giorni Orban e l’Ungheria, oltre alla furia istituzionale di Bruxelles, sono stati sottoposti anche ad attacchi di mass media e del Consiglio di Europa. Lunedì 5, sulle pagine di molti quotidiani europei, si pubblicavano stralci dell’ultimo rapporto dei Giornalisti Senza Frontiere, che mettono Orban, insieme a capi di Stato con cui l’intera Europa fa affari da decenni, tra i ‘predatori’ della libertà di stampa. Peccato che i registi dell'operazione siano chiarissimi, tra i finanziatori dell'organizzazione ci sono la Agenzia Svedese per l’estero (SIDA), il Ministero degli Affari Esteri e molte agenzie culturali del Governo francese, il Dipartimento per lo Sviluppo estero inglese, la Fondazione Ford e la Fondazione Open Society di George Soros che sostiene l’organizzazione dei giornalisti con centinaia di migliaia di euro all’anno. Svelato l’arcano dal Ministro della Giustizia ungherese Judit Varga, il martedì 6 luglio la stampa ungherese ha dato notizia della ‘Opinione’ della Commissione di Venezia (Organismo internazionale del CoE che garantisce agli Stati un ‘sostegno costituzionale’)  sulle riforme costituzionali approvate nel dicembre scorso, la più parte relativa alla ‘famiglia, matrimonio, genitori maschi e femmine e alla sessualità biologica delle persone’. Il testo della ‘Opinione’ approvata lo scorso 2 e 3 luglio, pur riconoscendo la competenza nazionale nei temi di famiglia, educazione, tutela della infanzia, critica il fatto che non ci siano state consultazioni pubbliche, coinvolgimento delle opposizioni e mette in guardia sulle possibili violazioni della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Il complotto è svelato: se infatti fossero contrarie alla Carta europea le definizioni costituzionali su genitorialità, sesso biologico etc., si aprirebbe più facilmente la strada per le sanzioni europee contro l’Ungheria per violazioni dei valori e della non discriminazione.

In Polonia, il ritorno di Donald Tusk alla guida del Partito di Piattaforma Civica nello scorso weekend, già anticipava le minacce intollerabili ascoltate nei giorni scorsi a Bruxelles. Tusk, ex premier polacco ed ex Presidente del Consiglio Europeo, dapprima ha sbraitato contro i firmatari della ‘Dichiarazione per il Futuro dell’Europa’ (definendo il testo come un grande regalo a Putin) e nei confronti del partito PiS al Governo in Polonia (definendolo ‘il male del paese’). Poi, il 6 luglio Tusk ha implorato un patto di ‘non aggressione’ tra tutte le forze di opposizione, dal partito LGBTI alla sinistra estrema, chiedendo una solo grande alleanza di odio verso il partito di Governo PiS e i fratelli Kaczyński.

Gli attuali rappresentanti istituzionali europei, così come quelli del recente passato, odiano governi, popoli e culture cristiane che si oppongono alla dottrina unica LGBTI e sono animati da una furia cieca mai vista prima. Pretendono sacrifici col sangue polacco, ungherese, sloveno… le compiaciute notizie apparse su  Repubblica ed El Pais sono il fremito di coloro che aspettano il cesto del boia con le teste tagliate.