“Bruceremo le chiese”: cresce l’odio per i cristiani
Chiese vandalizzate, presepi distrutti, cimiteri profanati, statue della Madonna rubate o sfregiate. Solo stando alle notizie di stampa sono circa sessanta episodi di cristianofobia: venti di questi avvenuti negli ultimi tre anni, con una escalation allarmante. Colpa anche della politica e dei media.
«Bruceremo le chiese». È l’inquietante scritta comparsa nella notte tra sabato 1 e domenica 2 febbraio sulla parete esterna della chiesa di san Pietro, in pieno centro storico a Trento, tra la piazzetta del Conservatorio e, appunto, via san Pietro. Un fatto molto grave, a fronte del quale l’indignazione cittadina si è levata con Alberto Pattini, consigliere comunale del Patt, che ha annunciato sui social di aver presentato una segnalazione alla Questura, con conseguente indagine contro ignoti. Anche Devid Moranduzzo, consigliere provinciale della Lega, è intervenuto sulla vicenda augurandosi che il responsabile dell’imbrattamento venga individuato: «La telecamera installata a pochi metri dalla chiesa di San Pietro ha ripreso tutto: aspettiamo nome, cognome e foto di chi ha fatto quella scritta».
Tutto bene, quindi? Non proprio. Infatti, quella minaccia - «bruceremo le chiese» - è solo l’ultima di una serie. Per la chiesa di San Pietro, finita nel mirino già in passato, ma pure per la città di Trento e per il Trentino tutto che, a dispetto delle sue piccole dimensioni (540.000 abitanti), ha negli ultimi anni assistito a decine e decine di episodi simili. I primi ad esserne consapevoli sono gli abitanti di Trento che, già nell’aprile 2018, avviarono una petizione perché esasperati dall’attacco ai simboli sacri della città; furono raccolte oltre 500 firme. In pochi minuti. Ciò nonostante, a Trento gli atti anticristiani non fanno ormai quasi più notizia. Basti pensare a quanto accaduto poche settimane fa, nel dicembre 2019, quando è stata rubata la statua di Gesù Bambino a Santa Maria Maggiore, la chiesa che ospitò il Concilio. Un furto analogo a quello accaduto nel dicembre 2017 in piazza Duomo, quando dal presepe fu rubato il Bambinello in legno realizzato da alcuni artigiani locali. Tornando a Santa Maria Maggiore, non si può poi dimenticare quanto accaduto nel luglio 2016, quando dei vandali sfregiarono una statua della Madonna.
Nel settembre 2015, era invece balzata alle cronache locali la denuncia dell’avvocato Paolo Frizzi, il quale segnalò come nel cimitero monumentale di Trento alcuni avessero preso, indisturbati, a defecare tra le lapidi. Un episodio che fece scalpore, qualche anno prima – precisamente nell’aprile 2006 – fu quanto accadde, sempre nella città capoluogo, nella chiesa di san Giuseppe, dove qualcuno si introdusse e orinò sull’altare. E potremmo continuare a lungo elencando casi di chiese vandalizzate, presepi distrutti, cimiteri profanati, statue della Madonna rubate o sfregiate. Tutte testimonianze di un odio che, inevitabilmente, rischia di sfociare contro i cristiani stessi. Anzi, è già sfociato: nel luglio 2018, dei manifestanti pro vita che recitavano il Rosario davanti all’ospedale di Rovereto sono stati aggrediti e minacciati da un gruppo di anarchici; un episodio che non si è più ripetuto solo grazie all’intervento delle forze dell’ordine; nell’ottobre 2014, a seguito di un’aggressione, un sacerdote trentino reo di manifestare con le Sentinelle in piedi è invece finito addirittura al Pronto soccorso.
Ciò nonostante, non esiste ad oggi un osservatorio che possa offrire statistiche precise. Tuttavia, solo stando alle notizie di stampa possiamo affermare che si sono verificati – dal 2004 ad oggi – circa 60 episodi di cristianofobia: venti di questi sono avvenuti solamente negli ultimi tre anni, con una escalation allarmante. Come mai si fatica a parlare di questa situazione? Salvo poche eccezioni, il mondo cattolico locale è il primo a minimizzare in nome del politicamente corretto, ma ci son chiare responsabilità politiche e mediatiche. Le responsabilità politiche sono quelle di un centrosinistra che, pur governando la città di Trento da molti anni – anche se a maggio, con le elezioni, le cose potrebbero cambiare -, non si è mai preso a cuore il problema della cristianofobia, chiudendo un occhio e a volte anche due su quelle che si son evidentemente ritenute «ragazzate».
Le responsabilità mediatiche sono invece quelle di un giornalismo che per decenni ha sì raccontato questi episodi, senza però mai preoccuparsi di collegarli. Se lo si fosse fatto, oggi si saprebbe che quella spaventosa scritta apparsa l’altra notte - «bruceremo le chiese» - non è affatto solo un imbrattamento o una ragazzata. No, è la testimonianza di un odio che cresce grazie a una formidabile alleata. L’indifferenza.