Bosnia, le presidenziali riaccendono la tensione
Le elezioni presidenziali della Bosnia si sono concluse con la vittoria di un nazionalista serbo nella parte serba, di un nazionalista bosgnacco nella parte musulmana e di un altro candidato appoggiato dai musulmani nella parte croata. I croati sono senza rappresentanza e ciò spezza il fragile equilibrio.
Domenica 7 ottobre poco più di tre milioni di cittadini della Bosnia-Erzegovina si sono recati alle urne per eleggere i tre Presidenti membri della Presidenza dello Stato – uno per ciascuna delle tre etnie principali, quella bosgnacco-musulmana, quella serba e quella croata -, i deputati del parlamento nazionale e di quelli delle due entità che compongono questo Stato, la Federazione di Bosnia-Erzegovina e la Repubblica Serba (Republika Srpska), gli amministratori delle unità amministrative locali della Federazione, che i croati chiamano contee e i bosgnacchi cantoni, nonché il Presidente della Republika Srpska.
L’attenzione dell’opinione pubblica, interna e internazionale, era tuttavia rivolta quasi esclusivamente all’elezione dei tre membri della Presidenza. Come previsto, tra i serbi è stato eletto con il 55% dei voti Milorad Dodik, fino a oggi Presidente della Republika Srpska e fautore, talvolta con toni fortemente violenti, della secessione dell’entità serba dalla Bosnia-Erzegovina e la sua annessione alla Serbia. Tra i musulmani ha prevalso il candidato dell’SDA (Stranka Demokratske Akcije – Partito di azione democratica) cui aderisce la maggioranza dei musulmani Šerif Džaferovic che ha ottenuto il 37,17% dei voti, circa quattro punti percentuali in più del socialdemocratico Denis Becirovic. L’elezione tra i croati di Željko Komšic ai danni di Dragan Čovic, dell’HDZ BIH, rappresentante croato nella Presidenza negli ultimi quattro anni e appoggiato anche dalle autorità politiche della Repubblica di Croazia, ha suscitato pesanti polemiche, poiché egli non è stato eletto dal voto dei croati, bensì da quello dei musulmani, attuando uno stratagemma permesso dalla legge elettorale e organizzato dalla dirigenza dell’SDA, dimostratosi vincente già nel 2006 e nel 2010, quello cioè di spostare una parte dei voti dei propri simpatizzanti su questo rappresentante croato liberale, ateo e su posizioni unitaristiche e anti-croate, le medesime posizioni politiche, appunto, dell’SDA.
Ad esempio, a Čitluk e Ljubuški, comuni dell’Erzegovina nei quali è diviso il territorio della parrocchia di Medjugorje, il rappresentante croato “vero”, appunto Čovic, ha ottenuto rispettivamente l’83,98% e l’81,43% dei voti, mentre Komšic ha ottenuto in queste due cittadine lo 0,54% e l’1,34%. Se consideriamo che Diana Zelenika, l’altra rappresentante croata dell’HDZ 1990, partito staccatosi anni addietro dell’HDZ BIH, e che rappresenta posizioni molto più duramente anti-bosniache, ha ottenuto rispettivamente il 14,35% e il 15% dei voti, si comprende come in queste cittadine, abitate quasi esclusivamente da croati, i rappresentanti delle due frazioni dell’HDZ abbiano ottenuto quasi il 100% dei voti. In un’altra località dell’Erzegovina abitata quasi esclusivamente da croati, Posušje, Čovic ha ottenuto l’82,32% dei voti, la Zelenika il 15,40%, e Komšic un misero 0,81%. Nella Bosnia centrale a maggioranza croata, dove tuttavia c’è già una maggiore presenza musulmana, le proporzioni non sono così nette ma rispecchiano la medesima tendenza. A Livno, Čovic ha ottenuto il 53,04% dei voti, la Zelenika il 28,14%, mentre Komšic, staccatissimo, ha ricevuto il 6,46% dei voti.
Questa alchimia politica appare ancora più chiara nelle aree della Bosnia a stragrande maggioranza musulmana. A Bihac, ad esempio, Komšic ha ottenuto il 28% dei voti, staccando perfino il candidato ufficiale dell'SDA Džaferovic di circa sette punti percentuali (Čovic ha ottenuto solamente il 2,74%). Ancora più netta la vittoria di Komšic nel collegio elettorale di Sarajevo centro (dove vi sono pochissimi croati), dove il vantaggio su Džaferovic è stato di quasi il 20% (32,86% rispetto al 13,54% del candidato dell'SDA), mentre Čovic ha ottenuto solamente il 2%. Alla fine, considerando i dati a livello nazionale, Komšic ha staccato Čovic di quasi il 15%, ottenendo, nel computo complessivo dei voti, perfino più preferenze del candidato bosgnacco espresso dall’SDA.
Al di là quindi della sua registrazione all’anagrafe, Komšic non è il rappresentante nella Presidenza dei croati, e quindi il popolo croato, pomposamente definito dagli accordi di pace di Dayton del 1994 «popolo costitutivo della Bosnia-Erzegovina» insieme a quello bosgnacco e a quello serbo, non è rappresentato nella Presidenza. La doppia vittoria del partito musulmano è tuttavia una vittoria di Pirro, e rischia di incendiare non solamente la Bosnia-Erzegovina, bensì l’intero scacchiere balcanico. Un editoriale apparso lunedì sul portale croato dell’Erzegovina brotnjo.info, ha un titolo assai eloquente: “I bosgnacchi hanno eletto due membri della Presidenza della Bosnia-Erzegovina, i croati neppure uno” (vedi qui). Brotnjo.info afferma che in questo modo i bosgnacchi «hanno inviato un chiaro messaggio di ciò che esattamente vogliono, vale a dire sopraffare il popolo meno numeroso in Bosnia-Erzegovina». Con questo atto, «invece di favorire integrazione e progresso, essi hanno trascinato la Bosnia-Erzegovina nella più grave crisi del dopoguerra». Conclude l’editoriale di brotnjo.info: «C’è tuttavia una cosa per la quale possiamo essere grati per questo loro folle gesto: quello di averci uniti come lo eravamo nel 1991».
La stragrande maggioranza dei croati di Bosnia-Erzegovina non ha mai nascosto l’amore per la propria madrepatria croata e la scarsa simpatia per l’entità statale nella quale vivono, tuttavia, la presenza di un “vero” croato nella massima istituzione dello Stato ha fatto in modo che i croati attuassero, per la verità con scarso successo, la loro politica di difesa dei loro interessi quale popolo costitutivo della Bosnia-Erzegovina in modo legale, e con toni tutto sommato moderati. Tutto il contrario del serbo Dodik, oggi diventato uno dei membri della Presidenza, il quale ha sempre apertamente manifestato in modo sguaiato, grossolano e volgare il proprio disprezzo per le istituzioni, politiche e giudiziarie, della Bosnia-Erzegovina, e la sua volontà di portare un giorno la Republika Srpska, quando le condizioni internazionali lo permetteranno, a riunirsi alla madrepatria serba.
Proprio il «folle gesto», come è stato chiamato dal portale croato, di fare eleggere come rappresentante croato nella Presidenza una marionetta dei musulmani, esacerberà gli animi e porterà a un conflitto sempre più aperto tra le istituzioni locali in mano ai croati nelle zone dove essi sono in maggioranza e il potere centrale nel quale essi non sono rappresentati. C’è chi afferma che la condizione dei croati nella Bosnia-Erzegovina di oggi ricorda quella degli albanesi nel Kosovo alla fine degli anni Ottanta, e fu proprio dopo gli incidenti tra serbi e albanesi in Kosovo, nel 1988, che iniziò l’ascesa politica di Slobodan Miloševic e la dissoluzione della Jugoslavia. Del resto, quando brotnjo.info parla del ricrearsi dell’unità dei croati del 1991, si riferisce esplicitamente alla lotta per l’indipendenza che con la durissima risposta del regime serbo-montenegrino provocò l’inizio della guerra degli anni novanta.
Ormai anche a livello internazionale si parla apertamente del pericolo di un nuovo riesplodere della guerra nei Balcani, e la Bosnia-Erzegovina, insieme al Kosovo, è il focolaio che desta maggiore timore. Del resto, solo poche ore dalla sua elezione Komšic ha già mostrato i muscoli verso la Croazia, annunciando che la Bosnia-Erzegovina le farà causa presso il Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo a causa della costruzione, avviata alcuni mesi fa, del Ponte di Sabbioncello, un ponte stradale che unisce la costa croata attraverso la penisola di Sabbioncello, evitando agli automobilisti che si recano all’estremo sud del Paese di dovere passare per la Bosnia-Erzegovina che per circa sei kilometri si affaccia sulla costa dalmata. Questo ponte, afferma Komšic, lederebbe il diritto della Bosnia-Erzegovina di libero accesso alle acque internazionali del Mare Adriatico. Tale causa è a dir poco disperata – per il ponte di Sabbioncello la Croazia ha ricevuto il semaforo verde politico dall’Unione Europea, la quale è perfino co-finanziatrice del progetto. Se aggiungiamo tuttavia un’altra causa per riparazioni di guerra contro la Croazia della quale Komšic e i suoi alleati bosgnacco-musulmani hanno già parlato nel corso di quest’ultima campagna elettorale, appare chiaro come i nuovi vertici della Bosnia-Erzegovina, forti dell’appoggio politico e diplomatico della Turchia, abbiano intenzione di passare alla resa dei conti con i croati, sia all’interno dei propri confini sia al di fuori di essi.
Con Komšic, Džaferovic e Dodik, tre piromani sono stati scelti a gestire la santabarbara chiamata Bosnia-Erzegovina. Nei Balcani e in tutta l'Europa meridionale non si possono certo dormire sonni tranquilli.