Bombardata in Myanmar la chiesa di San Michele
L’edificio che sorge a Mon Hla, villaggio natale dell’arcivescovo di Yangon, il cardinale Bo, è stato gravemente danneggiato
L’esercito governativo del Myanmar ha bombardato a fine ottobre il villaggio di Mon Hla, nella regione di Sagaing. Anche la chiesa del villaggio dedicata a san Michele è stata colpita. L’intero lato destro è andato distrutto. Il campanile e la navata hanno riportato dei gravi danni. Mon Hla è il villaggio natale del cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo dell’ex capitale Yangon, dove in quel momento si trovava. La notizia è stata diffusa da Radio Free Asia il 31 ottobre. San Michele è solo uno dei tanti edifici religiosi distrutti dall’esercito da quando nel 2021 è iniziata la guerra tra il governo golpista e i gruppi popolari ribelli. I militari prendono spesso di mira i luoghi di culto cristiani e musulmani, ne hanno distrutti centinaia, nel caso di quelli cristiani spesso sostenendo di averlo fatto perchè davano rifugio ai ribelli. Invano il cardinale Bo ha più volte chiesto alla giunta militare che i luoghi di culto venissero risparmiati. Circa un terzo degli abitanti di Mon Hla sono cattolici romani: un numero insolitamente elevato perché il Myanmar è prevalentemente buddista. Per fortuna non si sono registrate vittime anche perché gli abitanti del villaggio quando vedono arrivare i droni fuggono dalle loro case e non tornano finché i bombardamenti non sono finiti. Nei giorni precedenti tuttavia, in occasione di altri attacchi da parte dei militari governativi, 13 persone erano rimaste ferite. Diversi villaggi vicini sono stati oggetto di rappresaglie in seguito a un attacco dei ribelli, il 30 settembre, a una colonna militari durante il quale 33 soldati sono stati uccisi. Si stima che a ottobre siano state date alle fiamme circa 400 abitazioni in dieci villaggi e che almeno 24 civili siano stati uccisi. Violenze contro i religiosi e la devastazione o il sequestro di strutture religiose stanno segnando profondamente le comunità cristiane, alcune disperse, in fuga, altre private di guide spirituali e luoghi di culto. È ormai trascorso un anno da quando il vescovo della diocesi di Loikaw, monsignor Celso Ba Shwe, dieci sacerdoti, 16 religiosi e diversi dipendenti, in tutto 82 persone, sono stati costretti a lasciare la struttura il giorno successivo e sono tuttora sfollati.