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Bolzano, la Vergine del latte e la "porta del vino"

Un episodio miracoloso è all’origine della fondazione del Duomo di Bolzano. La leggenda vuole che un carrettiere si fosse fermato sulle rive di una palude trovandovi una statua della Vergine che allatta il Bambino. Ma il Duomo riserva un'altra sorpresa: sul lato settentrionale del coro ecco la porticina del vino

Ecclesia 26_07_2014
L'interno del Duomo di Bolzano

Un episodio miracoloso è all’origine della fondazione del Duomo di Bolzano. La leggenda, tramandata dalle cronache locali, vuole che un carrettiere, avendo sentito un’invocazione di aiuto, si fosse fermato sulle rive di una palude trovandovi una statua della Vergine che allatta il Bambino. Su quel luogo fu eretto un primitivo tempio, dapprima intitolato alla Madonna della Palude, mentre il piccolo simulacro marmoreo è ancora oggi conservato nella cappella dell’abside di quella che poi divenne la Cattedrale della città, dedicata a S. Maria Assunta.

Di preesistenti edifici in loco sono ancora visibili diverse tracce. Di una chiesa risalente addirittura al IV secolo sono state rinvenute le fondamenta mentre di epoca carolingia restano un muro e alcuni frammenti di decorazione parietale. Ad una costruzione romanica fanno riferimento le finestre ad arco a tutto sesto della facciata rivisitata, come tutto il complesso, in chiave gotica tra il XIV, il XV e il XVI secolo.  Gotica è, infatti, la cosiddetta “porticina del vino” sul lato settentrionale del coro. Essa deve il suo nome al particolare privilegio concesso nel 1387 che consentiva, in esclusiva, proprio qui, la vendita del vino, una delle principali risorse economiche di quei tempi. Il repertorio iconografico è variegato: al gruppo dell’Annunciazione, della Madonna con Bambino e del Cristo che mostra la ferita nel costato, si aggiungono, nell’intradosso dell’arco, motivi profani. Sotto tralci di vite compaiono, infatti, le due piccole figure del vignaiolo e di sua moglie, entrambe rese con profondo realismo. 

Sul muro esterno del campanile, edificato su pianta quadrata  nel 1100 e completato nel 1517 dallo svevo Hans von Schussenried, che aprì la torre con finestre ogivali , dotandola di archi rampanti, sono presenti due affreschi, raffiguranti rispettivamente una Crocifissione e la caduta di un uomo colpito da una campana. Un’iscrizione ci rivela il suo nome, Ulrico, e la data di esecuzione dell’affresco dipinto nel 1400 da un maestro di formazione veronese. La bisaccia, il bastone e, soprattutto, la conchiglia di Saint Jacques sul caratteristico cappello ce lo presentano come un pellegrino sulla via di Santiago di Compostela, assai battuta dai fedeli medievali. 

La semplicità della facciata a capanna, su cui un protiro tardo romanico, sostenuto da leoni stilofori e sormontato da un rosone, costituisce l’ingresso principale della Cattedrale, dà risalto al particolare rivestimento dell’edificio, in marco rosso della Val Gardena e giallo della Bassa Atesina. Altrettanto singolare è il tetto, su cui giocano il verde e il giallo delle maioliche. L’interno, uno dei primi esempi di struttura a sala per cui la navata centrale ha pari altezza rispetto alle due laterali, è protetto da volte a crociera, sorrette da archi e pilastri, e si sviluppa in un profondo deambulatorio. Il pulpito, in pietra arenaria, è opera dello stesso artefice del campanile e riporta nei suoi pannelli le immagini dei Padri della Chiesa, dotati ciascuno del proprio attributo. Le maestranze sveve che contribuirono all’erezione del Duomo lasciarono un’impronta personale in ogni singola pietra, segnata una a una con un particolare simbolo quasi a volere dire che la costruzione di una cattedrale è opera di tutti.