Boeri contro Renzi, scontro nella sinistra chic
Fra Matteo Renzi e Tito Boeri, lo scontro sulla riforma delle pensioni è diventato palese. Il presidente dell'Inps non è l'ennesimo anonimo burocrate, ma è un professore di fame e di famiglia "nobile". E' il tipico esponente dell'aristocrazia di sinistra, un'élite prima amata e poi odiata dal premier.
Lo scontro evidente, anche se finora non enfatizzato, tra il presidente dell’Inps, Tito Boeri, e il premier Renzi è un episodio tanto significativo quanto del tutto nuovo nella complessa vicenda della crisi politica e morale, prima che economica, che in questi anni il nostro Paese sta attraversando.
Boeri aveva presentato in via riservata un suo piano di riforma delle pensioni, in pratica una vera e propria proposta di legge, al centro della quale c’è l’idea di dare ipso facto una rendita di 500 euro al mese a ogni famiglia in cui vi sia un disoccupato di oltre 55 anni di età attingendo i fondi a ciò necessari da tagli alle pensioni relativamente più alte (ovvero dai 2500 euro netti al mese in su). Renzi ha respinto la proposta. L’altro ieri Boeri l’ha allora messa sul sito dell’Inps rendendola così di pubblico dominio. Da Palazzo Chigi è circolata la notizia secondo cui si sarebbe trattato di una decisione concordata tra Boeri e Renzi per mettersi al riparo dal rischio che il documento giungesse alla stampa per vie traverse innescando polemiche. Si potrebbe anche decidere di crederci, ma non è questa comunque la sostanza della questione.
Per l’entità del suo bilancio e per la quantità di fondi statali, che riceve a copertura del suo gigantesco deficit, l’Inps ha sempre avuto potenzialmente un peso politico rilevantissimo, ben superiore a quello di buona parte degli attuali ministeri. Fino a quando però lo scorso 24 dicembre, alla vigilia di Natale, il governo chiamò Tito Boeri a presiederlo, l’Inps era sempre stato affidato a personalità la cui principale e specifica virtù era quella di essere ciononostante incolori e del tutto “invisibili”. Impresa obiettivamente non facile, tenuto conto dell’entità dell’incarico, ma fino ad allora sempre riuscita. Con la nomina di Boeri il premier Renzi ha invece scelto (o ha dovuto scegliere) di cambiare pagina.
Tito Boeri è un economista di fama, professore all’Università Bocconi, illustre collaboratore de la Repubblica. Un suo fratello è un archistar, almeno alla scala italiana, notabile di buona famiglia del PD uscito sconfitto da quelle primarie per la scelta del candidato sindaco di Milano che vennero invece vinte da Giuliano Pisapia, con il decisivo sostegno di Sinistra Ecologia e Libertà, Sel. Un altro suo fratello, giornalista, fu a lungo direttore di Focus. I tre ragazzi sono figli di un noto neurologo e di un architetto ella pure di fama, che aveva a lungo lavorato con il celebre Marco Zanuso. Beninteso, non c’è motivo di credere che tanto successo non sia stato meritato; anche se forse, a parità di meriti, tre loro compagni di università pur altrettanto intelligenti e di sinistra, ma figli di un’operaio della Breda e di una commessa della Standa, non sarebbero arrivati così lontano. D’altra parte analoghe osservazioni si potrebbero fare riguardo a Giuliano Pisapia, figlio del famoso giurista che fu padre non solo dell’attuale sindaco di Milano e dei suoi fratelli, ma anche del nuovo codice di procedura penale. Sono storie e sono persone ignorando le quali diventa difficile capire la natura profonda della sinistra italiana, del Pci e delle sue diverse ma anche simili eredità. E’ con gente e con ambienti come questi che Renzi sta andando a scontrarsi. E sono scontri rispetto ai quali quelli con Berlusconi e con Salvini sono bruscolini.