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il biopic

Bob Dylan, alla ricerca di un ritratto esaustivo

Esce il biopic su Bob Dylan, che è stato tante cose e anche cristiano. 

Cultura 20_02_2025

Darà il biopic (film-biografia) A Complete Unknown (“Un perfetto sconosciuto”) un ritratto esaustivo dell’anziano (è del 1941) poeta-cantante Bob Dylan? Noi italiani ne ricordiamo l’esibizione quando il Vaticano organizzò un megaconcerto con gli artisti “che piacciono ai giovani”, e c’erano tra gli altri anche lui e Gianni Morandi, entrambi di età non proprio verde.

Robert Zimmerman, Bob, nel 1962 cambiò legalmente il cognome in Dylan, in omaggio al poeta inglese Dylan Thomas, alcolista e morto giovane. Partito come cantore dei diseredati d’America, Bob è diventato così famoso e ricco da poter permettersi di non presenziare al premio Nobel, conferitogli per la Letteratura, preferendo farselo mandare a casa (diversamente da Sartre, che lo rifiutò perché simpatizzante dell’Urss).

Probabilmente i ragazzini italiani nulla sanno di lui né, figurarsi, di Thomas, il loro orizzonte culturale arrivando solo fino al fumetto quasi omonimo. Woody Guthrie e Pete Seeger, suoi ispiratori folk, erano comunisti e furono attenzionati per questo dalla commissione McCarthy, quella che la sinistra internazionale ancora taccia di “caccia alle streghe”, proprio perché le “streghe” negli Usa c’erano davvero. Che il folk americano di quegli anni fosse una questione pesantemente ideologica lo si vide nel 1965, quando Bob si presentò sul palco con una chitarra elettrica. Scoppiò un putiferio: per i fans, dalla “protesta” era passato al “commerciale”, all’aborrito capitalismo.

Anche la sua girlfriend di allora, Suze Rotolo (la si vede sottobraccio con lui in una famosa copertina di Lp), era figlia di attivisti comunisti e radical lei stessa. Dopo un aborto, però, i due si separarono. Subentrò Joan Baez, anche lei del giro. Divenne intimo di Allen Ginsberg, quello di Howl (“L’urlo”): “Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla follia…”. Vi ricorda qualcosa? Sì, l’incipit di Dio è morto del nostro Guccini. E siamo sempre lì. Nasceva il beat, coi suoi beatniks sradicati e il mito del gipsy (“zingaro” che vive nella natura, senza casa, senza lavorare e senza meta), cui subentrarono gli hippies e i loro fiori dappertutto, pure nei cannoni.

Epperò i radical fecero presto a colonizzare tutte le novità e imporre la protesta contro la guerra nel Vietnam, la liberazione sessuale, l’esaltazione degli indigeni, dei negri, degli omosessuali (vedi il film d’epoca L’impossibillità di essere normale, con Elliot Gould e Candice Bergen). Bob andò a cantare alla famosa marcia di Washington organizzata da Martin Luther King. Ed era l’unico bianco che le famigerate Black Panthers considerassero un “fratello”. Nel 1974 c’era anche lui nel megaconcerto a sostegno del comunista cileno Salvador Allende insieme ai soliti Pete Seeger, Arlo Guthrie (figlio di Woody, nel frattempo morto) e Allen Ginsberg.

Nel 1979 la svolta: l’Ellepì Slow Train Coming, con cui annunciava la sua conversione al cristianesimo (dopo una parentesi buddista, filosofia che le sinistre mondiali adottarono per qualche tempo specialmente a Hollywood). Un anno prima l’allora sua girlfriend Mary A. Artes lo aveva convinto a farsi battezzare nella Vineyard Fellowship (“Compagnia della vigna”), una della tante denominazioni evangeliche americane. Divenuto born again (“rinato”), incise ben tre album sull’avvenimento (oltre a Slow Train Coming, Saved e Shot of Love: “arriva un treno lento”, “salvato”, “colpo d’amore”). E partì per quello che chiamò il Gospel Tour (“Tournée evangelica”), durante il quale deluse molti vecchi fans producendosi sul palco in sermoni che invitavano alla conversione. Infine, un docu-film, Trouble no more (“Non più problemi”) celebrò la sua rinascita in Cristo. E dire che è ebreo…