Bioetica, ciò che i laici non capiscono
Parla il filosofo Giovanni Fornero: anche se teoricamente non dovrebbe essere così, esistono due bioetiche, una cattolica e una laica. E il dialogo fra loro è molto difficile. Ma anche molti cattolici non sono in sintonia con il Magistero, anzi a volte parlano un linguaggio antitetico. Ma i documenti della Chiesa andrebbero letti da tutti.
La vita e la morte sono dei fatti. Ma, si sa, i fatti sono oggetto di interpretazioni delle più varie. Come per un incidente stradale: alcuni testimoni lo raccontano fedelmente, aderendo al fatto vero e proprio, ed altri quasi lo stravolgono tanto lo infarciscono di proprie considerazioni personali, così lontane dal vero. Lo stesso accade per la bioetica, che si occupa del vivere e del morire degli uomini. Molte sono le letture critiche che si danno dell’aborto, dell’eutanasia, della fecondazione artificiale, della contraccezione, ma solo alcune sono aderenti al vero ed altre molto meno.
Giovanni Fornero, colto studioso di formazione laica allievo di Nicola Abbagnano, si è dedicato negli ultimi anni a mappare le posizioni in campo sui temi di bioetica. Fornero è infatti noto almeno per due motivi. Primo perché legioni di studenti di ieri, di oggi e sicuramente di domani hanno studiato e studiano sui suoi testi di storia di filosofia. E in secondo luogo per alcuni saggi sulla bioetica: ricordiamo Bioetica cattolica e bioetica laica e Laicità debole e laicità forte. Di recente è stato dato alle stampe Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto (Le Lettere), che completa il trittico.
Uno dei principali pregi di questi lavori è l’analisi sintetica ed insieme assolutamente fedele delle posizioni in campo sui temi attinenti alla bioetica. Fornero, che da attento e onesto studioso non parteggia per nessuna delle squadre in campo, fotografa con nitore e precisione le tesi dei principali contendenti riuscendo ad individuare quei minimi comun denominatori che ci permettono alla fine di costruire due categorie concettuali ben definite. Una prima che fa riferimento alla bioetica cattolica, la quale rimanda a sua volta alle posizioni dottrinali del Magistero. E una seconda di matrice laica che in riferimento alla prima, come il polo negativo con quello negativo, si trova in forte opposizione nei suoi contenuti e principi.
Partiamo da questa dicotomia. Nei suoi libri mette in luce l’esistenza di un paradigma cattolico e uno laico. Che cosa intende per paradigma?
Per "paradigma" – nozione che traggo dal filosofo della scienza Thomas Kuhn e di cui offro una lettura in senso bioetico – intendo non solo un modo complessivo di guardare e interpretare la realtà, ma anche una costellazione di idee teoriche e valoriali ruotanti intorno a talune idee di fondo (che definisco "idee-guida" o “idee-madri”). Idee che, nel caso della bioetica cattolica e della bioetica laica sono constatabilmente diverse. Infatti, la bioetica cattolica crede fermamente in alcuni principi che la bioetica laica nega o misconosce: ad esempio nella sacralità e indisponibilità della vita, nell'esistenza di un progetto di Dio sulla vita, nel primato della verità sulla libertà, nell'esistenza di una legge morale naturale che si incarna in alcune norme etiche assolute ecc. Niente da stupirsi, quindi, che da questi due "paradigmi" derivino conseguenze bioetiche radicalmente differenti: ad esempio il rifiuto o l’accettazione di pratiche come l’aborto e l’eutanasia.
C’è qualcuno, in casa cattolica, che respinge questa distinzione?
Sì. Infatti, vi sono taluni studiosi cattolici – anche autorevoli – che non solo escludono l’esistenza di un contrasto “paradigmatico” fra queste due forme di bioetica, ma che negano persino che si possa discorrere di una bioetica “cattolica” e di una bioetica “laica”. In realtà, contro costoro, argomento che se per bioetica cattolica si intende la bioetica cattolica ufficiale, non ha senso negare la sua esistenza. Infatti, mi sembra inconfutabile: a) che esista un punto di vista cattolico ufficiale sulle questioni bioetiche b) che tale punto di vista sia contenuto nei documenti del Magistero (si pensi alla Evangelium vitae di Giovanni Paolo II). Altrettanto evidente, sul piano storiografico e teorico, mi sembra l’esistenza di quella corrente di idee che va sotto il nome di “bioetica laica”. Su questo modo di vedere le cose – come testimonia il nostro libro – si è ultimamente dichiarato d’accordo anche quello che può essere definito “il maggior bioeticista cattolico”, ossia Elio Sgreccia, il quale, pur affermando che di diritto la distinzione fra bioetica cattolica e bioetica laica non dovrebbe esserci – in quanto la ragione e la legge morale naturale è una sola – di fatto essa esiste e condiziona pesantemente il dibattito.
Spesso si indica nel dialogo lo strumento per superare le differenze. Secondo lei è una strada praticabile?
Sin da Bioetica cattolica e bioetica laica ho affermato che cattolici e laici – in bioetica come in altri settori – non possono fare a meno di dialogare e, se possibile, di pervenire a punti di vista comuni. Tuttavia, a differenza di certa retorica corrente, evidenzio come, sulle questioni di vita e di morte, il dialogo, dal punto di vista teorico, sia constatabilmente difficile. Anche perché, da una parte e dall’altra, non si vuole rinunciare alle proprie convinzioni di base. Questo, com’è noto, è soprattutto il caso di quei cattolici che, in sintonia con il Magistero e in antitesi a ogni forma di compromesso dottrinale, difendono l’esistenza di principi o valori “non negoziabili”.
Da studioso pensa che tutti coloro i quali si professano cattolici e discutono di bioetica siano sempre allineati alla dottrina del Magistero su questi temi?
Da studioso dei paradigmi bioetici, constato come molti intellettuali di matrice cattolica non siano in completa sintonia con le direttive ufficiali. Anzi, riscontro come taluni di essi parlino non solo un linguaggio differente, ma, in certi casi, persino antitetico a quello del Magistero.
Da laico cosa si sentirebbe di consigliare ai cattolici che si interessano di temi legati alla bioetica?Consiglierei di smettere di “far finta” che non esista una posizione cattolica ufficiale sui temi bioetici, ma di partire sempre da essa, anche nel caso che non ci si riconosca appieno in essa. Infatti, il cattolicesimo non è il protestantesimo, in cui manca un Magistero ufficiale. Di conseguenza, ciò che dicono i documenti – a cominciare dalle encicliche papali – non costituisce un optional o un particolare secondario, ma un dato di primaria importanza, soprattutto in un settore decisivo come quello della bioetica.
E cosa si sentirebbe di consigliare a chi non è credente?
Consiglierei di studiare a fondo – e con il dovuto rispetto – i documenti della Chiesa e della bioetica cattolica. Tanto più che essi – facendo appello alla ragione e non solo alla fede – intendono essere “cattolici” nel senso etimologico del termine, ossia portatori di una verità universale.