Bimbi abortiti e fatti a pezzi per vendere gli organi
Bambini abortiti e fatti a pezzi per rivenderne, con tanto di tariffario, gli organi. Lo scandalo sta facendo il giro del mondo: sotto accusa è il colosso abortista, Planned Parenthood, inchiodato da alcuni video in cui appare il direttore dei servizi medici che discute la vendita di organi dei bimbi abortiti.
L’International Planned Parenthood Federation (Ippf) vende organi di bambini abortiti. Questa è l’ultima iniziativa della più grande organizzazione abortista al mondo. L’Ippf, non soddisfatta nell’uccidere i bambini, ha pensato bene di lucrarci pure sopra. Due giornalisti pro-life del Center for Medical Progress si sono finti acquirenti per conto di un’azienda che acquisisce tessuti umani e hanno incontrato la dottoressa Deborah Nucatola, senior director del servizio medico della Ippf, la quale sovraintende al lavoro di tutte le filiali dell’organizzazione.
L’incontro è avvenuto in un ristorante a luglio e, tra un’insalata e un bicchiere di vino, la Nucatola ha spiegato ai due finti acquirenti che il prelievo degli organi avviene ovviamente su feto vivo, altrimenti gli organi si guasterebbero. E sempre ovviamente – aggiungiamo noi – il feto deve essere di età gestazionale adulta perché l’organo deve essere perfettamente sviluppato. Ciò comporta che il bambino non solo verrà ucciso, ma prima di arrivare alla morte verrà orribilmente sezionato senza anestesia per prelevargli gli organi. «Molte persone cercano cuori, fegato e polmoni e molte vogliono anche gli arti inferiori», spiega la Nucatola, «non so cosa possono farne, io credo per i muscoli». Il commercio è così florido che ormai operano su commissione: «per questo motivo», continua la senior director, «i fornitori (i medici abortisti) operano con la guida degli ultrasuoni, così sanno dove mettere il forcipe. (…) Siamo diventati molto bravi a prelevare cuore, polmoni, fegato, perché sapendo questo non schiaccio questa parte, ma schiaccio sotto, oppure schiaccio sopra, e vedo se riesco ad avere tutto, tutto intatto». Un lavoretto fatto coi fiocchi.
Gli organi hanno un loro prezzo che varia dai 30 ai 100 dollari. Testa e cuore sono quelli che valgono di più. Ogni clinica affiliata alla Ippf all’anno può arrivare ad incassare sui 100mila dollari. Le maggiori acquirenti paiono essere la Advanced Bioscience Resources, azienda leader nel mettere a punto vaccini, e la Stem Express, colosso multimilionario che vende sangue, tessuti, cellule ad ospedali, cliniche, centri di ricerca, etc. Il commercio di organi umani è sanzionato dalle norme penali statunitensi, ma a quelli della Ippf, della Stem Express e della Advanced Bioscience Resources poco importa. Così come poco importa che anche il cosiddetto aborto a nascita parziale – uccisione del bambino quando solo una parte di esso è ancora all’interno del corpo della madre – sia sanzionato negli Usa. I centri dell’Ippf praticano l’aborto a nascita parziale quando devono prelevare la testa. Vi risparmiamo i particolari che invece la signora Nucatola ha illustrato a dovere allorché si rimpinzava con soddisfazione al ristorante.
In un altro video i due finti acquirenti incontrano la presidente dell'Ippf, Cecile Richards, e le raccontano di aver parlato con la Nucatola simulando entusiasmo per un prossimo contratto di compravendita di organi fetali. La Richards si mostra soddisfatta e commenta: «Bene! Grande! Lei [la Nucatola] è sorprendente!». Il Center for Medical Progress, che ha inviato i suoi emissari sotto copertura, sta mettendo on line alcuni documentari intitolati “Il mercato nero di parti di bambini di Planned Parenthood” che vogliono appunto raccontare quale sia l’attività parallela a scopo di lucro di questo centro abortista. In uno di questi video viene intervistata una giovane tirocinante a cui, a sua insaputa, viene ordinato di sezionare un bambino abortito ormai morto. La tirocinante sviene lì davanti a quel corpicino da squartare e una responsabile la conforta dicendole che non è la sola a reagire così: «Ci sono persone che non lo superano mai».
In un altro documentario si vede la dottoressa Savita Ginde, vice-presidente e dirigente medico dell’area delle Montagne Rocciose, comprendente le cliniche del Colorado, New Mexico, Wyoming e Nevada. La Ginde sta incontrando un compratore e la dottoressa gli mostra, mentre disseziona un feto di undici settimane, i reni, il tessuto neurale, la spina dorsale, come farebbe un macellaio al banco carni del supermercato. La Ginde ha anche l’accortezza di spiegare che loro preferiscono vendere i singoli pezzi, più che il bambino intero perché così ci fanno più soldi. Come per le auto: meglio smontarle e venderle a pezzi. Ci si guadagna di più. Quelli della Ippf si difendono dicendo che quei soldi sono solo “rimborsi spese” per le pratiche abortive. Anche i media più liberal si sono messi amaramente a ridere.
Il letamaio scoperto da Center for Medical Progress sta producendo alcuni frutti positivi. I repubblicani, grazie anche a questi video, stanno portando avanti con successo un progetto di legge che mira a tagliare i fondi a organizzazioni come l’Ippf. Finanziatori di questa organizzazione come la Coca Cola e la Xerox le hanno girato le spalle. Hacker pro-life hanno messo sotto attacco il sito di Ippf. Il 28 luglio scorso in 50 città statunitensi si sono tenuti altrettanti raduni di protesta per far chiudere l’Ippf. Tutto per rompere quel coniugio tra Morte e Potere economico che in tutto il mondo è una cifra caratteristica dell’aborto procurato.