Biden in Arabia Saudita, la delusione dopo grandi aspettative
Biden, a Riyad, non parla di pace con Israele. Non era quello lo scopo della visita. Il presidente Usa voleva che l'Arabia Saudita aumentasse la produzione petrolifera e partecipasse alla lotta al cambiamento climatico. Archiviata, di fatto, la condanna per l'uccisione del giornalista Khashoggi: delusi anche i difensori dei diritti umani
Il primo ministro israeliano, Yair Lapid, ha definito "storica" la visita in Arabia Saudita del presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden; mentre il presidente dello stato ebraico, Isaac Herzog, ha fatto un ulteriore passo, paragonando il capo della Casa Bianca al biblico Giuseppe, in un ipotetico viaggio di pace da Israele all'Arabia Saudita, dalla Terra d’Israele all'Hejaz, la "Terra santa" dell’islam, sede della Mecca, città di nascita di Maometto, e di Medina, luogo in cui lo stesso Maometto sostiene di aver ricevuto la rivelazione coranica.
Ma il bilancio del viaggio in Arabia Saudita di Biden lascia molti dubbi e perplessità, poiché più sono le attese e le aspettative, maggiore è la delusione. Mentre il presidente Usa partiva dall'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, con destinazione Riyad, il Regno saudita annunciava la liberalizzazione dei cieli per gli aerei con la Stella di Davide. Era questo l'annuncio che il Governo israeliano aspettava. La direttiva araba, però, non menzionava affatto Israele, anche se il primo ministro israeliano Lapid l’ha definita «il primo passo ufficiale nella normalizzazione con l'Arabia Saudita». «Questa apertura dello spazio aereo non ha nulla a che fare con i legami diplomatici con Israele» ha sottolineato, invece, il ministro degli Esteri saudita, il principe Faisal bin Farhan. Quantunque nei messaggi, forse troppo ottimistici, provenienti dai canali ufficiali israeliani – che non dovrebbero sorprendere in tempo di campagna elettorale – era chiaro che la visita di Biden in Arabia Saudita in realtà non riguardava gli israeliani. L'obiettivo principale di questo viaggio in Medio Oriente non era la questione ebraico-palestinese e tanto meno i futuri accordi tra Arabia Saudita e Israele, quanto quello di sollecitare una maggiore produzione estrattiva di petrolio in Arabia Saudita e negli Emirati Arabi Uniti.
Era proprio questo lo scopo del viaggio: ottenere dall'Arabia Saudita un aumento del 50% della produzione di petrolio per favorire l'abbassamento del prezzo. Con la crisi interna agli Stati Uniti e la polemica sul prezzo del carburante, si tratterebbe di un segnale positivo, in un momento in cui i sondaggi sono disastrosi per il Partito Democratico e i Repubblicani stanno facendo da mesi una campagna d’opposizione molto dura contro l'amministrazione Biden.
Oltre all'aumento della produzione di petrolio, l'obiettivo del capo della Casa Bianca era quello di avviare tacitamente un’iniziativa per portare l'Arabia Saudita al tavolo di discussione del cambiamento climatico. L'inviato speciale della Casa Bianca sul clima, John Kerry, ha fatto frequenti viaggi in questi ultimi mesi per coinvolgere i sauditi in questa sfida e lo stesso Biden ha tentato di convincere la famiglia reale ad utilizzare tecnologie in grado di ridurre l'effetto serra. È evidente che i tentativi americani riflettono la volontà di rinsaldare i legami tra Stati Uniti e Arabia Saudita, anche a costo di compromettere l'immagine del presidente sui diritti civili.
E che l'immagine di un presidente difensore dei diritti civili si sia appannata non è un mistero per nessuno. Basti guardare la foto, diffusa su tutti i circuiti internazionali di stampa, che riprende Joe Biden e il principe ereditario, Mohammed bin Salman, che si salutano cordialmente col pugno. «Perché non parlate di qualcosa che conta? Sono felice di rispondere ad una domanda importante» ha risposto Biden ai giornalisti che gli chiedevano ragione del gesto. Cosa, però, che non è passata inosservata negli Stati Uniti, dove ha suscitato più critiche che consensi. Un duro attacco gli è stato rivolto dal Washington Post che si è chiesto: «Ma ne valeva la pena?». Il quotidiano della capitale americana ospitava gli articoli di Jamal Khashoggi, il giornalista saudita dissidente ucciso, secondo la Cia, su ordine del principe bin Salman. Khashoggi, che risiedeva negli Stati Uniti, il 3 ottobre del 2018 dopo essere entrato nel consolato saudita di Istanbul, in Turchia, per ottenere alcuni documenti necessari per sposarsi, fu fermato e ucciso da un commando arrivato il giorno prima dall’Arabia Saudita. Il suo corpo fu smembrato e portato fuori dal consolato.
Biden, affrontando l'argomento riguardante la morte di Jamal Khashoggi, si è sentito rispondere dal principe ereditario saudita con alcune domande circa l'uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh e sugli abusi nella prigione di Abu Ghraib in Iraq. L'imbarazzo tra i due era molto evidente. Adel al-Jubeir, il ministro saudita per gli Affari esteri, parlando con i giornalisti, ha definito l'omicidio di Khashoggi «un terribile errore», ma ha aggiunto che i due Paesi hanno proseguito i colloqui guardando al futuro e non mostrando alcun interesse a guardare indietro. «Le persone sono state processate» ha detto il ministro, riferendosi ai colpevoli condannati per l’uccisione del giornalista, e «ora stanno scontando in prigione la loro colpa». La fidanzata di Jamal Khassoggi ha duramente criticato la scelta di Biden, twittando quello che secondo lei avrebbe pensato il suo fidanzato: “E’ questo il conto che avevi promesso di far pagare al mio assassino?”.
Ebbene, con questa missione Biden ha di fatto archiviato le accuse contro bin Salmam, anche se ha respinto, seccato, questa interpretazione. In realtà si è riproposto, ancora una volta, il problema di fondo di questa presidenza e cioè lo scarto tra le aspettative suscitate da Biden, in campagna elettorale e nei suoi discorsi di inizio mandato e la realtà dei fatti.
Adam Schiff, un influente parlamentare democratico, commentando l'incontro di Biden con bin Salman ha detto: «Stiamo parlando di qualcuno che ha massacrato un cittadino americano e lo ha tagliato a pezzi in un modo orribile e premeditato. Finché l’Arabia Saudita non farà cambiamenti radicali sulla sua gestione dei diritti umani, non vorrei avere niente a che fare con Salman».