«Bhatti santo subito», lo chiede la gente
Nel primo anniversario del suo assassinio, persino il governo islamico del Pakistan si mostra colpito dalla testimonianza di fede del ministro.
In Pakistan i cristiani sono una microminoranza. Ma il primo anniversario della morte di Shahbaz Bhatti (1968-2011), il ministro federale per le Minoranze religiose, cattolico, che venne assassinato per essersi opposto alla draconiana legge sulla blasfemia che vige in quella regione dell’Asia, ha suscitato un interesse senza precedenti persino nella maggioranza musulmana del Paese.
Anche il governo d’Islamabad si è infatti trasformato in un ammiratore di Bhatti, caduto in una imboscata e crivellato di proiettili nell’abitacolo della sua automobile il 2 marzo dell’anno scorso.
Durante il convegno svoltosi a Islamabad il 6 marzo e organizzato dall’All Pakistan Minorities Alliance (APMA) - "Alleanza di tutte le minoranze del Pakistan" -, un’organizzazione fondata dallo stesso Bhatti, il primo ministro Yousaf Raza Gilani e il presidente Asif Ali Zardari hanno salutato con favore il contributo e l’eredità del ministro assassinato. Bhatti «ha scarificato la vita al servizio delle minoranza religiose», ha dichiarato Gilani davanti a un pubblico foltissimo. Alla manifestazione hanno infatti preso parte più di 2mila cristiani provenienti da tutto il Paese e alla loro testa stavano i più alti esponenti della Chiesa Cattolica del Pakistan, fra i quali il nunzio apostolico mons. Edgar Peña Parra, arcivescovo di Telepte, in Tunisia. Vi erano poi altri autorevoli cittadini pakistani e diversi capi di partiti politici.
Gilani ha pure sottolineato l’indispensabile ruolo svolto da Bhatti nel varo della riforma elettorale che riserva quatto seggi del Senato e il 5% del personale governativo a esponenti di minoranze religiose. Per effetto di ciò, dunque, e per la prima volta nella storia del Paese, alla "Camera alta" del parlamento pakistano, eletto il 2 marzo - proprio nell’anniversario della morte di Bhatti -, siedono oggi due indù, un cristiano e un sikh.
In qualità di ministro per le Minoranze - ha proseguito Gilani -, Bhatti ha pure mosso i primi passi affinché l’11 agosto venga proclamato “Giorno delle minoranze” e sia quindi in quella data possibile svolgere, a livello governativo, funzioni religiose diverse da quelle praticate dalla maggioranza islamica del Paese. Più del 96% dei 178 milioni di abitanti del Pakistan è infatti musulmana; e mentre i cristiani e gli indù contano poco più dell’1,5% ciascuno, gli ahmadi - uno scisma islamico che in tutto mondo musulmano solo il Pakistan non riconosce -, i sikh e le altre culture tribali si spartiscono il restante 1%.
Zardari ha quindi a propria volta onorato Bhatti per avere saputo «stare in prima fila nella lotta in atto per proteggere le minoranze [religiose] sfruttate e discriminate», evidenziando come «in questo sforzo Bhatti non si sia mai scoraggiato nonostante le minacce rivolte alla sua vita».
«Al fine di rendere omaggio adeguato a Shabhaz Bhatti», ha poi aggiunto Zardari, «occorre che ci si metta tutti a lavorare per promuovere quell’armonia interreligiosa che resta la nostra migliore speranza di vincere il fanatismo e l’estremismo, elementi senza i quali sarà davvero possibile costruire in Pakistan una società giusta e pluralista».
Il 42enne Bhatti, irriducibile campione dei diritti delle minoranze, era infatti divenuto l’obiettivo principale dei fondamentalisti islamici dopo avere formulato, alla fine del 2012, una richiesta di clemenza per Asia Bibi, la donna cristiana madre di cinque figli condannata a morte con l’accusa, presunta, di blasfemia. Bhatti, che già da studente aveva lanciato il Fronte di liberazione cristiano e più tardi fondato l’APMA, nel 2002 si era unito al Partito polare pakistano (PPP). Quando, all’inizio del 2008, il PPP giunse al potere con il presidente Zardari, Bhatti fu nominato all’Assemblea nazionale pakistana in virtù della quota di seggi riservata per legge ai cristiani e quindi poté diventare ministro federale per le Minoranze.
«Tutte le chiese del Pakistan lo hanno commemorato con liturgie speciali. Possiamo forse dimenticarlo ora? », ha detto don Emmanuel Yousaf Mani, direttore della Commissione nazionale di Giustizia e Pace della Chiesa Cattolica. Significativo, dunque, che il 3 marzo, nella cattedrale cattolica del Sacro Cuore di Lahore - ricorda don Mani -, il vescovo Alexander Church Mallick della Chiesa del Pakistan - che fa parte della Comunione Anglicana - si sia unito al vescovo cattolico di Lahore, mons. Sebastian Shaw, per una celebrazione ecumenica di preghiera in memoria del sacrificio di Bhatti, a cui hanno partecipato centinaia di cristiani.
Michele Chaudhry, stretta collaboratrice di Bhatti e portavoce dell’APMA, afferma che in tutto il Paese l’anniversario della morte di Bhatti è stato osservato con fervore e partecipazione. Organizzazioni laiche, come per esempio i Cittadini per la democrazia, hanno convocato fiaccolate e inscenato nelle strade delle grandi città rappresentazioni dedicate a Bhatti.
«In tutta la storia del Pakistan», riferisce la Chaudhry a La Bussola Quotidiana, «mai nessuno leader di una minoranza del Paese ha raccolto così tanto sostegno». E, aggiunge l’esponente dell’APMA, che le elezioni per soddisfare le esigenze della nuova quota riservata nel Senato alle minoranze religiose si siano svolte proprio nel primo anniversario della sua morte è stato davvero un "tributo adeguato". «Si è battuto per questo ancora prima di diventare ministro», dice la Chadhry. A Islamabad - aggiunge - , la processione di suffragio svoltasi il 2 marzo è partita dalla sede dell’APMA e ha raggiunto il luogo in cui il "martire" è caduto. «L’unica nota stonata è che ancora si debbono catturare i suoi assassini», osserva la Chaudhry.
Davvero importante, peraltro, il contributo alla memoria offerto dall’arcivescovo emerito di Lahore, mons. Lawrence M. Saldana, che, in relazione al ministro cattolico ucciso dal fanatismo e dall’odio ha parlato di «carisma naturale», e di una vita e di un’opera basati «sull’esempio di Cristo». E mons. Saldana, che lo conosceva sin da quando Bhatti era un giovane studente a Lahore, ha così proseguito: «Giovanissimo, poco più che ventenne, Shabhaz decise di dedicare la propria esistenza ad alleviare i patimenti della comunità oppressa a cui apparteneva. Voleva liberarla dalla schiavitù. Una convinzione e una passione, queste, che hanno animato tutta la sua vita. Per questo non si è mai sposato: voleva essere libero di perseguire il suo obiettivo».
Né le celebrazioni per Bhatti sono rimaste confinate al Pakistan. Il 10 marzo alcuni gruppi cristiani hanno svolto una commemorazione nella famosa Trafalgar Square di Londra; e il giorno dell’anniversario dell’assassinio del ministro cattolico, il cardinale Keith O’Brien, arcivescovo di St. Andrews e di Edimburgo, nonché presidente della Conferenza episcopale cattolica di Scozia, ha pubblicamente appoggiato quel crescente sentimento popolare che ne chiede la canonizzazione. «Sarebbe meraviglioso pensare», ha detto il porporato, « che […] Shabhaz Bhatti possa diventare il patrono della Giustizia e della Pace del Pakistan, o addirittura di tutta l’Asia».
Traduzione di Marco Respinti