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L'ANALISI

Benedetto XVI non è difeso perché è scomodo

La scomodità di Benedetto XVI si fa oggi molto più fastidiosa. La sola sua presenza sta lì a ricordare molte cose che disturbano. I fautori dell'attuale “spinta propulsiva” che guidano da diverse posizioni la Chiesa e che temono che essa abbia addirittura rallentato in questi ultimissimi tempi, non possono che considerare Benedetto XVI molto scomodo.

Editoriali 25_01_2022 English Español

Su queste pagine si è già riferito delle accuse a Benedetto XVI che nei giorni scorsi hanno scosso il panorama ecclesiale. E di come, nonostante lo scossone, pochissimi, ancorché meritori, siano stati gli interventi a suo sostegno. Ambedue le cose, sia le bordate contro di lui sia il silenzio di quanti avrebbero dovuto protestare a suo favore, chiedono un supplemento di spiegazione. Ricordo che il 2 maggio 2009 era uscito su La Civiltà Cattolica un articolo di Giandomenico Mucci su Benedetto XVI dal titolo “Un papa scomodo?”. Lo ricordo perché avevo preso spunto da quell’articolo per titolare un mio libro uscito l’anno successivo: “L’età del papa scomodo”. Oggi spiegherei le bordate e i silenzi contro Benedetto XVI con le stesse parole: queste cose avvengono perché è scomodo. Con una precisazione: egli era scomodo allora, quando la rivista dei gesuiti ne parlava in questi termini, ma lo è ben di più oggi. Questo accade non perché i motivi per cui era scomodo allora siano diversi da quelli per cui è scomodo oggi, ma perché coloro che lo consideravano scomodo allora oggi sono al potere nella Chiesa più di quanto non lo fossero allora. Il problema è capire in cosa consista la scomodità di Benedetto XVI e perché oggi sia maggiore di ieri.

La scomodità di Benedetto XVI si fa oggi molto più fastidiosa. La sola sua presenza sta lì a ricordare molte cose che disturbano. Ormai egli parla o scrive pochissimo o addirittura non più, ma la sua presenza mantiene in vita quanto lui ha scritto e detto. I suoi insegnamenti, finché egli è vivo, non possono essere messi da parte troppo facilmente come si vorrebbe. Egli disturba solo perché c’è. È la sua esistenza ad essere scomoda, come ingombrante eredità di pensiero e di fede.

Proviamo a fare qualche esempio. Un articolo come quello di Padre Carlo Casalone sul suicidio assistito sarebbe uscito su La Civiltà Cattolica dei tempi del pontificato di Benedetto XVI? Sarebbe stato troppo evidente il suo contrasto con i suoi insegnamenti sui principi non negoziabili. Che ci fossero gesuiti che la pensavano così già allora (ed anche da molto prima) è verissimo, ma che si pubblicasse un tesi del genere no. Tra l’altro, allora c’era ancora una Congregazione per la Dottrina della Fede. Fin troppo facile, poi, evidenziare che non sarebbe certamente uscita Traditionis custodes che impedisce il rito antico ripristinato proprio da Benedetto XVI, non si parlerebbe di Lettrici donne, né della possibilità di donne diacono e tantomeno di donne prete.

Rimarrebbe archiviata la questione dei preti sposati e tutta la liturgia e la pastorale vocazionale seguirebbe altre strade. Con ogni probabilità anche l’impianto degli studi teologici nelle università pontificie sarebbe diverso dato che attualmente, dopo le ultime disposizioni pontificie a riguardo, prevale un metodo del dialogo e della sinodalità di tipo storicistico ed ermeneutico più che di ordine metafisico. L’attuale veloce evoluzione verso una radicale trasformazione della teologia morale troverebbe qualche trattenimento e l’”etica della situazione” insieme con la centralità assoluta della coscienza verrebbero quantomeno temperate dalla conservazione di un qualche riferimento alla legge morale naturale prevista dalla stessa legge divina. Il concetto ambiguo di “tradizione viva” della Chiesa, ove quel “viva” porta con sé molti accenti evolutivi, non verrebbe utilizzato per confondere tra approfondimento e aggiornamento del dogma e non si insisterebbe così tanto sul non aver paura del nuovo e sulla tradizione che non è un conto in banca o un vestito riposto nell’armadio con la naftalina.

Ho fatto qualche esempio di come molte spinte attuali trovano in Benedetto XVI un trattenimento che fanno di lui una scomodità. So bene che molti dicono che l’accelerazione attuale di un certo avventurismo ecclesiale aveva le sue premesse in alcune posizioni dello stesso Benedetto XVI. Ma, come ho cercato di spiegare nel libro “Capire Benedetto XVI, l’impianto generale del suo pensiero teologico e insegnamento pontificio permette su molti punti cruciali di fermarsi a pensare senza scivolare troppo in avanti, compresa la possibilità di recuperare molto di quanto era stato eliminato nel passato recente. In questo sta tutta la sua scomodità di oggi. I fautori dell'attuale “spinta propulsiva” che guidano da diverse posizioni la Chiesa e che temono che essa abbia addirittura rallentato in questi ultimissimi tempi, non possono che considerare Benedetto XVI molto scomodo.

Nelle fasi della vita della Chiesa come quella che stiamo vivendo, di forte tensione e doglie dolorose, possono prendere corpo iniziative di denigrazione da un lato e silenziosi compromessi dall’altro, abbandoni e isolamenti insieme a decisioni di governo ecclesiale addirittura offensive per il pontefice precedente e ancora tra noi. Si tratta di fasi in cui si vuole gustare i frutti del cambiamento e gustarli molto in fretta.