Benedetto XVI in Germania: una luce sulla rinuncia e su Fatima
Le immagini di Ratzinger che viaggia debolissimo pur di dare conforto al fratello malato ci ricordano quello che la Madonna di Fatima svelò essere l'unico modo per salvare il mondo. Si tratta dell’offerta di sé fino al sacrificio della vita, quella di cui Benedetto XVI parlò prima di ritirarsi e che ci appariva forse poco di fronte all'attacco che la Chiesa stava subendo. In realtà il papa emerito sta dando carne e potenza ai suoi insegnamenti.
Danno carne ad ogni suo discorso le immagini potentissime di Benedetto XVI in carrozzina che, a 93 anni, ha deciso di recarsi dal fratello di tre anni maggiore, Georg Ratzinger, probabilmente per l’ultimo saluto. Sono potenti perché il papa emerito è visibilmente provato, senza forze ma il viso e gli occhi sono quelli gioiosi di un bambino. Quelli certi del bene pur profondamente consci di un mondo che ha in odio proprio il Dio a cui lui ha dato la vita.
Sono potenti, perché mentre il diavolo mediatico cercava di spostare l’attenzione leggendo il viaggio in Germania in chiave politica (si vociferava che Ratzinger non sarebbe tornato in Vaticano), il papa decideva per un viaggio faticoso, mettendo a repentaglio la sua salute pur di dare conforto al fratello malato, dicendo Messa con lui e visitando la tomba di famiglia.
È potente anche l’immagine di lui anzianissimo senza mascherina, circondato da uomini sani che la portavano. A dire, in un momento in cui la gente è terrorizzata dalla morte, che la vita va data. E che va data per amore. Quell’amore per cui si deve rischiare anche un viaggio simile. Perché la letizia dell'esistenza, anche fragile e vecchia, viene da questo offrirsi a Dio, quindi alle circostanze e agli uomini. «Uno riceve la vita proprio quando la dona», disse il papa nella sua ultima udienza generale il 27 febbraio 2013.
E queste immagini di un papa che non parla più sono anche più eloquenti di tante parole. Anzi solo la sintesi più efficace delle sue parole di papa. Un po’ come quelle di Giovanni Paolo II che non poteva più dire molto ma che, curvato in avanti dalla malattia, salutava la folla appoggiandosi alla croce, dopo che per anni aveva cercato di spiegare la potenza salvifica della sofferenza. Il significato del giogo dolce e leggero offerto agli uomini da Gesù per ristorarli. Follia per i pagani immersi nell'edonismo egoista.
E sì che, ritirandosi a vita claustrale, Benedetto XVI ci aveva avvisato che la sua scelta era per noi, che non ci stava abbandonando. Ma ci chiedevamo comunque come, sconcertati, delusi, spaesati. Ripetendoci che sì, andava a pregare per noi, ma pensando in fondo che non bastasse. Anche se lui, sempre durante la sua ultima udienza generale, cercò di farci comprendere che «non abbandono la Croce ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell'officio per il governo, ma nel servizio della preghiera resto».
Un servizio oneroso, che coincide appunto nell’offerta di sé, nel sacrificio come vocazione voluta oggi dal Signore stesso per la salvezza del mondo. Quella di cui parlò la Madonna a Fatima chiedendo ai pastorelli non di diventare dottori della Chiesa, ma di dare la loro giovane vita a Dio perché cominciasse nei cuori il trionfo del suo Cuore Immacolato.
Ma a noi pareva comunque di aver bisogno, più che di questo, di qualcuno che continuasse a gridare forte e con amore la verità, di avere necessità, oggi più che mai, di un padre eloquente che senza paura potesse continuare a difendere e a dar coraggio ai suoi figli di fronte alla violenza di un mondo ormai sempre più sottomesso al potere del suo principe terreno. E in effetti, alla sua scelta monacale è seguita la burrasca, l’attacco estremo del demonio alla Barca di Pietro.
Perciò saremmo falsi se dicessimo, in una Chiesa di uomini effeminati e impauriti, di non avere nostalgia delle parole virili di Ratzinger che ti rendevano fiero di essere di Cristo, perché te ne ricordavano la bellezza delle ragioni e la pertinenza per la vita, affinché fosse piena. MostrandoteLo sul suo volto mite ma coraggioso di tedesco che imparò da suo padre a non scendere a patti con il potere e che, come suo padre, rischiò la vita pur di non seguire gli ordini del regime nazista contrari alla fede. Perciò, in una lectio divina del 2012, indicò con chiarezza che «non vogliamo sempre “essere conformati”, lodati, vogliamo non l’apparenza, ma la verità e questo ci dà libertà…Preghiamo il Signore perché ci aiuti ad essere uomini liberi in questo non conformismo che non è contro il mondo, ma è il vero amore del mondo».
Dopo sette anni dalla sua rinuncia, la Chiesa oggi è scossa più che mai, ma la potenza dei gesti del papa emerito e delle sue scelte misteriose (incomprensibili per chi non ha la fede), dimostrano più che mai che il magistero di Ratzinger non era ideologia ma amore: che la vita vale dal concepimento fino a morte naturale, che la salute non deve diventare il valore primario della vita cristiana, che la fragilità è un bene, che la famiglia è il luogo dove si impara a conoscere Dio e quindi a donarsi agli uomini. Tanto che quando la famiglia non vive obbedendo al suo Creatore fa dei disastri tali da allontanare dalla fede (ossia dalla certezza che Dio ci ama ed è buono) tantissime persone: «Non saprei indicare - scrisse nella sua autobiografia - una prova della verità della fede più convincente della sincera e schietta umanità che la fede ha fatto maturare nei miei genitori».
Perciò Ratzinger ricordava che «i bambini devono imparare a pregare in famiglia…fin dalla più tenera età» per vivere così «in un'atmosfera della presenza di Dio» e lo faceva per un'esperienza d’amore maturato per Dio attraverso quello dei suoi genitori. Tutto questo lo diceva con compassione ad un'umanità ribelle perché ferita. «Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio...Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi», gridò in Piazza San Pietro.
È così che dandosi a Dio, prima subendo l'odio mondano e poi nel silenzio (anche se probabilmente vedremo i veri frutti di questa offerta solo in cielo), Benedetto XVI fa venire voglia di essere più buoni. Ma non della bontà del mondo, che è gaia ma fredda tolleranza fatta di abbracci e sentimenti esternati senza pudore. Bensì di quella che rende capaci di darsi docilmente fino al sacrificio quotidiano di sé anche per i nemici.