Belgio: eutanasia dei bambini, degna dei nazisti
I vescovi in Belgio lanciano l'allarme per l'estensione dell'eutanasia ai minori. La legge può spianare la strada all'eliminazione di disabili e malati di mente. E ricorda l'Aktion T4, il programma di eutanasia ordinato da Hitler nel 1939.
I vescovi del Belgio sono preoccupati che l'approvazione della estensione della legge sull'eutanasia ai minori «apra le porte ad un futuro ampliamento per le persone con disabilità, persone con demenza, malati mentali o coloro che sono stanchi di vivere». La Camera belga, infatti, dopo il via libera che il Senato aveva già dato lo scorso dicembre, ha definitivamente approvato questa legge che permetterà ad un bambino, dietro certe condizioni, di farla finita.
Senza tanti giri di parole i vescovi affermano che con questa legge si superano tutti i limiti del buon senso, dicono di sostenere pienamente i diritti del bambino, ma «il diritto del bambini di chiedere la propria morte è un passo troppo lungo. Si tratta – concludono – della trasgressione del “non uccidere” che costituisce la base della nostra società umana».
I promotori della legge, invece, pensano che l'eutanasia è un “diritto” del paziente, esercitato sull'altare della propria (assoluta) libertà. È quest’ultima che, di fatto, sta divenendo l'unico dogma alla base della nostra società umana.
È paradossale, ma proprio l'idolatria della libertà può condurre verso risultati che si avvicinano molto a quelli raggiunti da regimi totalitari. In effetti la preoccupazione dei vescovi del Belgio è fondata: oggi, a certe condizioni, è possibile avere l'eutanasia per adulti e bambini, domani, con altre condizioni, potrebbe esserlo per “coloro che sono stanchi di vivere”. Cioè, detto in altri termini, resta sempre il dubbio di chi e come si stabilisce dove comincia e dove finisce la dignità di una vita umana.
Il 1 settembre 1939, su carta intestata della Cancelleria, Adolf Hitler scriveva: «Il Reichsleiter Bouhler e il dottor Brandt sono incaricati, sotto la propria responsabilità, di estendere le competenze di alcuni medici da loro nominati, autorizzandoli a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l'umano giudizio, previa valutazione critica del loro stato di malattia». Certamente Hitler aveva una concezione molto diversa di libertà rispetto ai compassati onorevoli e senatori belgi, eppure, si deve constatare che i risultati sono pericolosamente simili.
Subito dopo l'emanazione dell'ordine di Hitler Phillip Bouhler e Karl Brandt iniziarono ad organizzare la struttura che avrebbe dovuto condurre l'operazione. In primo luogo venne stabilita la sede dell'organizzazione, un villino, al civico numero 4 della Tiergartenstrasse, e proprio da questo indirizzo fu ricavato il nome in codice per l'operazione eutanasia: "Aktion T4".
Il Programma T4 nel suo svolgimento tra il 1940 ed il 1941 pose fine alla vita di 70.273 persone classificate come "indegne di vivere". Tra le tante voci che si levarono contro questa operazione vi fu quella dell'arcivescovo di Münster, Clemens August von Galen.
Il 3 agosto 1941 l'arcivescovo pronunziò un sermone durissimo: la condanna dell'eutanasia non solo fu durissima in teoria, ma l'arcivescovo denunziò lo Stato come autore delle uccisioni.
Hitler, di fronte alla marea montante di proteste, decise di sospendere l'Aktion T4, ma l'eliminazione delle persone “indegne di vivere” non terminò: iniziava quella che i medici tedeschi chiamarono "eutanasia selvaggia" e un'altra "Aktion" ancora più segreta: la "Aktion 14F13". Quella che alla fine condusse fino alle camere a gas.
L'idolatria della libertà è molto più sottile e seducente come leva per l'eutanasia, rispetto alla più brutale purezza della razza, tuttavia il problema rimane. A questo proposito André Leonard, Arcivescovo di Bruxelles e primate del Belgio, ha detto: «Stabiliamo che gli adolescenti non siano in grado dal punto di vista legale di prendere importanti decisioni economiche e affettive, però li riteniamo in grado di decidere se devono morire». Uno strano cortocircuito che dovrebbe far riflettere.