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POLITICA ESTERA

Beffa Emirati, paghiamo gli errori della Farnesina

Prima della cerimonia del ritiro del contingente dall'Afghanistan, gli Emirati ci hanno inflitto un'umiliazione. Non hanno permesso all'aereo da trasporto militare, con 40 giornalisti a bordo, di entrare nel loro spazio aereo e di far scalo ad Al Minhad. Paghiamo gli errori di una Farnesina che ha bruciato i contatti con tutto il Medio Oriente.

Politica 12_06_2021
L'aereo italiano bloccato

La cerimonia che ha di fatto concluso la missione del contingente italiano a Herat non ha forse avuto la visibilità mediatica che meritava per il suo valore simbolico, ma soprattutto perché ha suggellato la sconfitta dell’Occidente dopo 20 anni di guerra ai talebani. A distrarre l’attenzione dell’opinione pubblicA dalla sconfitta inflittaci dai talebani ha provveduto l’umiliazione impartitaci degli Emirati Arabi Uniti. Le autorità di Abu Dhabi hanno infatti negato il sorvolo del loro spazio a un aereo militare italiano da trasporto Boeing KC-767A dell’Aeronautica carico di militari e giornalisti diretti a Herat al seguito del ministro della Difesa, Lorenzo Guerini (che si trovava già in Afghanistan) per la cerimonia di ammaina bandiera.

Non hanno solo impedito il sorvolo al nostro velivolo ma hanno vietato che atterrasse ad al-Minhad, Base Aerea Logistica Avanzata da anni utilizzata dall’Aeronautica italiana come scalo logistico per le missioni in Iraq e Afghanistan. Nonostante il piano di volo già concordato, gli EAU hanno impedito il sorvolo del Paese al Boeing KC-767 dell'Aeronautica Militare con 40 giornalisti a bordo obbligandolo a restare per qualche ora fermo a Dammam (in Arabia Saudita) per poi riprendere il viaggio alla volta dell'Afghanistan ma su una rotta molto più lunga che evitasse lo spazio aereo emiratino.

"L'ambasciatore degli Emirati è stato convocato al ministero degli Esteri per manifestare il disappunto e lo stupore per la situazione", aveva detto Guerini ma quanto accaduto ha costituito un'evidente rappresaglia di Abu Dhabi che vietando atterraggio e sorvolo a un aereo pieno di giornalisti ha ottenuto la massima amplificazione dello schiaffo rifilato all’Italia, per i ripetuti sgarbi di Roma sul fronte delle forniture militari, con la cancellazione dei contratti per le bombe d’aereo e persino dei pezzi di ricambio per gli aerei MB-339A della pattuglia acrobatica emiratina, creata sul modello delle Frecce Tricolori. Un boicottaggio che riguarda anche l’Arabia Saudita, legato alle vittime civili dei bombardamenti nello Yemen, guerra da cui peraltro gli emiratini si sono ritirati da tempo e in cui le Nazioni Unite non contestano più da tempo crimini alle forze della Coalizione araba a guida saudita.

Solo gli ingenui potevano ritenere che non ci sarebbero state rappresaglie emiratine, specie dopo che era emerso anche su organi d’informazione che ad Abu Dhabi e Riad si stavano stracciando contratti con aziende italiane. L’Italia sta quindi raccogliendo ciò che ha seminato e la rappresaglia emiratina, oltre a ridicolizzare Roma, potrebbe anche avere risvolti più gravi. Oltre a stracciare i contratti commerciali per il made in Italy in settori diversi dalla Difesa, gli emiratini potrebbero anche imporci di lasciare la base aerea di al-Minhad complicando non poco la logistica del ritiro dall’Afghanistan e le linee logistiche che supportano le nostre forze militari in Iraq.

Un’altra lezione per alcuni ambienti politici italiani riguarda il fatto che le nazioni che hanno rango di potenza valutano i rapporti bilaterali in ambito globale. Sospendere le forniture militari agli EAU significa vedersi cancellati contratti in tutti gli ambiti dell’interscambio commerciale. Gli Emirati hanno basi militari in Corno d’Africa e nel Mediterraneo dove schierano aerei, militari e contractors nella Cirenaica libica e hanno inviato caccia F-16 a Creta in appoggio ai greci ai ferri corti con i turchi: sono a tutti gli effetti una potenza di cui è impossibile non tenere conto. L’Italia però non può permettersi di lasciare la sua politica estera in balia di dilettanti e pacifisti da centro sociale, né tanto meno alle lobby filo-straniere che puntano a penalizzare il nostro export della Difesa per favorire quello dei nostri competitor, francesi soprattutto, invece di tutelare gli interessi nazionali. Grazie a una Farnesina da troppo tempo allo sbando ci siamo bruciati in tutto il Mediterraneo allargato anche se la “beffa dell’emiro” ha avuto l’effetto di imporre a molti di chiedersi come poter ricucire i rapporti con gli Emirati Arabi Uniti.

Il 10 giugno il ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, ha avuto una conversazione telefonica con il suo omologo emiratino, Mohammed bin Ahmed al Bowardi, che potrebbe aver sbloccato la situazione. In Italia nessuna fonte ufficiale ne ha fatto cenno, ma secondo l’agenzia di stampa ufficiale emiratina WAM, ripresa in Italia dall’Agenzia Nova, i due ministri hanno discusso del "rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi in campo militare e nel settore della difesa” e delle “modalità per sviluppare le loro relazioni al servizio degli interessi dei rispettivi Paesi". Possibile quindi che l’intervento di Guerini porti al più presto al ripristino dei contratti per la Difesa interrotti con gli Emirati e quindi alla normalizzazione dei rapporti. Si tratta peraltro di commesse di cui l’Italia ha oggi più che mai bisogno per salvaguardare le aziende hi-tech della Difesa e Aerospazio e i posti di lavoro ultra qualificati.