Becciu al contrattacco: spero che il Papa non sia manovrato
La pubblicazione dell'inchiesta de L'Espresso, con le accuse di peculato e il coinvolgimento della propria famiglia, simultaneamente al siluramento subito da papa Francesco, ha spinto il cardinale Becciu a difendersi pubblicamente, prima con una intervista a Domani e poi con una conferenza stampa, in cui ha smontato tutte le accuse e adombrato la possibilità di manovre ai suoi danni. Reazioni anche dai familiari del cardinale, coinvolti nell'inchiesta pubblicata dall'Espresso. Dalla Santa Sede ancora nessuna spiegazione ufficiale.
Il silenzio annunciato giovedì sera è durato soltanto poche ore. Assorbito il colpo, il cardinale Becciu ha scelto di tirare fuori gli artigli e di difendersi dall'assedio mediatico scaturito dalla notizia della sua rinuncia alle prerogative cardinalizie e dalla quasi simultanea pubblicazione dell'inchiesta dell'Espresso sul presunto uso disinvolto che avrebbe fatto dei soldi dell'Obolo di San Pietro.
Il bollettino di giovedì sera con cui la Sala Stampa della Santa Sede ha informato i giornalisti della rinuncia dalla carica di "Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi e dai diritti connessi al cardinalato" (ma non dal ruolo di Delegato Speciale presso l'Ordine di Malta), seguito poche ore dopo dall'inchiesta giornalistica firmata da Massimiliano Coccia con le pesanti accuse di condotta disinvolta nella gestione delle finanze vaticane, rischiava di trasmettere l'idea di una sentenza già pronunciata in un processo mai cominciato.
Uno scenario inaccettabile per il porporato sardo che nella giornata di ieri si è dimostrato determinato a difendere la sua onorabilità e quella dei familiari tirati in ballo dall'inchiesta. Lo ha fatto dapprima con un'intervista concessa al quotidiano "Domani" in cui ha fornito quella che finora è l'unica versione dell'udienza concessagli nel tardo pomeriggio di giovedì dal Santo Padre.
Dalle parole del porporato emerge tutta la drammaticità del colloquio tra il papa e quello che a lungo è stato il suo braccio operativo in qualità di Sostituto: il primo che gli rinfaccia di aver "favorito i (...) fratelli e le loro aziende con i soldi della Segreteria di Stato"; il secondo che respinge le accuse e si stizzisce per la "punizione" pubblica probabilmente comunicatagli ("ma perché mi fai questo? Davanti a tutto il mondo poi?").
E sempre al nuovo quotidiano di Carlo De Benedetti, nato proprio in polemica con quel gruppo editoriale a cui appartiene il settimanale dello scoop di Coccia, il prelato di Pattada ha anticipato che di fronte alla tempesta arrivatagli addosso non si limiterà a porgere l'altra guancia: "Non so se sono indagato - ha detto ad Emiliano Fittipaldi - ma se mi mandano a processo mi difenderò".
Il contrattacco è proseguito poi nel primo pomeriggio con la convocazione di una conferenza stampa all'Istituto Maria Bambina nella quale Becciu è stato anche più esplicito. Il cardinale non è riuscito a trattenere l'amarezza per come sono andate le cose durante l'udienza con Francesco: "Fino alle 18 e 02 di ieri (giovedì, ndr) mi sentivo amico del papa, fedele esecutore del papa, e poi parlando il Santo Padre mi dice che non ha più fiducia in me". Una rottura, dunque, anche umana se si considera che i due hanno collaborato a stretto contatto per cinque anni nel periodo in cui Becciu è stato il suo "ministro dell'Interno", beneficiario del privilegio di avere accesso quotidiano al papa e di accompagnarlo nei viaggi apostolici.
In conferenza stampa ha raccontato di un colloquio di venti minuti durante il quale il papa, seppur turbato, gli avrebbe rivelato che "dalle carte della Guardia di finanza, su richiesta dei magistrati vaticani, risulta che" Becciu avrebbe "commesso il crimine o reato di peculato" per aver "inviato 100mila euro alla Caritas di Ozieri, poi trasferiti sul conto della cooperativa Spes" di cui è presidente il fratello Tonino.
Bergoglio, appellandosi alla segnalazione dei magistrati vaticani, gli avrebbe rinfacciato di "aver distratto fondi" a favore del fratello. Il porporato, quindi, sembrerebbe confermare che la motivazione alla base della rinuncia all'incarico di prefetto della Fabbrica dei Santi e ai diritti del cardinalato - evidentemente richiesta dal pontefice - sarebbero le accuse riportate poche ore dopo nell'inchiesta pubblicata dal settimanale "L'Espresso".
La sua versione, fino al momento in cui scriviamo, è l'unica esistente perché la Santa Sede si è limitata a dare la notizia della rinuncia, senza accennare alle sue ragioni. Durante l'incontro con i giornalisti, Becciu ha respinto con convinzione le accuse di peculato, ripetendo più volte che "non c'è nessun reato" e che "tutto è rendicontato".
L'ex Sostituto non ha negato la circostanza dei 100mila euro dell'Obolo di San Pietro di cui sovrintendeva la gestione, ma ha affermato di averli destinati alla Caritas di Ozieri per aiutare la popolazione locale alle prese con un alto tasso di disoccupazione. Bisogna ricordare che l'offerta riservata ogni anno dai cattolici di tutto il mondo per le iniziative di carità del papa non funge esclusivamente come mezzo per aiutare i poveri, ma da sempre viene utilizzato anche come supporto per gli enti ecclesiastici o caritatevoli.
Una funzione che lo stesso Becciu aveva ricordato più volte in questi anni quando l'Obolo era finito al centro di inchieste e ricostruzioni giornalistiche dirette a criticarne l'uso fatto dalla Segreteria di Stato.
L'ex numero tre del Vaticano non ha negato nemmeno la circostanza, riportata nell'inchiesta di Massimiliano Coccia, dei lavori realizzati nelle chiese cubane ed angolane dalla ditta di falegnameria del fratello, ricordando però come questo non costituisse reato. Lo stesso giornalista de "L'Espresso", d'altra parte, ha dovuto ammettere nell'articolo che la presunta condotta di Becciu, pur testimonianza di quella che viene definita "una disinvoltura che viene da lontano", risulta "priva di rilievo penale".
Il cardinale ha definito la vicenda "surreale" e si è detto "pronto a chiarire" con i magistrati che però non lo avrebbero ancora convocato. Fino ad oggi, per quanto se ne sa, non esisteva alcuna indagine aperta dalla magistratura vaticana sul conto dell'ex Sostituto, neppure nel filone dell'affaire londinese che aveva lambito la sua figura con la sospensione del suo ex segretario personale.
Il palazzo di Sloane Avenue, contrariamente a quanto ipotizzato in un primo momento, non sarebbe la causa del duro provvedimento - probabilmente caldeggiato dal Santo Padre - tanto da non essere stato menzionato durante l'udienza di giovedì sera.
Becciu non ha nascosto il suo rammarico per quanto avvenuto, arrivando persino ad affermare di sperare che il papa non sia "manovrato" ed ipotizzando che possa essere, piuttosto, vittima di "un equivoco" nato da chi - a suo dire - potrebbe avergli dato "informazioni errate".
Oltre a lui, anche i suoi fratelli hanno voluto prendere una posizione pubblica per difendersi dalle accuse e lo hanno fatto attraverso un comunicato stampa firmato dal difensore di famiglia, l'avvocato Iai, nel quale viene precisato che "nessuna somma risulta (...) essere mai stata erogata dall’Obolo di San Pietro, né alcun intervento non giustificato per opere diverse da quelle caritatevoli o di solidarietà è mai pervenuto alla Diocesi di Ozieri, alla Caritas diocesana e, suo tramite, alla Cooperativa Spes, onlus fiduciaria del Vescovo per le attività di natura solidale e di reinserimento lavorativo e sociale".
Nella nota del legale, inoltre, si punta l'indice contro la fuga di notizie che sarebbe all'origine dell'inchiesta finita sul settimanale diretto da Marco Damilano: le ricostruzioni di Coccia, infatti, vengono definite "evidenti e malferaci alterazioni di fatti, circostanze e situazioni personali, la cui finalità rimane ambiguamente segnata da una rivelazione di segreti investigativi alla cui origine si colloca l’unilaterale ricostruzione accusatoria non ancora sottoposta al contraddittorio tra tutti gli interessati".
Insomma, sia dalle parole dell'ex prefetto della Congregazione delle cause dei santi e dei beati che dal comunicato dell'avvocato di famiglia traspare tutta l'irritazione per la divulgazione su mezzo stampa di materiale che - a sentire la versione dell'udienza col papa data ieri in conferenza - sembrerebbe appartenere alle carte di un'inchiesta della magistratura.
Ai tempi delle due Vatileaks l'allora Sostituto fu uno dei principali fustigatori dei cosiddetti corvi, considerati responsabili di un "atto immorale di inaudita gravità" e definì l'iniziativa di quei giornalisti che scelsero di pubblicare quelle informazioni riservate come "criminosa".
Nella giornata di ieri, dunque, è emerso piuttosto chiaramente come Becciu sia determinato a rivendicare il diritto a protestare la sua innocenza anche a costo - probabilmente - di irritare - ma non sfidare - il papa. D'altra parte per lui l'accusa rivoltagli è particolarmente intollerabile: il cardinale sardo, infatti, era solito ripetere di aver imparato dai genitori "non solo a non rubare, ma a non accettare mai cose rubate dagli altri", dopo una lezione impartitagli dalla madre ai tempi della scuola per aver riportato a casa una penna di cui ignorava la provenienza.