Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

APPROPRIAZIONE IDNEBITA

Bastoni, corde e tubi di gomma, così si tortura nella “nuova” Libia

I centri di detenzione di Tripoli
e al-Zawiya sono pieni zeppi
di persone prese per strada,
in ospedale, in casa senza un ordine di cattura e senza possibilità
di ricorrere contro questa situazione: soldati e miliziani pro-Gheddafi, veri
e presunti chi lo sa, cittadini dell’Africa subsahariana che in quanto tali potrebbero essere mercenari, libici neri della zona di Tawargha che, siccome da lì Gheddafi aveva lanciato gli attacchi contro Misurata, potrebbero essere lealisti.

 

Bastoni di legno, corde, cavi e tubi di gomma. L’armamentario della tortura è lì, sul pavimento di un centro di detenzione della “nuova Libia”.

I centri di detenzione di Tripoli e al-Zawiya sono pieni zeppi di persone prese per strada, in ospedale, in casa senza un ordine di cattura e senza possibilità di ricorrere contro questa situazione: soldati e miliziani pro-Gheddafi, veri e presunti chi lo sa, cittadini dell’Africa subsahariana che in quanto tali potrebbero essere mercenari, libici neri della zona di Tawargha che, siccome da lì Gheddafi aveva lanciato gli attacchi contro Misurata, potrebbero essere lealisti.

Dei circa 2500 prigionieri di Tripoli e al-Zawiya, Amnesty International ne ha incontrati 300 in 11 distinti centri di detenzione: in un nuovo documento che viene diffuso oggi, racconta, tra le molte, la storia di un ragazzo di 17 anni del Ciad, accusato di essere uno stupratore e un mercenario: catturato nella sua abitazione, ad agosto, è stato portato in una scuola dove è stato preso a pugni e percosso con bastoni, cinture, calci dei fucili e cavi di gomma. “Alla fine ho detto quello che volevano sentire; che avevo stuprato le donne e ucciso i libici”.

Almeno due guardie, in due distinti centri di detenzione, hanno ammesso ad Amnesty International di aver picchiato i detenuti per ottenere “confessioni” più rapidamente.

A nessuno dei detenuti incontrati da Amnesty International è stato mostrato un mandato di cattura. I detenuti sono posti nelle mani di consigli locali civili o militari o di brigate armate, lontano dalla supervisione del ministero della Giustizia. I pestaggi più brutali si verificano al momento dell’arrivo, chiamato il “benvenuto”.

Questi detenuti rischiano di finire in un buco nero, con la scusa del periodo di transizione.

Senza un’azione ferma e rapida da parte del Cnt, il Consiglio nazionale di transizione, il passato rischia di tornare. Le detenzioni arbitrarie e la tortura erano un punto fermo del regime di Gheddafi e stanno macchiando i primi passi della “nuova Libia”.

A settembre, rappresentanti del Cnt avevano ammesso che c’era un problema nei centri di detenzione e si erano impegnati a riportare sotto controllo le loro milizie armate e ad assicurare il rispetto dei diritti dei detenuti. Da lì a un mese, la situazione non è cambiata. I procedimenti giudiziari nella Libia occidentale restano sospesi da quando il Cnt ha assunto il controllo della regione. Nella Libia orientale, erano stati già sospesi a febbraio.

Per questo, Amnesty International ha rinnovato oggi le sue richieste al Cnt: non vi siano detenzioni in assenza di un ordine di custodia del procuratore generale; tutti i centri di detenzione siano posti sotto il controllo del ministero della Giustizia; che ogni detenuto possa presentare ricorso contro la legittimità della sua detenzione.

Dal Corriere della Sera del 13 ottobre 2011