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MEDIO ORIENTE

«Basta aiuti Ue ai Paesi che violano i diritti»

Parla l'avvocato libanese Mugraby, musulmano, che si batte per i diritti civili: senza diritti umani, il Medio Oriente è una polveriera.

Attualità 24_01_2011
muhammad mugraby
«Ha mai provato a comprare un giornale in un Paese arabo?». Muhammad Mugraby è un settantenne avvocato libanese di grande fama nel suo paese. Musulmano, presidente di una organizzazione per la difesa dei diritti civili, “Mirsad”, a Beirut è famosissimo per il coraggio delle sue difficili battaglie in tribunale «contro gli abusi di potere del sistema libanese»; una guerra a favore dei diritti dei cittadini libanesi che non smette di combattere da decenni.
Ha subito prove difficilissime, come quella di aver trascorso tre settimane nelle prigioni di Beirut, alcuni anni fa, solo perché aveva accettato di difendere in un processo dei proprietari terrieri libanesi contro alcuni principi sauditi. Lo liberarono, grazie all’impegno di alcuni parlamentari europei e al grido in sua difesa che si levò dall’opinione pubblica internazionale.

L’avvocato Mugraby, oggi con un ricorso pendente presso la Corte Europea, chiede all’UE di assumere un ruolo di primo piano per la pace in Medioriente. A causa di alcuni accordi bilaterali nel caso specifico con il Libano, accordi che riguardano i prodotti agricoli, la UE ha infatti il potere di sanzionare lo Stato libanese per il non ottemperare gli impegni presi in tema di libertà minime di rispetto della persona e proprietà individuale.

«Legga un giornale yemenita, egiziano, giordano, libanese e si accorgerà che è un giornale di regime o la libertà di espressione è talmente limitata da trattare gli argomenti scottanti con estrema cautela per non rischiare  la chiusura il giorno dopo.  La stampa è il primo test della libertà di uno Stato».  Inutile illudersi, per  l’avvocato Mugraby la democrazia nei Paesi mediorientali è ancora un sogno, i segnali di apertura su stato democratico e diritti umani, sventolati dai governanti mediorientali ad ogni convegno internazionale, uno specchietto per le allodole e per chi ci vuol credere. Li definisce crudamente, «un lifting, un’operazione di chirurgia plastica, un modo per nascondere la verità   dietro simboli esteriori». Un lifting che inizia a dare problemi considerato cosa sta accadendo a Tunisi e le tensioni  in Algeria.

C'è chi sostiene che i diritti umani siano una "invenzione occidentale”.
Non è vero. Noi non abbiamo bisogno che qualcuno ci faccia conoscere il significato del termine diritti umani. Il significato di diritti umani, non è una scoperta degli occidentali, esiste in ogni antica ideologia, antica società. In questa regione (il medioriente), il potere difende la  posizione di alcune classi o meglio di alcune famiglie ed è strettamente legato alla religione. Tutti i mufti, cioè religiosi al tempo stesso giureconsulti, sono dipendenti dello Stato, di tirannie senza regole, sanguinarie e corrotte. E non si può sperare in riforme, in queste condizioni.

Crede che una maggiore influenza dell’Europa possa servire al processo democratico  in Medio Oriente?
L’Europa ha il dovere di aiutare i Paesi di quest’area. Un dovere che è legato alla  sicurezza nazionale dei Paesi europei. E poi come spiego nel mio ricorso alla Corte, l’Europa ha fatto dei patti con molti paesi dell’area mediorientale e deve chiedere che vengano rispettati. A costo di imporre sanzioni. La situazione di guerra civile a cui assistiamo in Iraq è il risultato di una dittatura che aveva distrutto ogni alternativa politica. Ogni Paese mediorientale si troverà nella stessa situazione dell’Iraq con la morte del suo tiranno.

Non le sembra di esagerare?
No, se non si darà un’alternativa democratica, quello che sta avvenendo in Tunisia, avverrà in Egitto e così via. Poco si sa e nessuno lo racconta di quanti uomini sono stati fatti uccidere, di quanti sono stati privati dei minimi diritti umani in Egitto, negli anni di Mubarak.

Però Mubarak ha mantenuto la pace nel suo paese per trent’anni?
Si, ma non c’è alternativa politica e gli scenari futuri prossimi non possono che essere preoccupanti. 
Com’è andata quando è finito in prigione?
L’accusa ufficiale è di “abuso della professione”, ma la verità è che le mie ultime cause avevano dato molta noia, difendevo cittadini libanesi che stavano subendo ingiuste espropriazioni di terreni da parte di alcuni principi sauditi. Hanno cancellato il mio nome dall’albo degli avvocati e io ho continuato ad assumere difese in tribunale.

In Libano c'è un parlamento che tiene conto di tutte le confessioni religiose del Paese per legge, e la vita per le strade di Beirut sembra molto diversa, migliore di quella che si conduce in altri paesi dell’area. Però le cronache ormai da molti anni raccontano una storia diversa.
Non del tutto, il Libano ha una storia più liberale alle spalle e certo più possibilità di altri Paesi dell’area di conquistare diritti. Però siamo da 20 anni un paese occupato dalla Siria, l’esercito siriano controlla il Libano. I nostri parlamenti non sono indipendenti.
 
Lei come ha potuto vincere molte delle sue battaglie legali in questa società?
Il trucco è appellarsi all’opinione pubblica internazionale e non avere paura.