Bacchettate a curia. Ma nel tritacarne c'è il fedelissimo
Anche quest’anno per gli auguri il Papa ha fatto il punto sulla riforma denunciando i vizi di molti membri di curia scagliandosi contro «traditori» e «approffitatori». Ma c'è un'inchiesta che tira in ballo il "fedelissimo" Maradiaga.
Contro i «traditori» e gli «approffitatori». Contro una Curia «chiusa in sé stessa» e la logica «dei complotti o delle piccole cerchie». Anche quest’anno l’occasione dei tradizionali auguri alla curia romana si è rivelata un occasione utile per il Papa di fare il punto sulla tanto attesa riforma, quella per cui nel conclave del 2013 tanti voti confluirono sul cardinale Jorge Mario Bergoglio, considerato il candidato giusto per fare pulizia nella curia romana.
Ma la tanto attesa riforma non procede proprio a gonfie vele, visto che lo stesso Francesco ieri ha esordito con una citazione ironica, presa da monsignor De Mérode: «Fare le riforme a Roma è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti». Comunque, l’occasione degli auguri si sta sempre più rivelando come un momento di preoccupazione per i membri della curia, visto che in diverse occasioni Francesco l’ha presa come occasione per un bel richiamo.
Perché, ha detto ieri Francesco, «una Curia chiusa in sé stessa tradirebbe l’obbiettivo della sua esistenza e cadrebbe nell’autoreferenzialità, condannandosi all’autodistruzione». Poi ha fatto alcuni appelli precisi, in cui molti si sono chiesti a chi si stesse riferendo.
C’è, ha detto, il pericolo «dei traditori di fiducia o degli approfittatori della maternità della Chiesa, ossia le persone che vengono selezionate accuratamente per dare maggior vigore al corpo e alla riforma, ma – non comprendendo l’elevatezza della loro responsabilità – si lasciano corrompere dall’ambizione o dalla vanagloria e, quando vengono delicatamente allontanate, si auto-dichiarano erroneamente martiri del sistema, del “Papa non informato”, della “vecchia guardia”…, invece di recitare il “mea culpa”». Molti hanno pensato ad alcune personalità rimosse, o non confermate, come ad esempio il cardinale Gerhard Muller, ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, oppure i casi controversi dell’allontanamento di pezzi grossi dello Ior, come Libero Milone e Giulio Mattietti.
Ma sulla questione degli «approfittatori» si sono maliziosamente accesi i riflettori anche sull’inchiesta condotta dall’Espresso sul cardinale honduregno Oscar Maradiaga, grande elettore di papa Francesco e membro coordinatore del cosiddetto C9, il gruppo di cardinali voluto dal Papa per essere aiutato nel governo della Chiesa. Secondo questa inchiesta ci sarebbero delle accuse, si legge nell’anteprima, «per alcuni investimenti milionari in società londinesi poi scomparse nel nulla (…) sull’utilizzo di enormi somme di denaro girate dal governo honduregno» a fondazioni riconducibili al cardinale, il quale si è sempre distinto per la sua predilezione ad una chiesa povera. Tra l’altro il cardinale Maradiaga sarebbe stato destinatario per anni di circa 35 mila euro al mese dall’università cattolica di Tegucigalpa.
Francesco nel suo discorso di ieri si è soprattutto rivolto a quelli della curia che fanno resistenza alla riforma, anche se dicono che una volta venuto a conoscenza delle faccende honduregne “si sia messo le mani nello zucchetto”. Comunque ha richiamato coloro che «ancora operano nella Curia, alle quali si dà tutto il tempo per riprendere la giusta via, nella speranza che trovino nella pazienza della Chiesa un’opportunità per convertirsi e non per approfittarsene». Anche in questo caso non è chiaro a chi si riferisse di preciso, ma molti hanno pensato anche al cardinale guineiano Robert Sarah, prefetto al Culto divino e ripreso pubblicamente a proposito della sua interpretazione “restrittiva” di un recente motu proprio del Papa a proposito delle traduzioni nelle lingue volgari del messale romano.
La sostanza è che i dicasteri e gli organismi di curia devono essere, dice Francesco, «antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontà del Papa e dei Superiori». Poi il pontefice si è rivolto al compito della curia rivolto ad extra, quindi quello con le nazioni, con le chiese particolari, le chiese orientali, il dialogo ecumenico, specificando che il dialogo deve essere «costruito su tre orientamenti fondamentali, il dovere dell’identità, il coraggio dell’alterità e la sincerità delle intenzioni».
Infine, l’augurio. Ricordando che «una fede che non ci mette in crisi è una fede in crisi; una fede che non ci fa crescere è una fede che deve crescere; una fede che non ci interroga è una fede che deve essere sconvolta».