Autonomia, perché serve, perché non si farà
Con la riforma delle Autonomie passerebbero dallo Stato alle regioni solo le risorse che lo Stato spende in quella regione per quella determinata materia. Se poi la regione si dimostrasse virtuosa, il risparmio rimarrebbe a lei. Il Sud non perderebbe stanziamenti. Ma il terrore che frena le classi dirigenti meridionali è di perdere la sfida dell’efficienza.
Cominciamo con il fondamento storico. La possibilità per le regioni italiane a statuto ordinario di negoziare ed eventualmente ottenere forme limitate di autonomia dallo Stato fu introdotta con la riforma Costituzionale del 2001, votata a pochi giorni dalla fine della legislatura dal centrosinistra nel tentativo di staccare la Lega dal centrodestra (dopo che Berlusconi e Bossi avevano firmato un nuovo patto che cancellava la rottura del 1994) o almeno limitarne la vittoria.
Per sei anni la riforma rimase lettera morta, finchè nel 2007 la Lombardia (presidente Formigoni) prese l’iniziativa con una serie di mosse su larga scala, coinvolgendo anzitutto il mondo economico-produttivo, Confindustria, sindacati, Camere di Commercio, artigiani ecc., poi le università e il mondo culturale, poi ancora comuni e province, e infine il Consiglio Regionale nella sua totalità.
Presentando un vasto e dettagliato progetto e dimostrando cifre alla mano la maggiore efficienza della Regione sullo Stato in determinati settori, Formigoni ottenne l’appoggio della unanimità meno uno dei consiglieri regionali per chiedere al governo maggiore autonomia in 12 materie su 22 possibili. E iniziò trattative ufficiali col governo Prodi che proseguirono con reciproca soddisfazione fino alla caduta del governo. La vittoria trionfale del centrodestra alle successive elezioni del 2008 sembrò spianare la strada al progetto di autonomia. E invece tutto si arenò per il veto della Lega, ufficialmente per lasciare spazio al progetto di federalismo fiscale (che non sarà mai realizzato), in realtà perchè Bossi non volle che il “federalismo” fosse introdotto in Lombardia ad opera di un non-leghista.
Soltanto 10 anni dopo, nel 2017, il presidente del Veneto Zaia, seguito dal collega lombardo Maroni, riuscì a far realizzare un referendum regionale consultivo sul tema dell’autonomia, che ebbe uno straordinario successo, con oltre il 50% di sì al progetto ( in Lombardia i Sì furono leggermente inferiori). Anche l’Emilia-Romagna, pur senza un referendum, si unì alla richiesta, e così fecero alla spicciolata altre regioni tra cui anche una del Sud, la Campania.
Il tema fu inserito nel Contratto che fu alla base dell’accordo di governo tra Movimento 5Stelle e Lega. E cominciò un’estenuante tiraemolla, con i parlamentari e i dirigenti locali 5Stelle del Sud sempre più contrari al progetto (ritenuto a torto punitivo per il Sud), e i governatori, i parlamentari e la base della Lega (ma anche il mondo produttivo del Nord) sempre più irritati.
Va detto che, smentendo le reboanti dichiarazioni fatte nella campagna elettorale del 2018, in questi mesi Salvini non si è mai speso più che tanto con gli alleati per ottenere l’autonomia, nulla di paragonabile con gli epici scontri per i decreti-sicurezza o la TAV. Perchè? A giudizio del vostro Romano l'osservatore, perchè anche Salvini si è lasciato irretire dagli pseudoragionamenti di tanti presunti intellettuali del Sud che hanno condotto in questi mesi una forsennata campagna di stampa contro “l’autonomia che spacca l’Italia e depreda il Sud”.
Nulla di più falso. È stato chiarito una volta per tutte, ma era già chiaro dal 1º dibattito Lombardia-Stato del 2007 che non un solo euro in più di risorse statali sarebbe devoluto alle regioni che ottengono l’autonomia. Passerebbero dallo Stato alle regioni solo e soltanto le risorse che lo Stato spende in quella regione per quella determinata materia. Ovviamente, se poi la regione si dimostrasse così virtuosa dal realizzare il medesimo servizio ai cittadini con meno risorse, il risparmio rimarrebbe alla regione virtuosa.
E quindi il Sud non perderebbe alcuno stanziamento dallo Stato. Ma evidentemente il terrore che frena troppe classi dirigenti meridionali è di perdere la sfida dell’efficienza, di dimostrarsi meno capaci dei loro colleghi.
Ecco perchè l’autonomia regionale non si è fatta ed ecco perchè, a giudizio di chi scrive, non si farà mai. Certo, il tema rimarrà ancora per un pò all’ordine del giorno, si faranno altri incontri e altre chiacchiere, ma il governo rossogiallo non commetterà mai l’ingenuità di concedere l’autonomia a regioni in grande maggioranza governate dal centrodestra.
L’occasione è stata persa nel 2008, con un parlamento a larghissima maggioranza di centrodestra e favorevole all’autonomia. Ma la Lega pose il veto...e i treni, nella storia, non tornano mai due volte.