Atalanta, vivaio da record cresciuto negli oratori
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Non è più una cenerentola al gran ballo delle grandi, ma il vivaio della "Dea" resta un modello nel calcio mondiale, anche grazie agli… oratori.
Impossibile non simpatizzare per l’Atalanta! Un Davide che nel calcio si misura con tanti, troppi Golia. A partire dal nostro campionato: fuori per numero di abitanti dalle prime 30 città italiane, Bergamo nell’ultimo trentennio frequenta la serie A meno solo di Milano, Roma, Torino, Firenze, Genova e Udine (altro simbolo del calcio provinciale, addirittura in 46esima posizione per popolazione). Ora per la Dea orobica arriva persino una finale europea! Nessuna città col suo numero di abitanti è mai arrivata a una finale continentale dal ’94 se si eccettua la ricca città-Stato del principato di Monaco.
Già, i soldi… Ragioniamoci! Il presidente atalantino Antonio Percassi non è certo a corto di risorse: in serie A solo cinque colleghi hanno un patrimonio personale superiore al suo, che è stimato in 1,6 miliardi di dollari. Peraltro, il 55% della holding di famiglia, che controlla il club, è stato ceduto a un gruppo di investitori americani, come hanno fatto già quasi la metà delle società di calcio della serie A, rette da presidenti a stelle e strisce. Se poi andiamo a vedere gli stipendi si scopre che l’Atalanta col suo monte salari di quasi 50 milioni di euro ha sì un costo del lavoro dimezzato o più che dimezzato rispetto a Juve, Inter, Roma, ma è pur sempre nella fascia medio alta (una dozzina di club di serie A pagano meno di lei i loro calciatori) e la forbice non è così ampia rispetto ad esempio al Bayer Leverkusen, campione di Germania, che affronterà in finale di Europa League. Su questo aspetto forse colpisce di più il Bologna che si qualifica in Champions League col 16° monte stipendi della serie A, spendendo quasi la metà dei bergamaschi e duellando in classifica con una Juve che paga i suoi tesserati quasi cinque volte tanto.
Se non è più un riferimento di frugalità, l’Atalanta resta però un modello di valorizzazione del vivaio. Limitandoci all’ultimo decennio, la società bergamasca ha venduto 34 giocatori cresciuti nel vivaio incassando 250 milioni di euro. Numeri senza paragoni tra i club italiani e da top ten nel mondo! Dal passato di Scirea e Perani, Savoldi e Donadoni al presente di Bastoni e Locatelli, Ruggeri e Zappacosta, Scalvini e Carnesecchi: quanti talenti hanno sfornato i nerazzurri! In questa stagione l’allenatore Gasperini ne ha chiamati in causa una decina, tra quelli formati ‘in casa’. Non è un caso che l’allenatore dei bergamaschi per contratto abbia una percentuale sulle plusvalenze del club.
Insomma, chi arriva mercoledì a giocarsi il primo titolo europeo della sua storia, se non si può più definire ‘cenerentola’, di certo continua ad essere un esemplare emblema identitario di un territorio ben definito che si autoalimenta di continuo, grazie anche a una invidiabile organizzazione di scouting, che ha sempre fatto sponda con la capillare rete degli oratori bergamaschi.