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Dottrina sociale
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DIETRO LE PIEGHE DELLA CANZONE

“Astro del ciel” e la Dottrina sociale

“Luce dona alle menti, pace infondi nei cuor”. “Astro del ciel” può riportare le questioni di Dottrina sociale dentro la sapienza della fede, dalla quale sono spesso tirate fuori per farne solo questioni umane, troppo umane.

Dottrina sociale 27_12_2019

Durante le celebrazioni liturgiche del Natale con ogni probabilità tutti noi abbiamo ascoltato uno dei più bei canti natalizi che io conosca: “Astro del ciel”. Vi chiederete cosa c’entri con la Dottrina sociale della Chiesa cui è dedicato questo blog. Ascoltandolo, la mia attenzione si è soffermata soprattutto su questo motivo: “luce dona alle menti, pace infondi nei cuor”. Qualche versione del testo parla di luce alle “genti”, mentre è fondamentale che la luce del Bambino sia destinata alle “menti”. Questi due concetti, la luce alle menti e la pace nei cuor, mi sono sembrati molto profondi.

La Rivelazione e la Fede parlano alle menti, alla nostra intelligenza. La fede è un atto dell’intelletto guidato dalla volontà a sua volta animata dalla grazia. La fede è anche un atto che ha a che fare con l’intelligenza, è quindi conoscenza. La fede dà luce, rischiara la nostra capacità razionale, la rianima quando è stanca, la reindirizza al vero quando devia, la conferma nel vero e quindi la rafforza quando è retta. In questa piccola frase è condensato il rapporto tra la ragione e la fede secondo la religione cattolica, è come contenuto il concetto centrale di filosofia cristiana. Anche la ragione può contribuire a rischiarare la fede, ma la priorità è sempre della fede che riguarda ciò che non è visibile. Sembra una contraddizione che quanto non si vede dia luce a quanto si vede. Eppure è così anche per la ragione stessa: l’intelletto vede ciò che i sensi non vedono, l’intelletto vede ciò che agli occhi è invisibile e questo rende poi più efficace anche la vista. La fede vede il mistero, ma si sa che il mistero non è l’assurdo e quindi l’invisibile in quanto buio, ma è l’invisibile in quanto troppo luminoso per noi.

Il Bambino di Betlemme dà luce alle menti, e questo non può non valere anche quando le menti si occupano di come organizzare questo mondo, ossia di questioni sociali e politiche. L’agire politico rientra nell’ambito della ragione pubblica, dell’agire politico illuminato dalla morale naturale e rischiarato dalla luce della fede nella rivelazione. Se il Bambino rischiara le menti, le rischiara sempre, anche quando viviamo da cittadini credenti. L’essere credenti è fondamentale per essere anche cittadini, altrimenti da cittadini vagheremmo nel buio o nella debolezza della ragione politica abbandonata a se stessa. La luce alle menti, quindi, afferma l’importanza del ruolo pubblico della fede cattolica, la sua pretesa, il suoi diritti che la secolarizzazione le contesta. Il Bambino ha portato una luce anche intellettuale di cui non possiamo fare a meno in tutte le cose che facciamo.

Poi Egli dona anche pace nei cuor. La pace è l’obiettivo supremo della politica. Essa è la tranquillità dell’ordine, dove c’è disordine non c’è pace ma violenza. Per questo essa comporta la giustizia. La pace ha bisogno dell’intelletto perché l’ordine va conosciuto prima di essere voluto. Poi però la pace diventa anche questione di volontà e di spiritualità. In fondo tutto si decide nel cuore nell’uomo e se non c’è la pace lì, non ci sarà altrove. La pace dei cuori non nascerà dalla pace nelle strutture sociali, ma viceversa. Se nei cuori c’è il male non si potrà pretendere di divere in istituzioni pacifiche. Senza la vita di grazia non c’è pace nella società. I Sacramenti hanno un formidabile e fondamentale impatto pubblico, il mondo lo nega, ma la Chiesa dovrebbe saperlo. Se togliamo i Sacramenti anche tutta la vita familiare, sociale, economica e politica si degrada.

Astro del ciel” può quindi riportare le questioni di Dottrina sociale dentro la sapienza della fede, dalla quale sono spesso tirate fuori per farne solo questioni umane, troppo umane.