AstraZeneca, il caos ricade sugli ultra 60enni
Nonostante tutti i tentativi fatti per negare gli eventi avversi, le analisi dell’Ema confermano che esiste un’associazione tra il vaccino oggi chiamato Vaxzevria e casi di tromboembolismi anche gravi. Ma Ministro della Sanità italiana ha deciso di proseguire e di dare il vaccino solo agli ultra 60enni, sui quali non conosciamo le reazioni perché il vaccino finora non è stato utilizzato per gli anziani ai quali era destinato quello della Pfizer.
Avrebbe dovuto essere secondo il Piano Vaccinale del Ministero della Salute il vaccino per persone giovani, per categorie come insegnanti e forze dell’ordine, e il suo utilizzo in tal senso era stato già avviato. Altre indicazioni ne indicavano l’uso per persone al di sotto dei 55 anni. Poi arrivò una precisazione ministeriale che estendeva a 60 anni l’età limite per questo vaccino, l’anglosvedese AstraZeneca. Poi successe qualcosa di strano, e apparentemente inaspettato per il grande pubblico indotto da mesi ad attendere l’arrivo del messianico vaccino che avrebbe liberato tutti quanti dalla minaccia della Pandemia.
Cominciarono ad arrivare da vari Paesi europei segnalazioni di eventi avversi anche gravi seguiti alla vaccinazione. Reazioni di tipo vascolare, e neuro vascolari. Reazioni che in un numero di casi sempre più crescente diventavano mortali. Da qui la decisione di vari Paesi di sospendere l’inoculazione di AstraZeneca, fino al provvedimento di ritiro cautelativo del vaccino da parte dell’Agenzia europea del farmaco, l’EMA. Una decisione accolta in Italia dagli ambienti governativi con un atteggiamento a dir poco indispettito.
Qualche politico arrivò a prendersela con i giornali, rei di aver dato notizia del numero di persone morte in seguito alla vaccinazione, accusati di “creare allarmismo” , o ai magistrati, “colpevoli” di avere aperto inchieste su queste strane mori di persone sane, di 30-40 anni. Atti dovuti e necessari, in realtà, stante le circostanze. Ma che un vaccino potesse dare effetti collaterali dannosi per l’organismo e addirittura la morte, era qualcosa che non si poteva e non doveva dire, semplicemente perché la conoscenza di questi effetti avversi avrebbe potuto creare difficoltà all’avanzata trionfante della campagna vaccinale. Già, perché nulla deve fermare la vaccinazione di massa, tantomeno la preoccupante crescita degli avventi avversi. I soliti virologi da salotto hanno strepitato protestando contro le misure cautelative prese dall’Ema, e poi per brevissimo tempo fatte proprie dall’Aifa. Un atteggiamento davvero poco scientifico, e addirittura poco razionale.
Proviamo ad immaginare uno scenario di questo tipo: una casa automobilistica mette in produzione un nuovo modello, un prototipo innovativo. Tuttavia dopo pochissimo tempo dalla messa in produzione arrivano centinaia, migliaia di casi che rivelano che l’auto ha un difetto, ad esempio nella stabilità. Aumentano i casi di incidenti. Che fa la casa automobilistica? Ritira il modello, cerca il difetto e cerca di mettere sul mercato un auto più sicura, senza più il difetto rilevato.
Perché questo non può avvenire per i vaccini anti Covid? Perché negare o nascondere il problema?
AstraZeneca nel frattempo ha provveduto a cambiare il nome del suo prodotto. Un cambiamento di brand, al fine del marketing. Così ora si chiama Vaxzevria, ma il cambiamento di nome non ha portato ad alcun cambiamento nel contenuto del prodotto, semmai sono state portate variazioni nelle schede tecniche, più volte modificate. L’altro significativo cambiamento è avvenuto per quanto riguarda le età in cui somministrare il vaccino. Così il “vaccino per i giovani” oggi ha invece una indicazione per le persone al di sopra dei 60 anni.
Una confusione che ha in realtà una spiegazione molto evidente: questo vaccino (ma non da meno sono Pfizer, Moderna e l’imminente Johnson&Johnson) è in una fase del tutto sperimentale. Si sta procedendo per tentativi, magari tenendo conto dei risultati, dei nuovi dati emergenti, in uno scenario di processo sperimentale, con categorie di persone che fanno da cavie per l’esperimento.
Nonostante tutti i tentativi fatti per negare o ridimensionare il dato degli eventi avversi, le analisi del fenomeno condotte da parte dell’Ema hanno portato alla conferma che esiste un’associazione tra il vaccino oggi chiamato Vaxzevria e casi di tromboembolismi anche gravi, in sedi inusuali, fra i quali casi di trombosi venosa dei seni cerebrali, trombosi splancniche e arteriose, associati a trombocitopenia.
La maggior parte dei casi è stata segnalata in soggetti di età inferiore ai 60 anni e prevalentemente nelle donne. Tali eventi sono stati osservati per lo più entro 14 giorni dalla somministrazione della prima dose di vaccino. Al momento – aggiunge l’Ema - non esistono dati sul rischio correlato alla seconda dose in quanto al momento essa è stata somministrata solo ad un numero limitato di soggetti, e alla luce dei dati attualmente disponibili non è possibile esprimere raccomandazioni circa l’individuazione di specifici fattori di rischio, e nel contempo non sono identificabili trattamenti preventivi dei suddetti episodi trombotici. Insomma: il vaccino è ancora pieno di incognite, come ovvio in ogni forma di tentativo sperimentale.
Alla luce di tali evidenze, quali sono stati i provvedimenti assunti dal Ministro della Sanità italiana? Avanti tutta con Vaxzevria, che è approvato a partire dai 18 anni di età. Tuttavia, dice una circolare del 7 aprile, visto il minor rischio di reazioni avverse di tipo tromboembolico nelle fasce di età più avanzate, si è stabilito un uso preferenziale nelle persone di età superiore ai 60 anni. Si tratta di una valutazione discutibile, dato che il vaccino finora non è stato pressoché utilizzato per gli anziani ai quali era ed è destinato quello della Pfizer.
Per altro, chi ha già ricevuto una prima dose del vaccino Vaxzevria, può completare il ciclo vaccinale col medesimo vaccino.
Insomma, anche se l’indicazione è di farlo agli over 60 scommettendo sull’ipotesi che a loro dovrebbe fare meno male, se hai trent’anni e hai già fatto la prima dose, prosegui ancora con questo. O forse no: cè chi ha subito detto proviamo a fare due vaccini diversi, e vediamo cosa succede. Insomma, siamo in pieno avventurismo sperimentale, siamo all’empirismo.
Intanto l’Ema sottolinea l’importanza di riconoscere tempestivamente eventuali campanelli d’allarme per intervenire con immediatezza. «Riconoscendo i segni precoci dei coaguli di sangue e dell’abbassamento delle piastrine, e trattandoli precocemente – dice in una propria nota -, gli operatori sanitari possono aiutare le persone colpite da questi eventi a guarire a ad evitare complicazioni». Segnali come respiro corto, dolore al petto, gonfiore delle gambe, persistente dolore addominale, mal di testa e vista offuscata, macchioline di sangue sottocutanee nell’area dell’inoculazione.
Indicazioni importanti, da tenere in considerazione. Auguriamoci lo siano anche da parte dei medici italiani, nella speranza che non sottovalutino queste reazioni, e che non ascoltino certi personaggi come l’ineffabile Galli che ha parlato delle morti e dei danni da vaccino come “rumori di fondo”. Una strana definizione per delle vere e proprie tragedie che hanno colpito tante persone e le loro famiglie, ma che non devono disturbare il coro trionfale della campagna vaccinale.