Assunta, la danza vorticosa di Maria verso il Cielo
Nell'Assunzione di Parma, il Correggio non allineò le sue figure secondo schemi geometrici ma le fece librare in aria, lasciando loro liberamente occupare lo spazio dipinto.
Antonio Allegri (detto il Correggio), Assunzione della Vergine, Parma – Cattedrale di Santa Maria Assunta
Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle (Ap 12, 1).
Nella calotta della cupola sopra l’altare maggiore della Cattedrale di Parma, dedicata all’Assunta, la Vergine è vestita di rosso e di blu, essendo, il primo, il colore terreno per antonomasia e rappresentando tradizionalmente il secondo l’idea di trascendenza e di divinità. Maria, infatti, ci appare qui mentre sale al cielo in tutta la Sua umanità, con l’anima e con il corpo, mentre il Sole di cui parla l’Apocalisse è l’emanazione di Dio che, avendola prescelta, così la accoglie.
Il Correggio, al secolo Antonio Allegri, cominciò a dipingere l’Assunzione della Vergine nel 1524, reduce dal successo ottenuto con gli affreschi della vicina abbazia benedettina intitolata a San Giovanni Evangelista, appena conclusa. Su una superficie di circa 650 metri quadrati, il pittore sviluppò il tema assegnatogli realizzando una delle prime cupole a cielo aperto, interpretando l’episodio con un’audacia prospettica fino allora inedita.
“Il lavoro deve essere all’altezza dell’onore del luogo e nostro”, scrisse il maestro nel contratto stipulato con i Fabbricieri del Duomo. E così fu, nonostante le critiche a lui mosse una volta compiuta l’opera, per via della sua portata rivoluzionaria. A differenza di quanto era già accaduto in pittura, infatti, Correggio non allineò le sue figure secondo schemi geometrici ma le fece librare in aria, lasciando loro liberamente occupare lo spazio dipinto. Non solo: utilizzò un morbido chiaro scuro ed effetti di luce particolari in grado di conferire plasticità e dinamismo alle figure, creando un modello imprescindibile per l’imminente pittura barocca.
Lungo un parapetto illusorio dipinto sul tamburo reale della cupola, si schierano angeli e apostoli il cui concitato gesticolare da il là a una danza vorticosa che coinvolge una miriade di personaggi dentro una spirale di nuvole attorcigliate. Tutti sospingono verso l’alto Maria, convitati a una festa gioiosa. Ne riconosciamo alcuni: Adamo ed Eva, con la mela divenuta ormai frutto della salvezza, rappresentano l’umanità redenta e sono accompagnati da Giuseppe, lo sposo di Maria riconoscibile dal virgulto fiorito con il quale era stato identificato. Accanto a loro Abramo e il figlio Isacco, Davide e Melchisedek, mentre, a sinistra della Vergine, alla destra di chi guarda, s’incontrano le figure femminili e, quindi, tra le altre, Rebecca e Giuditta, quest’ultima con il trofeo della testa di Oloferne tra le mani.
Assistono al tripudio di Maria che spalanca le braccia verso l’alto dove in Figlio l’attende. Dio Padre è qui oro dirompente che emana una luce splendente che scende, posandosi su tutti e su ciascuno, plasmandone i contorni. Infine, lo Spirito che Correggio traduce in spinta ascensionale, forza centripeta e magnetica, pura energia.
Un’ultima nota: l’iconografia tradizionale prevede la presenza del sarcofago di Maria vuoto, circondato dagli Apostoli stupefatti. L’Allegri qui lo elimina lasciando il posto all’altare maggiore della chiesa attorno al quale ci disponiamo, il naso all’insù, a contemplare, pieni di gratitudine, il punto dove sappiamo essere, anche noi, desiderati e attesi.