Assisi, la città del santo amato dagli scrittori di tutti i secoli
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La nostra storia letteraria si apre con il Cantico delle creature di san Francesco d'Assisi e ne rimane affascinata fino ai nostri giorni, da Dante a Luis de Wohl, passando per D'Annunzio.
Tra il fiume Topino e il Chiascio, le cui acque scendono dal colle scelto dal beato Ubaldo Baldassini per il suo eremitaggio, degrada una fertile costa dall’alto monte del Subasio, dal quale Perugia riceve a est il freddo d’inverno e il caldo d’estate. Sulla costa occidentale del monte, dove il pendio diventa meno ripido, sorge la città di Assisi, che significa «salita», mentre sulla costa orientale le città di Nocera e di Gualdo Tadino soffrono per il fastidioso giogo del Subasio. Così Dante descrive la collocazione di Assisi nel canto XI del Paradiso.
Città d’arte, di religione e di forte misticismo, Assisi è un luogo dove si dovrebbe tornare tutti gli anni per respirare la nascita al mondo di un nuovo Sole, come direbbe Dante, ovvero il sentimento di un uomo nuovo e di una rinata visione della realtà a partire dall’amore a Cristo che rese san Francesco immagine del Signore in Terra. A detta di Dante, proprio per il fatto che san Francesco è stato per il mondo un nuovo Sole sarebbe opportuno ribattezzare quel paese con il nome di «Oriente» (luogo di nascita del Sole), non più «ascesi» (salita ovvero Assisi). Così, il nome della città rispecchierebbe meglio la sua natura. Per l’uomo medioevale forte è la convinzione che i nomina sunt consequentia rerum, ovvero i nomi sono conseguenza della natura delle cose.
Poche città come Assisi sono inestricabilmente legate alla storia letteraria. Morto nel 1226, san Francesco venne canonizzato solo due anni più tardi. Il santo d’Assisi non fu soltanto colui che avviò la letteratura italiana con le Laudes creaturarum o Cantico delle creature (1224), ma divenne anche protagonista di molte opere (narrative o saggistiche). Fin da subito nacque una fiorente letteratura sul santo.
La nostra storia letteraria si apre con la prosa assonanzata e ritmata del Cantico delle creature, scritta nel dialetto umbro illustre, in cui si cantano le lodi al Signore, cui si devono ogni lode e benedizione. Lo sguardo di san Francesco procede dall’alto verso il basso, dal cielo alla Terra. Tutta la realtà testimonia la presenza del Creatore che ha impresso l’orma di sé ovunque. L’unico essere vivente che viene nominato nel cantico è l’uomo. L’aspetto che più lo nobilita è il perdono, di cui è capace solo nel nome di Cristo. Il perdono è il dono più grande che ci sia stato dato e di cui, a nostra volta, possiamo omaggiare gli altri, è l’abbraccio della persona nonostante i suoi limiti e le sue mancanze.
Gli ultimi versi del cantico sono stati scritti nel 1226, pochi giorni prima di morire. Per questo colpisce la certezza con cui san Francesco apostrofa la morte come sorella. Chi prima di allora l’aveva chiamata così? Essa non va semplicemente accettata, ma deve essere amata, perché non ci può arrecare alcun male. Solo il nostro peccato ci può rovinare, perché ci può condurre alla dannazione eterna. La morte è, invece, l’evento che fa cadere il muro d’ombra che ci dischiude all’eterno e alla visione di Dio.
La storia letteraria medioevale è strettamente connessa a san Francesco. Basti pensare alla vasta produzione agiografica che si sviluppò dopo la morte del santo. L’agiografia due-trecentesca presenta san Francesco d’Assisi secondo una duplice tradizione. Ad un’impostazione in cui il santo viene descritto in chiave edulcorata e miracolistica, che trova la sua espressione nella Legenda prima e nella Legenda secunda di Jacopo da Varagine (1228-1298) e nel XIV secolo nei Fioretti di san Francesco (1370-1390), se ne contrappone un’altra più realistica riconosciuta come più veritiera e attendibile dall’ordine francescano delle origini. Di questa è l’esempio più famoso la Legenda maior (1260-1263) di san Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221 circa-1274). L’espressione legenda non ha il significato odierno di «fatti inventati e mitici», bensì il valore di «cose da leggersi, perché importanti». San Bonaventura è anche l’autore di uno dei trattati di mistica più celebri nel Medioevo, quell’Itinerarium mentis in Deum che Dante stesso conobbe e tenne presente per la composizione della sua Commedia.
Anche gli scrittori contemporanei sono stati affascinati dal santo d’Assisi. Gabriele d’Annunzio (1863-1938) riprende perfino il titolo delle Laudes creaturarum nelle sue Laudi del Cielo, della Terra, del mare e degli eroi. Le immagini di san Francesco sono presenti in abbondanza nella villa del Vittoriale degli Italiani.
Lo scrittore e giornalista Chesterton (1874-1937) dedica un intero saggio a san Francesco. Lungi dallo stendere una biografia sentimentale e agiografica, Chesterton scarta le due posizioni prevalenti della critica e della biografia che hanno letto il santo o alla luce di un’analisi sociale o sotto una prospettiva teologica e sceglie una terza via, che è quella di condurre una ricerca animata dallo stupore per l’eccezionalità di un uomo, che è stato il vero genio del Duecento.
Non certo sognatore, san Francesco fu uomo pratico, di azione, rapido fin quasi ad essere precipitoso nei compiti che si assume o nelle promesse che dà. Che entusiasmo comunica l’episodio in cui il santo mendica pietre per la ricostruzione della chiesa di San Damiano! La sua stranezza è operosa, caritatevole, entusiasta, infuocata di una passione ardente per Cristo. È la stranezza stessa di un seguace di Gesù che fu paradosso e segno di contraddizione per tutti. «Noi non siamo mai saliti così in alto, perché non siamo mai scesi così in basso» scrive Chesterton a proposito di san Francesco.
Qualche decennio più tardi ne Il gioioso mendicante lo scrittore ungherese, naturalizzato britannico, Louis de Wohl (1903-1961) presenta un uomo che abbandona tutto (la gaudente vita precedente, le ricchezze e l’agiatezza della casa paterna, la brama di combattere, la sua immagine di rex iuvenum ovvero «re dei giovani», ambìto dalle compagnie di Assisi) per seguire Cristo.
La prossima settimana andremo alla scoperta dei più significativi luoghi francescani ad Assisi.
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