Assemblea Pd, chi vuole elezioni subito e chi no
Matteo Renzi preme per rifare subito la legge elettorale, tornando al sistema Mattarellum (maggioritario, turno unico, quota proporzionale) e andare al voto il prima possibile. La minoranza dem, tuttora incapace di esprimere un leader, frena sui tempi. E anche il centrodestra mira a temporeggiare.
Un “mea culpa” di facciata sul referendum ("Abbiamo perso al sud e tra i giovani"), un’apertura alla minoranza dem con la proposta di tornare al Mattarellum e con le rassicurazioni solenni di non volere una rivincita immediata. Quanto alla data del congresso, ha tranquillizzato che essa non verrà anticipata, perché eventuali assise troppo ravvicinate si risolverebbero in una ricerca di “rivincite e regolamenti di conti”. Matteo Renzi, a sole due settimane dalla cocente sconfitta referendaria, torna in prima linea aprendo da segretario l'assemblea nazionale del Pd all'Hotel Ergife di Roma e lasciando intendere che all'orizzonte ci sono piuttosto le elezioni anticipate. Ma con quale legge elettorale? Sicuramente Mattarella vedrebbe con favore il ritorno a un sistema che porta il suo nome, ma non è detto che in Parlamento si trovino le convergenze necessarie, visto che Forza Italia e centristi hanno già alzato le barricate e che soltanto la Lega si è detta favorevole alla proposta renziana, approvata, peraltro, quasi all’unanimità durante l’assemblea del suo partito, alla quale era presente anche l’attuale premier, Paolo Gentiloni.
Renzi ha dunque comunicato plasticamente all’opinione pubblica la sua intenzione di ripartire dall’insuccesso sulla riforma costituzionale per rilanciarsi verso Palazzo Chigi, anzitutto ricompattando il suo partito e continuando a dare le carte al tavolo di gioco della politica italiana. In che modo? La prima mossa gli è riuscita, cioè quella di blindare l’attuale esecutivo con uomini di sua stretta osservanza e con la riproposizione quasi integrale della sua compagine ministeriale. Ora, per fare la seconda mossa, avrà bisogno ancora una volta della manina quirinalizia e, siccome la seconda mossa è quella di staccare la spina a Gentiloni non appena si aprirà una finestra elettorale in grado di consentire il ritorno alle urne, non è detto che l’impresa possa risultare agevole all’ex sindaco di Firenze e ormai ex premier.
Non è detto, infatti, che la pattuglia di parlamentari Pd alla prima legislatura, molti dei quali già certi di non essere ricandidati alle prossime elezioni politiche, sia disposta ad adeguarsi agli eventuali diktat renziani. Tanto più che si tratta di deputati e senatori contrari a quel Jobs act che nei prossimi mesi potrebbe essere sottoposto a referendum. Il colpo di grazia alle ambizioni di potere di Renzi potrebbe essere proprio quel referendum, che decreterebbe una seconda bocciatura dell’operato del suo governo. Il Jobs act, infatti, è stato sbandierato ai quattro venti come una delle riforme più incisive e positive dei suoi 30 mesi di governo e vederlo bocciato sonoramente dai cittadini italiani potrebbe equivalere al “de profundis” del renzismo come indirizzo politico riformatore.
Ma non sono solo i peones dem a non volere tornare alle urne prima dell’autunno 2017 (il vitalizio scatterebbe solo se lo scioglimento anticipato delle Camere arrivasse nella seconda metà di settembre). Anche Forza Italia preme per arrivare alla fine naturale della legislatura, ben consapevole che il trascorrere del tempo potrebbe aumentare le possibilità che da Strasburgo arrivi una riabilitazione per Silvio Berlusconi, logorare Matteo Renzi, frenare l’avanzata pentastellata, far crescere nuove leadership anti-Renzi nel campo del centrosinistra e dare tempo al centrodestra di riorganizzarsi. Attualmente, nonostante le fughe verso Verdini, la squadra parlamentare azzurra è ancora molto folta, mentre non lo sarebbe se si votasse nei prossimi mesi, a prescindere dal sistema elettorale, visti anche i sondaggi.
Tornando all’assemblea Pd di ieri, non sono mancate le voci di dissenso. Ad esempio Cuperlo ha invocato chiaramente una nuova guida del partito, l’ex capogruppo Speranza, anch’egli esponente della minoranza bersaniana, ha auspicato il superamento di alcune riforme fatte dal governo Renzi e si è candidato alla segreteria del partito. Non si preannuncia, quindi, tranquillissima la navigazione di Renzi verso le prossime elezioni politiche, sia che arrivino già in primavera sia che slittino alla seconda metà del 2017 o, addirittura, alla scadenza naturale della legislatura. L’ex premier dovrà inventarsi una sua nuova immagine di ricostruttore, dopo essere risultato vincente sulla scena politica come rottamatore. E’ una metamorfosi che va contro la sua indole e che lo costringerà a estenuanti mediazioni con i suoi nemici e avversari. Un conto sarebbe adeguarsi a questo ruolo per pochi mesi, magari fino alle primarie del centrosinistra, che lui conta di stravincere, altro conto sarebbe scavallare l’estate e rimanere alla finestra per un anno intero. I cicli della politica ormai sono brevissimi e per lui, nonostante la giovane età, ritornare in sella dopo un anno di inattività potrebbe non risultare semplicissimo.