Assegno unico, un libro dei sogni senza soldi
Al grande trionfalismo di mercoledì per l'approvazione della Lepri-Delrio sull'Assegno unico è seguito il silenzio di ieri. Per forza: per far sì che la sovvenzione non sia una semplice riorganizzazione dell'esistente servono almeno 7 miliardi. E il Governo non sembra intenzionato a reperirli.
Tempo 24 ore e l’Assegno unico è già sparito dal radar della politica. Chi aveva creduto che il voto all’unanimità del Parlamento sul riordino dei bonus di Stato alle famiglie fosse un punto di svolta, dovrà ricredersi. Per due motivi: anzitutto perché di soldi in più ad oggi non ce sono, in secondo luogo perché la legge approvata dalla Camera e che dovrà passare in Senato, delega il Governo a definire nel concreto le sovvenzioni. Ma al Governo siede il ministro dell’Economia Gualtieri, il quale non ha mai detto nulla a favore dell’assegno. E sempre al Governo siede un ministro della Famiglia, Elena Bonetti (Italia Viva), che nell’approvazione del Ddl Lepri-Delrio (entrambi del Pd) non ha praticamente toccato palla
Insomma, il voto in Parlamento è un libro dei sogni, una dichiarazione di intenti, ma anche uno specchietto per le allodole per quei pro family che, entusiasti per il voto all’unanimità, saranno così distratti per l’approvazione della legge sull’omofobia ormai in dirittura d’arrivo.
Vediamo perché.
Per stessa ammissione del suo primo firmatario, Stefano Lepri, nel nuovo assegno mancano almeno 7 miliardi, quindi finché il Governo tramite Gualtieri non si impegnerà a trovarli, non cambierà assolutamente nulla. Inoltre, la legge dà al Governo un anno di tempo per metterlo in campo, ma tra un anno non si sa neppure se questo esecutivo sarà ancora in piedi.
C’è poi il capitolo delle riserve espresse dalla ragioneria dello Stato la quale ha detto che «l'impatto finanziario del disegno di legge è consistentemente superiore alle risorse indicate e questo potrebbe comportare l'erogazione di un beneficio di entità ridotta». Infatti, per ovviare a questo sono state introdotte le progressività reddituali, che però sconfessano l’idea di un assegno unico per tutti, indipendentemente dal reddito, o comunque esteso a una larga platea di redditi anche medi, che in questa nuova formulazione saranno sempre più colpiti.
Ad oggi dunque, la riforma zoppa dell’assegno è destinata a rimanere lettera morta, anche perché verranno abolite le 8 tipologie di detrazioni, come quelle per i figli a carico, quelle Irpef, i bonus bebè. Questo dovrebbe liberare, nei calcoli del Pd, 15,5 miliardi di euro, a tanto ammonta la spesa storica. Ma per dare di più a tutti - parametrandolo al modello tedesco di circa 200 euro a figlio - servirebbero 6-7 miliardi in più. Diversamente sarà una redistribuzione che di fatto non cambierà di un centesimo di euro la disponibilità delle famiglie.
Nel capitolo delle detrazioni tolte ce n’è anche una che costituisce una piccola discriminazione: è quella dei 1200 euro per famiglie con 4 o più figli. È vero che il Ddl prevede una maggiorazione dopo il secondo figlio, ma stando ai numeri odierni le maggiorazioni non riuscirebbero a coprire questa cifra che verrebbe così, beffa, perduta dalla famiglie numerose. Questo anche perché la legge non ha indicato numeri: si parla di un assegno fino a 240 euro al mese per figlio. Ma è una formulazione troppo generica che, unita alla specifica sulla condizionalità delle risorse disponibili, potrebbe voler dire anche un euro al mese. Poco e male.
C’è poi un aspetto politico da non sottovalutare e che logorerà la compagine di governo: i rapporti di difficoltà e di concorrenza tra Pd e Italia Viva rischiano di riflettersi anche sulle sulla politica delle provvidenze famigliari: nel Family act, un testo dei sogni confuso e irrealizzabile, la riforma dell’assegno è solo uno dei 5 pilastri indicati dalla Bonetti. Ma la riforma ad oggi è una vittoria del Pd, che può presentarsi così alle famiglie italiane, soprattutto quelle cattoliche, alla vigilia dell’approvazione della legge Zan Scalfarotto, con qualcosa di buono fatto per accontentare le famiglie. Fumo negli occhi? Presto per dirlo, ma il sospetto c’è ed è coltivato anche da alcuni autorevoli esponenti pro family.
Insomma: soldi non ce ne sono e il governo non ha indicato dove andrà a prenderli. C’è la torta dei 209 miliardi del Recovery fund, ma la concorrenza è agguerrita e senza una volontà politica non sarà facile averli. E in ogni caso non arriveranno prima del 2021. Campa cavallo.