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IL BLUFF

Assegno, famiglie tradite dalla demagogia di Draghi

Con il ritardo dei decreti attuativi l'Assegno unico rischia di slittare al 2022 o di partire dimezzato a luglio. Esplode la protesta delle famiglie numerose: «Vergogna, siamo le più penalizzate, non arriverà niente dai 250 miliardi del Recovery». Da FdI tuona la Rauti: «Prevedibile che sarebbe finita così, la demagogia di Draghi sui 250 euro ha fatto il resto e così le famiglie navigano a vista». 

Famiglia 29_04_2021
L'incontro tra il ministro Bonetti e l'ANFN

«È un’offesa alle famiglie, soprattutto quelle numerose». Il probabile rinvio dell’Assegno unico a gennaio 2022, per il ritardo sui decreti attuativi, rappresenta uno schiaffo per l’Associazione Famiglie Numerose.

Nonostante il voto all’unanimità di tutte le forze politiche, è arrivata la doccia fredda quando all’approvazione del Recovery fund neanche uno dei 248 miliardi che arriveranno sarà destinato a rinforzare il nuovo assegno che sarà così ancora più povero per molte famiglie numerose come l’associazione ha dimostrato con le sue proiezioni.

C’è un’ipocrisia di fondo che però denota l’errata concezione che questo governo, come i precedenti, ha delle politiche famigliari. I soldi del Recovery devono essere destinati agli investimenti, si giustificano dalla Maggioranza e gli assegni non sono considerati investimenti. Ecco svelato il grande inganno: si prosegue con le politiche assistenziali e si spera che il governo metta ogni anno qualche briciola, ma sempre di welfare si tratta. Invece, se la misura dell’assegno unico fosse stata presentata all’Europa come una vera politica famigliare, strutturale, allora sì che la misura sarebbe stata ritenuta un investimento per il futuro. Questo è l’inganno, il resto sono i miseri tweet dei parlamentari della vasta maggioranza, che dopo aver annunciato l’Assegno unico trionfalmente, si sono completamente disinteressati alla beffa che si stava consumando.

Mario Sberna, che dell’ANFN è presidente non nasconde il suo sconforto: «Noi lo dicevamo da mesi che i soldi stanziati erano troppo pochi e che non c’era il tempo per i decreti attuativi entro il 1° luglio, lo abbiamo anche detto alla ministra Bonetti che ci ha incontrato la settimana scorsa», spiega alla Bussola denunciando quello che è un problema principalmente politico: «Se non li cerchi, i soldi non li trovi, ma con 248 miliardi di fondi dal Recovery non si è trovato neanche un paio di miliardi per adeguare l’assegno al tetto di 250 euro a figlio come annunciato da Draghi. Questo è scandaloso e vergognoso perché è una presa in giro».

Sberna e l’ANFN da tempo denunciano che l’assegno unico «è iniquo perché è costruito con la stupida progressività del meccanismo Isee» che penalizza proprio le famiglie numerose. «Perché per il superbonus 110 non si va a guardare l’Isee? È una vergogna che nel 2021, con 250 miliardi a disposizione, stiamo ancora a utilizzare l’Isee e a sperare che il governo attivi la clausola di salvaguardia per quelle famiglie che col nuovo sistema ci perderebbero. Nascono 400 mila figli all’anno e il governo sta a guardare all’Isee, è vergognoso».

Il fatto è che tra tutti i componenti del Forum famiglie, soltanto l’ANFN non si è accodata all’entusiasmo di questi giorni, ma guarda caso è proprio l’associazione che sente di più il carico del peso famigliare e delle discriminazioni conseguenti che derivano da precise politiche fiscali che penalizzano chi fa più figli.  

«La nostra Costituzione parla delle famiglie numerose, ma guarda caso sono proprio le grandi dimenticate, anzi, le grandi offese e con la probabile decisione di rinviare l’assegno o di partire con cifre ridotte o solo per le partite iva, lo Stato sta dicendo a noi: «Non vi diamo niente, ma non vi togliamo niente, quindi restate lì nel vostro angolino, sento parlare di rivoluzione, di resilienza, di ripartenza, ma l’unica cosa che tocco con mano è che insieme alla Romania siamo gli ultimi in Europa per impegni famigliari».

Con un governo incapace di cogliere la sfida per il futuro rappresentata da una politica famigliare di lungo respiro, a raccogliere la protesta delle associazioni famigliari, almeno quelle che non si sono accodate ai battimano di questi giorni per ragioni eminentemente di interesse politico, è rimasta solo Fratelli d’Italia dato che la Lega, entrata al governo, non ha ritenuto di mettere la partita dell’Assegno unico tradito in cima all’elenco delle battaglie.

Isabella Rauti, (in foto) responsabile Famiglia del partito di Giorgia Meloni spiega alla Bussola: «Quello che vediamo oggi era ampiamente prevedibile perché la misura dell’Assegno unico era stata approvata alla Camera il 21 luglio, poi in Senato il 30 marzo con mesi di ritardo rispetto all’avvio scritto sul Family act che addirittura fissava la partenza per il 1° gennaio scorso. L’errore è stato all’origine, quando si sceglie la strada di un disegno di legge delega che ha sempre tempi incerti e lunghi. Inoltre, noi abbiamo approvato la misura alla cieca perché erano state fatte delle simulazioni riviste al rialzo, ma nel dibattito parlamentare non è stato possibile conoscere la cifra dell’assegno se non in termini orientativi».

Anche l’esponente di FdI ritiene che l’Isee debba essere riformulato «perché utilizza criteri superati e può produrre discriminazioni» e accusa Draghi di demagogia: «Il giorno prima del dibattito in Aula aveva parlato di 250 euro mese/figlio ma era evidente a tutti che non poteva essere così e il motivo è molto semplice: i minorenni sono circa 10 milioni, per corrispondere a tutti 250 euro al mese servirebbero almeno 30 miliardi complessivi quindi almeno altri 10 miliardi in più rispetto ai 20 ora a disposizione e questa proiezione è elaborata senza contare la maggiorazione per i figli disabili e quelle previste dal secondo figlio».

Demagogia, dunque, quella del presidente del Consiglio «perché sarebbe stato più realistico, oltre che sincero, dire che la cifra poteva oscillare tra i 100 e i 200 euro. La verità è che se il Governo avesse voluto puntare sulla famiglia avrebbero inserito l’Assegno nel PNNR, è la volontà politica che manca, ma intanto le famiglie navigano a vista».