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IL CASO

Arrogante, paternalista, bugiardo: questo è il vero Prodi

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Al netto dell'esasperazione politica e della faziosità di schieramento, la vicenda di Romano Prodi che ha bullizzato una giornalista è la sintesi della sua carriera politica. E dovrebbe far riflettere sui personaggi a cui è stata ed è affidata l'Italia e l'Europa. 

Editoriali 28_03_2025

Giorno dopo giorno la vicenda di Romano Prodi, che ha bullizzato la giornalista Mediaset Lavinia Orefici sul Manifesto di Ventotene, si arricchisce di nuovi capitoli e diventa francamente sempre più imbarazzante. Tralasciando l’esasperazione della polemica politica che, come sempre in questi casi, si basa sugli schieramenti, i fatti nudi e crudi dicono che: l’ex presidente del Consiglio dei ministri in Italia, nonché ex presidente della Commissione Europea, e anche padre nobile del centro-sinistra e tante altre cose in precedenza, ha prima svillaneggiato una giornalista, facendo anche affermazioni gravi per un politico di provenienza cattolica; poi, accusato di averle tirato i capelli, mente spudoratamente parlando di mano sulla spalla (che peraltro già sarebbe stato discutibile) contando anche sul fatto che non ci sono immagini chiare; infine, quando spuntano le immagini che lo smentiscono clamorosamente scrive un comunicato in cui si dispiace per l’errore fatto (il gesto contro la giornalista o la menzogna?) ma si guarda bene dal chiedere scusa, rivendicando invece a proprio favore  la sua storia.

Appunto, il fatto è che il suo atteggiamento sprezzante nei confronti della giornalista è proprio figlio della sua storia caratterizzata da una presunzione e da una arroganza pari al potere che negli anni è riuscito ad accentrare nelle sue mani. È stato sprezzante con Lavinia Orefici perché è sempre stato sprezzante e rancoroso nei confronti di chi contestava le sue affermazioni. E può darsi che, come dice lui, tirare i capelli sia un gesto che fa abitualmente in famiglia, ma è un esempio del paternalismo che l’ha sempre contraddistinto anche in politica, come quando in un famoso dibattito televisivo elettorale con Silvio Berlusconi nel 2006 parlò di «organizzare un po’ di felicità» per gli italiani. O come quando prometteva meraviglie con l’adesione all’euro. Anche allora mentiva davanti alle telecamere avendo invece ben presenti i rischi che comportava l’euro per gli italiani.

Ed è così arrogante che non contempla neanche di chiedere scusa né per l’atteggiamento e il gesto inqualificabile avuto nei confronti della giornalista né per aver mentito in modo così plateale. Un personaggio così non merita neanche una polemica politica, bisognerebbe soltanto lasciarlo nell’oblìo.

Qualcuno lo giustifica per la “provocazione” di cui sarebbe stato vittima, riferendosi alla domanda postagli da Lavinia Orefici. Ma chiedere a un leader politico ragione di certe sue posizioni è più che legittimo, visto che soli due giorni prima aveva duramente criticato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che il 19 marzo in Parlamento aveva osato dire che il Manifesto di Ventotene non rappresenta la sua idea di Europa. Dovrebbe essere normale stupirsi del fatto che un leader politico, che si definisce cattolico, esalti una idea di Europa agli antipodi di quella che avevano coloro che sono considerati i padri dell’Europa, i cattolici De Gasperi, Adenauer e Schumann. Piuttosto bisognerebbe chiedere a Prodi come sia possibile conciliare il suo ritenersi erede dei tre leader europei con l’esaltazione del Manifesto di Ventotene e la entusiastica partecipazione alle sue celebrazioni.

E anche sul suo senso della storia, che ha preteso di insegnare a Lavinia Orefici, ci sarebbe molto da dire. È vero che certe affermazioni (in questo caso sul progetto di abolizione della proprietà privata) vanno contestualizzate, ma resta il fatto che si tratta di proposte che sono conseguenza chiara di una certa ideologia.
«Ma era nel 1941, gente messa in prigione dai fascisti... Cosa pensavano secondo lei, al trattato o all'articolo secondo della Costituzione? Ma il senso della storia ce l'ha lei o no?», questa la lezioncina di Prodi. Come a dire che siccome c’era il fascismo era normale sostenere la necessità di abolire la proprietà privata o essere socialisti.

Risulta forse a Prodi che nel 1941 De Gasperi, che già si era fatto un po’ di prigione, ritenesse necessaria l’abolizione della proprietà privata? E visto che ha fatto esplicito riferimento all’articolo 2 della Costituzione, lo sa Prodi che proprio quando gli estensori del Manifesto di Ventotene scrivevano quelle cose, Giorgio La Pira studiava l’architettura della Costituzione che sarebbe venuta, incluso l’articolo 2, di cui poi è stato effettivamente il principale artefice?

Ciò che rende ancora più inquietanti le parole di Prodi è il fatto che l’attuale leadership dell’Unione Europea, come abbiamo già documentato, sta puntando proprio all’abolizione della proprietà privata.

Ecco, forse l’incidente che ha visto protagonista Romano Prodi dovrebbe essere colto come un’opportunità per riflettere seriamente su un periodo importante della nostra storia e sui personaggi a cui è stato affidata la guida dell’Italia e dell’Europa.

 



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