Arrestato il sindaco di Istanbul, il principale rivale di Erdogan
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Turchia: Imamoglu, sindaco di Istanbul, è il rivale più in ascesa di Erdogan. Ed è stato arrestato, in tempi e modi sospetti, dopo che l'università gli aveva anche revocato la laurea. Una storia che sa di persecuzione politica.

Il principale rivale politico del presidente Erdogan, in Turchia, è il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu. In due giorni è stato privato della sua laurea dall’Università di Istanbul (la laurea è requisito essenziale per candidarsi alla presidenza) e poi arrestato con due gravi accuse di corruzione e collusione con il Pkk curdo.
La prima accusa, per corruzione, riguarda fatti di dieci anni fa quando Imamoglu, non ancora sindaco di Istanbul, avrebbe favorito candidati del suo partito per alcuni appalti. La seconda riguarda l’assunzione di persone che sono, a loro volta, sospettate di avere contatti con i terroristi curdi.
Che si tratti di un arresto che sa di persecuzione lo indicano i modi e il momento dell’arresto. Domenica il sindaco di Istanbul avrebbe dovuto presenziare al congresso del Chp, il suo partito nazionalista e laico. La casa di Imamoglu è stata circondata da centinaia di agenti, a favor di telecamera. Il primo cittadino ha fatto in tempo a mandare online un video in cui ostenta calma (si allaccia la cravatta dopo essersi vestito di tutto punto) e dichiara di non arrendersi, proprio poco prima di essere arrestato. La sua casa è stata successivamente perquisita. La retata non ha riguardato solo il sindaco, ma decine di personaggi in vista del suo partito, il Chp.
Nel frattempo, per prevenire manifestazioni, i social network più utilizzati sono stati chiusi. E sono state fisicamente soppresse anche diverse fermate della metropolitana di Istanbul, fra cui quella di piazza Taksim, luogo delle manifestazioni anti-Erdogan del 2013. Ciò vuol dire che l’arresto era stato pianificato nel tempo. Nonostante tutto, migliaia di manifestanti, soprattutto giovani, sono scesi in piazza, sfidando il divieto di protesta emesso dal governatorato di Istanbul. Sono dunque scoppiati scontri con la polizia, schierata in tenuta anti-sommossa. Mentre questo articolo va online, sono state indette altre manifestazioni notturne che sono tuttora in corso.
Il momento è delicato. Erdogan ha appena ottenuto un accordo per un cessate il fuoco con il Pkk, annunciato dal leader storico curdo Ocalan. La minoranza curda potrebbe così smettere di ostacolare la prossima riforma costituzionale che Erdogan ha in cantiere, pur senza avere i numeri in parlamento per farla approvare. La riforma consentirebbe al presidente turco di anticipare le prossime elezioni (previste per il 2028) e ricandidarsi per un'altra volta. C’è infatti il limite dei due mandati, ma dopo una riforma costituzionale, come era avvenuto nel 2017, si azzera il conto dei mandati. Erdogan così aveva potuto essere rieletto nel 2018 e poi ancora nel 2023.
Imamoglu è tuttora il candidato più forte che può opporsi al presidente ormai “eterno” e questa è la seconda volta che il potere giudiziario cerca di eliminarlo. Già nel 2021 era stato accusato di vilipendio alla commissione elettorale e un anno dopo condannato in primo grado. Non aveva perso la sua carica di sindaco, perché era ricorso in appello. Ma la sua candidatura per le presidenziali del 2023 era stata ormai compromessa. Con l’annullamento della sua laurea e l’arresto di ieri, Imamoglu potrebbe essere escluso anche definitivamente dalle elezioni.
La Turchia, insomma, assomiglia sempre meno a una democrazia, proprio nel momento in cui torna ad affacciarsi sulla scena europea. Protagonista del vertice per la sicurezza dell’Europa a Londra, Erdogan ha dichiarato che una eventuale difesa comune del Vecchio Continente non può fare a meno delle forze armate turche, fra le più potenti dell’Alleanza. Non è una candidatura per entrare nell’Ue, ma un modo per far capire che la Turchia è una potenza “indispensabile”. E questo in un periodo di massima espansione. Dopo aver iniziato a pacificare il Caucaso (Azerbaigian e Armenia hanno ricominciato il dialogo, ma solo dopo che il primo ha soppresso la repubblica armena indipendentista del Nagorno Karabakh), Erdogan ha anche i “suoi uomini” al potere in Siria. Una paese sempre più apertamente autoritario e a guida islamica in difesa delle democrazie europee: mai paradosso è stato più grande.