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L'INTERVISTA/ GAREN NAZARIAN

Armenia, un secolo dopo il genocidio il pericolo incombe sull'Artsakh

Il 24 aprile gli armeni hanno celebrato il Grande Male, la ricorrenza del genocidio del 1915 ad opera degli Ottomani. Ora il pericolo della pulizia etnica incombe ancora sul Nagorno Karabakh (Artsakh). A causa della guerra in Ucraina, che catalizza tutta l'attenzione, gli azeri alzano il tiro. Intervista all'ambasciatore armeno in Vaticano.

Cultura 25_04_2022
Garen Nazarian (foto W. Redzioch)

L'Impero ottomano, tra il 1915 e il 1916, compì un vero genocidio degli armeni provocando la morte di circa 1,5 milioni persone. Fu il primo genocidio del XX Secolo. Tale genocidio viene commemorato dagli armeni il 24 aprile. Purtroppo, le sofferenze degli armeni non finiscono, nemmeno oggi. Quando gli occhi di tutto il mondo sono concentrati sull’invasione russa dell’Ucraina, l’opinione pubblica mondiale, spesso, non segue i conflitti nelle altre parti del mondo. Tra questi il conflitto armeno-azero intorno alla regione di Nagorno Karabakh. Tanta gente non si rende nemmeno conto di questo grave attacco contro la popolazione armena. Per parlare di questa martoriata regione abbiamo incontrato l’ambasciatore armeno presso la Santa Sede, Garen Nazarian.  

Ambasciatore, potrebbe dirci che cosa succede in questo angolo del Caucaso, conosciuto come Nagorno Karabakh, il cui nome ufficiale oggi è Repubblica dell'Artsakh?
L’attuale fase del problema del Nagorno Karabakh è cominciata negli ultimi anni di esistenza dell’Urss. Nel 1988, in risposta alla richiesta di autodeterminazione della popolazione del Nagorno Karabakh le autorità azerbaigiane organizzarono massacri e pulizia etnica della popolazione armena in tutto il territorio dell’Azerbaigian, in particolare a Sumgait, a Baku, a Kirovabad. Il 2 settembre 1991 fu adottata la “Dichiarazione sulla proclamazione della Repubblica del Nagorno-Karabakh” con la quale fu formata la Repubblica del Nagorno-Karabakh entro i confini della ex Regione autonoma del Nagorno-Karabakh e del distretto di Shahumyan. Il 10 dicembre 1991, la popolazione del Nagorno Karabakh confermò la proclamazione della Repubblica indipendente del Nagorno-Karabakh attraverso un referendum, nel pieno rispetto sia delle norme del diritto internazionale, che delle leggi dell’allora Urss. Così, nel territorio della ex RSS dell’Azerbaigian si formarono due entità statali con uguali diritti: La Repubblica del Nagorno Karabakh e la Repubblica dell’Azerbaigian. Purtroppo, la politica di pulizia etnica portata avanti dalle autorità azerbaigiane nel Nagorno-Karabakh e nelle aree adiacenti popolate dagli armeni è sfociata in un’aggressione esplicita e in operazioni militari su larga scala contro il Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian causando decine di migliaia di vittime e significative perdite materiali. La prima fase militare del conflitto si è conclusa a maggio del 1994 con un accordo a tempo indeterminato su cessate il fuoco.

Nel 2020 Azerbaigian governato dal presidente Aliyev ha scatenato la guerra nella regione occupando delle zone del Nagorno Karabakh. Quali erano le conseguenze di questa occupazione?
A settembre 2020, con il sostegno della Turchia e con il coinvolgimento di gruppi terroristici internazionali, l’Azerbaigian ha scatenato la guerra contro l’antica terra dell’Artsakh e la sua popolazione. Quella sanguinosa guerra contro il popolo di Artsakh è stata accompagnata da massicce violazioni del diritto dell’uomo e del diritto umanitario internazionale. Tali violazioni sono state adeguatamente documentate sia da fonti armene che da quelle internazionali, comprese le deportazioni, il sequestro di prigionieri e civili, la distruzione dei beni culturali e monumenti religiosi. Oggi, gli armeni che vivono in Artsakh non riescono a usufruire del sostegno dell’Onu e delle organizzazioni umanitarie internazionali, al fine di alleviare le privazioni subite a causa della guerra. D’altra parte, la mancanza di una risposta dura da parte della comunità internazionale alle gravi violazioni dei diritti umani incoraggia l’Azerbaigian a perseguire la stessa linea politica sia nei confronti dell’Artsakh che nei confronti dell’Armenia, cercando di impossessarsi di aree di confine, privando la popolazione locale dei loro mezzi di sostentamento, dell’utilizzo delle infrastrutture importanti e della fornitura di gas in questo periodo di freddo.

Il Parlamento europeo lo scorso 10 marzo ha votato una risoluzione a favore della protezione del patrimonio culturale armeno nei territori del Nagorno Karabakh. C’è il rischio che tale patrimonio, che è cristiano, venga distrutto?
La risoluzione adottata dalla stragrande maggioranza del Parlamento Europeo condanna la distruzione del patrimonio culturale nel Nagorno Karabakh. Durante la guerra del 2020, molti siti religiosi sono stati aggrediti dalle forze azere, come la Chiesa di Zoravor Surb Astvatsatsin nei pressi della città di Mekhakavan e la Cattedrale di Cristo San Salvatore a Shushi. È stato sottolineato che durante il governo di Heydar Aliev e, successivamente, del suo figlio Ilham, l'Azerbaigian ha distrutto centinaia di chiese, migliaia di khachkar (steli di pietra con delle croci scolpite, tipiche armene, ndr), decine di migliaia di lapidi e altri siti del patrimonio culturale cristiano. La suddetta risoluzione invita l'Azerbaigian a cooperare con l'Unesco “per garantire una missione di esperti indipendenti al fine di redigere un inventario preliminare dei beni culturali significativi come primo passo verso l’effettiva salvaguardia del patrimonio del Nagorno Karabakh e dintorni”; invita altresì il governo di Baku di astenersi dal distruggere il patrimonio culturale armeno o eliminare la presenza storica e culturale armena o vietare l'ingresso degli armeni, ecc. I casi di vandalismo contro i monumenti armeni, così come l'annuncio dell'istituzione nel febbraio di quest'anno di un gruppo di lavoro da parte del Ministero della Cultura dell'Azerbaigian per distorcere l'identità del patrimonio storico e culturale armeno, dimostrano che tale patrimonio è in reale pericolo.

Mentre l’attenzione del mondo è concentrata sull’Ucraina, il regime azero intensifica le violazioni del cessate-il-fuoco. Cosa sta succedendo?
In effetti, la parte azerbaigiana al fine di aggravare la crisi umanitaria nell'Artsakh, prendendo di mira la popolazione civile, esercitando pressioni psicologiche e interrompendo deliberatamente il normale funzionamento di infrastrutture vitali, continua a svolgere azioni che sono chiare manifestazioni della politica di pulizia etnica e anti-armena contando sul fatto che l'attenzione di tutti è altrove. Queste azioni aggressive dimostrano ancora una volta che Baku continua a violare gravemente la dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020, che metteva fine alle ostilità. È necessario che la comunità internazionale risponda a queste azioni in modo mirato e chiaro.

L’Armenia si trova in una posizione geopolitica delicata: dal sud la Turchia con le rinnovate aspirazioni neo-ottomane di Erdogan, dall’altra l’Azerbaigian di Aliyev che rivendica i terreni abitati dalla popolazione armena. Due Paesi islamici, “nemici”: uno membro della Nato, l’altro fornitore del gas all’Occidente. Chi in questa situazione dovrebbe aiutare l’Armenia a confrontarsi con questi ingombranti vicini?
Prima di tutto, vorrei dire che la situazione nella regione è ancora molto tesa. Ci sono possibili rischi di nuovi scontri militari in Nagorno Karabakh e al confine tra Armenia e Azerbaigian. È necessario adottare misure urgenti per non permettere una nuova escalation militare e pulizia etnica. Sfortunatamente, la parte azera, cerca giustificazioni inventate per preparare il terreno a nuove provocazioni nel Nagorno Karabakh e per accusare l'Armenia di azioni distruttive. L'Armenia ha più volte dichiarato la propria disponibilità a stabilire la pace nella regione. Chi dovrebbe aiutarci ad affrontare queste sfide di sicurezza? Direi che prima di tutto noi stessi, attraverso cambiamenti sistemici volti all'ulteriore sviluppo delle forze armate, attraverso l'attuazione di riforme politiche ed economiche, rafforzando la resilienza del Paese e mettendolo sulla via dello sviluppo dinamico. Non dirò nulla di nuovo se menziono che la sicurezza esterna e interna, la democrazia e lo Stato di diritto sono strettamente interconnessi. In queste aree, l'Armenia svilupperà le sue relazioni alleate con la Russia, amplierà un partenariato globale con l'UE e i suoi Stati membri, con gli Stati Uniti, lavorando per rafforzare le relazioni amichevoli con i suoi immediati vicini, Iran e Georgia.